Calcolosi renale

Per calcolosi renale (o nefrolitiasi) si intende la formazione nelle urine di concrezioni compatte (i calcoli) che si produce, in presenza di un’eccessiva concentrazione nell’urina di alcune sostanze, dalla loro aggregazione in cristalli. I calcoli renali colpiscono prevalentemente i maschi di età compresa tra 30 e 60 anni: si stima che il 5-7% della popolazione […]



Per calcolosi renale (o nefrolitiasi) si intende la formazione nelle urine di concrezioni compatte (i calcoli) che si produce, in presenza di un’eccessiva concentrazione nell’urina di alcune sostanze, dalla loro aggregazione in cristalli.

I calcoli renali colpiscono prevalentemente i maschi di età compresa tra 30 e 60 anni: si stima che il 5-7% della popolazione abbia questo problema, con un “picco” intorno al 10% nei soggetti sopra i 50 anni. In altre parole, riferendoci al nostro Paese, da 3 a 5 milioni di italiani vanno incontro al rischio di sviluppare calcoli renali nel corso della loro vita. A questo dato va aggiunto il computo delle recidive, molto frequenti per questa patologia: in un paziente su 5 la formazione di un calcolo renale può ripetersi nell’arco dei primi 2 anni.

Molto spesso i calcoli vengono espulsi spontaneamente, naturalmente quando le loro dimensioni sono abbastanza piccole (fino a 9 mm circa) da permettere il passaggio attraverso i condotti delle vie urinarie.


Tipologie di calcoli renali

Quando gli studiosi classificano la calcolosi renale, si riferiscono per lo più alla causa o alla composizione chimica dei calcoli.

Nel primo caso si possono distinguere:

  • forme metaboliche (60-90%), per le quali la base della formazione del calcolo va ricercata in un’anomalia del metabolismo, cioè dei meccanismi biochimici che consentono all’organismo di funzionare correttamente: possono originare una calcolosi, in questo senso, malattie che provocano aumento della quantità di calcio presente nell’urina (ipercalciuria), della quantità di acido urico nell’urina (iperuricuria), del contenuto urinario di ossalati, cistina, xantina, citrati, oppure riduzione della presenza urinaria di magnesio o citrati; anche le malattie che provocano alterazioni del grado di acidità delle urine possono contribuire alla calcolosi renale;
  • forme non metaboliche da causa nota (3-20%), per le quali l’origine della calcolosi va ricercata in una infezione, in malformazioni dell’apparato urinario, assunzione di farmaci capaci di indurre anomalie del metabolismo (per esempio prodotti che alterano l’alcalinità o l’acidità delle urine o aumentano l’escrezione di acido urico) o di vitamina D ecc.;
  • forme “idiopatiche” (2-20%), casi cioè in cui anche ricerche accurate non consentono di individuare alcuna causa apparente alla base della calcolosi.

Con riferimento alla composizione chimica dei calcoli si distinguono invece:

  • calcoli di sali di calcio (68-79%);
  • calcoli di sali dell’acido urico (6-22%);
  • calcoli fosfo-ammonio magnesiaci (7-19%);
  • calcoli di cistina (0,5-3%);
  • forme rare (per esempio da xantina o da 2-8-idrossiadenina).


Come si formano i calcoli

Per comprendere come, a partire dall’aggregazione di cristalli, si possano formare calcoli urinari, si consideri che le urine sono formate da un liquido solvente (l’acqua) e da varie sostanze chimiche in essa disciolte.

Tali sostanze, in condizioni di eccessiva concentrazione, tendono a “precipitare” e a formare appunto cristalli: il calcio, l’acido urico, l’ossalato, l’ammonio e così via, che vengono detti fattori litogeni, cioè promotori della formazione di calcoli. Questo processo è naturalmente antagonizzato da altre sostanze presenti nelle urine (mucopolisaccaridi, citrati, magnesio, pirofosfati), dette inibitori della cristallizzazione.

Un aumento della concentrazione dei fattori litogeni, una carenza degli inibitori, l’emissione di urine particolarmente concentrate (come capita quando si beve troppa poca acqua), alterazioni del grado di acidità/alcalinità urinario (pH): tutte queste condizioni possono portare a precipitazione di cristalli. È dunque questo equilibrio dinamico tra fattori litogeni e fattori inibitori che impedisce la formazione di calcoli in condizioni normali.

Nei casi in cui la calcolosi sia correlata a infezione urinaria, sono spesso gli stessi microbi in causa a produrre sostanze (le ureasi) che determinano l’aumento dell’alcalinità delle urine e l’aumento delle concentrazioni di ammonio e carbonato, con conseguente formazione di cristalli di triplofosfato ammonio-magnesiaco e carbonato apatite. In questi casi si producono allora i temibili calcoli “a stampo”, che si formano all’interno dei reni.


Sintomi

In alcuni soggetti il riscontro di calcoli renali avviene in modo del tutto casuale, nel corso di accertamenti eseguiti per altri motivi. Nel 20-30% dei casi, invece, il calcolo renale può dare segno di sé attraverso uno o più dei seguenti sintomi:

  • colica renale, caratterizzata da un dolore acuto al fianco che arriva fino all’inguine e alla regione genitale, accompagnata anche da nausea e vomito, cui spesso segue l’espulsione del calcolo; in alcuni casi, anziché una violenta colica si può avvertire un dolore sordo, come un senso di peso, al fianco e alla regione lombare;
  • disturbi urinari, per esempio il bisogno di urinare spesso (la cosiddetta pollachiuria) e con impellenza, che indicano sovente una localizzazione del calcolo in prossimità della vescica;
  • sangue con le urine (ematuria), un sintomo che può essere apprezzato con appositi esami dell’urina (si parla in questo caso di ematuria microscopica) oppure essere ben evidente nei casi in cui l’urina appare rossastra (si parla allora di ematuria macroscopica);
  • urine torbide e maleodoranti, che si riscontrano quando la calcolosi è concomitante a un’ infezione urinaria.

