Nell’ambito dell’odontoiatria, si definisce implantologia l’insieme di tecniche e metodi utilizzati per sostituire uno o più elementi dentari mancanti con appositi manufatti metallici (detti impianti osteointegrati), che vengono inseriti nelle ossa mascellari in modo da funzionare come “radici artificiali”, atte a sostenere protesi singole o a ponte, oppure a fare da ancoraggio a protesi rimovibili.
In base ai dati dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), in Italia mancano in media 1,5 denti per ogni cittadino di età compresa tra i 35 e i 44 anni, mentre il 12,8% dei cittadini oltre i 65 anni soffre della mancanza di tutti i denti (edentulia totale).
Tipicamente, gli elementi dentari mancanti vengono sostituiti con uno dei seguenti elementi:
- protesi “a ponte” cementate su denti naturali, appositamente fresati;
- protesi “a ponte” fissate con tecniche adesive ai denti adiacenti;
- protesi rimovibili, parziali (cosiddetti scheletrati) e totali (dentiere).
In tempi più recenti, con la messa a punto della terapia implantare, la metodica si è arricchita ulteriormente: grazie a essa è possibile oggi risolvere la maggior parte dei casi di edentulia, parziale o totale, conservando l’integrità dei denti naturali contigui alle zone edentule; le percentuali di successo a dieci anni variano tra il 90 e il 98%.
Quando ricorrere all’implantologia
- Edentulia singola: in alternativa alla protesi a ponte convenzionale, qualora questa comprometta l’integrità dei denti adiacenti o, al contrario, questi ultimi non siano sufficientemente affidabili come pilastri di ponte; nei casi di dentature con spazi abbondanti tra un dente e l’altro (cosiddetti diastemi), per mantenere forme dentali corrette.
- Edentulia plurima: nei casi in cui la protesi fissa convenzionale presenta limiti di natura meccanica (per esempio ponti eccessivamente lunghi o che si sviluppano su linee curve) o richiede la preparazione di denti pilastro sani.
- Edentulia distale: per evitare la protesi rimovibile o la prognosi incerta della protesi fissa con estensioni terminali (rischio di frattura e/o decementazione).
- Edentulia totale: per evitare i disagi legati alle protesi totali rimovibili, soprattutto nei soggetti con problemi di ritenzione e stabilità delle protesi tradizionali o in quelli affetti da iperreflessia (eccessiva risposta muscolare ai riflessi) e iperestesia (eccessiva sensibilità agli stimoli nervosi) da compressione della mucosa orale. Gli impianti, in numero variabile da due a otto per arcata, possono essere associati a una protesi fissa (cosiddetto circolare, in inglese full arch), a una protesi fissa avvitata e rimovibile dallo specialista (cosiddetto Toronto bridge) oppure a una protesi rimovibile dal paziente per le manovre di igiene orale (cosiddetta overdenture).
Controindicazioni agli “impianti”
Possono essere generali, cioè legate allo stato di salute del paziente, oppure locali e quindi associate alle condizioni del cavo orale o alla sede implantare.
Controindicazioni generali Possono essere fattori di rischio per la salute stessa del paziente, ovvero malattie o terapie che tendono a controindicare qualunque trattamento chirurgico (per esempio un infarto recente, ipertensione non controllata, situazioni di immunodepressione, terapie anticoagulanti, gravidanza), oppure possono essere fattori di rischio per l’impianto in sé (fumo, diabete scompensato, terapia con disfosfonati, morbo di Paget).
Controindicazioni “locali” Rientrano in questa categoria l’inadeguata igiene orale, le parodontiti non trattate, la candidosi del cavo orale, le patologie dei mascellari (cisti, tumori) e ancora una radioterapia recente, spazi insufficienti tra un dente e l’altro, volumi ossei inadeguati per spessore o altezza (non recuperabili mediante tecniche di rigenerazione ossea) o condizioni di eccessiva o scarsa densità ossea.
Delle controindicazioni appena elencate alcune sono assolute (impediscono in ogni caso la terapia impiantare), altre sono relative (pur non impedendo l’attuazione della terapia, ne peggiorano sensibilmente la buona riuscita nel tempo).
Complicazioni
- Perdita dell’impianto (rigetto): in realtà non si verifica un vero e proprio rigetto dell’impianto, in quanto il titanio di cui questo è costituito è un metallo biologicamente inerte (non provoca cioè alcun tipo di risposta immunitaria dell’organismo in cui viene posizionato). A volte, però, gli impianti possono non integrarsi al tessuto osseo e quindi fallire, per diversi motivi, nell’arco di alcune settimane dall’intervento: questi motivi possono consistere in errori tecnici durante l’inserimento (surriscaldamento dell’osso, contaminazione dell’interfaccia osso/impianto), mancanza di stabilità primaria dell’impianto per insufficiente quantità e/o qualità ossea, sollecitazioni eccessive derivanti da una protesi incongrua o posizionata prematuramente, inadeguata igiene orale domiciliare del paziente. La perdita di un impianto non costituisce una controindicazione assoluta a una successiva chirurgia implantare.
- Infezione del tessuto osseo di sostegno all’impianto (peri-implantite): la resistenza di un impianto all’infezione determinata dalla placca batterica è minore rispetto a quella di un dente naturale, poiché manca il legamento parodontale. Ciò determina un rischio più elevato di infezione e un decorso più aggressivo della stessa, con rapido interessamento delle strutture ossee profonde e, di conseguenza, perdita dell’osteointegrazione e dell’impianto stesso.
- Alterazioni della sensibilità (parestesia o disestesia) del labbro inferiore, per lesione diretta del nervo alveolare inferiore da parte delle frese utilizzate per la preparazione chirurgica del sito implantare oppure per lesione indiretta da compressione causata dall’edema dei tessuti e/o dall’impianto stesso. A seconda dell’entità della lesione, gli effetti possono essere transitori o irreversibili. [A.S.]