Tutti questi disturbi, essendo ascrivibili anche ad altre problematiche renali, non sono di per sé indicativi in modo certo della presenza di calcoli: è pertanto necessario, in questi casi, consultare il medico, il quale avvierà una procedura mirata a scoprire l’origine dei disturbi riferiti, e in caso di reperto di calcolosi urinaria cercherà anche di scoprire dove si trovino e a che tipologia appartengano.

Calcolosi calcica Rappresenta la forma di calcolosi più frequente nel nostro Paese (il 70% dei casi totali): nel 60% i calcoli sono di ossalato di calcio, nel 20-40% di fosfato di calcio (brushite), nel 20-30% misti (ossalato e fosfato di calcio).

Nella casistica di questa patologia, si possono distinguere forme causate da altre specifiche malattie e forme dette primitive o idiopatiche, in cui non è possibile individuare una causa unica precisa. Nel primo caso la calcolosi può insorgere in seguito a malformazioni renali, alterazioni del metabolismo quali iperparatiroidismo primitivo o malattie ossee con ipercalcemia e ipercalciuria; anche un protratto periodo di immobilizzazione a letto o un’intossicazione da vitamina D possono provocare una calcolosi calcica. Per quanto riguarda le forme idiopatiche, invece, possono coesistere più fattori, ma in genere la patologia risulta dallo squilibrio tra fattori che favoriscono la formazione di cristalli di ossalato di calcio (ipercalciuria, iperossaluria, iperuricuria) e fattori che la inibiscono (citrato, magnesio, pirofosfato, zinco).

L’ipercalciuria, che si verifica quando l’escrezione urinaria di calcio supera il valore di 4 mg al giorno per ogni kg di peso corporeo, può essere la conseguenza di un’alimentazione incongrua: in questi casi la si può trattare con una dieta in cui l’apporto di calcio risulti ridotto o normale. Quando è invece indipendente dai valori del calcio alimentare, va trattata con farmaci quali i cosiddetti tiazidici, diuretici che agiscono contrastando il difetto della parte del rene (i tubuli renali) responsabile della disfunzione.

L’iperossaluria può essere congenita o causata da eccessiva produzione di ossalati da parte dell’organismo, ma più spesso viene provocata da un aumentato assorbimento intestinale di ossalati, come accade nelle malattie infiammatorie croniche dell’intestino o, ancora, nei casi di dieta povera di calcio o ricca di alimenti che contengono ossalati.

L’iperuricuria è spesso determinata da un eccessivo apporto alimentare. In questi casi è opportuno ridurre il consumo di carne e di cibi quali la selvaggina, le frattaglie o il pesce azzurro; talora può essere necessario intervenire con farmaci quali l’allopurinolo, che riduce la produzione di acido urico nell’organismo.

L’ipocitraturia si verifica infine quando scarseggia l’inibitore che evita ai sali di calcio l’aggregazione in forme cristalline (e quindi la formazione dei calcoli): spesso insorge nel corso di terapie con diuretici tiazidici, dei quali è un effetto collaterale indesiderato ben noto ai medici, o come alterazione del cosiddetto equilibrio acido-base, in caso di diete particolarmente ricche di proteine animali.

Le cure per la calcolosi calcica sono sia farmacologiche (assunzione di citrato di potassio e magnesio o di diuretici tiazidici) sia dietetiche.

È doveroso rimarcare come una dieta molto povera di calcio sia da riservare solo a quei pazienti che hanno evidenziato sicuramente una ipercalciuria “dieta dipendente”: le controindicazioni riguardano infatti tanto i rischi derivanti dalla ridotta introduzione di calcio, che può provocare osteoporosi, quanto quelli legati all’aumentato assorbimento intestinale di ossalati, a seguito del quale può invece insorgere l’iperossaluria.

Una dieta adeguata è povera di sodio (sale da cucina, cibi salati), che è in grado di ridurre l’escrezione urinaria di calcio, e prevede un apporto normale di proteine (circa 1 g di proteine al giorno per ogni kg di peso corporeo), in modo da ridurre l’escrezione urinaria di calcio, acido urico e ossalati e aumentare invece l’escrezione di citrati a effetto protettivo. Un ruolo particolarmente importante, come in tutte le forme di calcolosi, è costituito infine dall’aumentata assunzione di acqua, tale da permettere di mantenere un volume urinario giornaliero superiore ai 3 l.

Calcolosi da acido urico Questa forma di calcolosi renale è caratterizzata spesso dalla presenza di calcoli puri, costituiti cioè esclusivamente da acido urico o dai suoi sali (urati). Gli urati hanno la peculiarità di essere “radiotrasparenti” e quindi di non poter essere identificati con una semplice radiografia dell’addome, come è invece possibile nel caso dei calcoli ricchi di calcio i quali, essendo “radiopachi”, si osservano facilmente anche in una radiografia eseguita senza particolari accorgimenti (le cosiddette radiografie dirette dell’addome, che non prevedono l’assunzione di mezzi di contrasto).

Nel 15-25% dei casi i pazienti con calcolosi da acido urico risultano affetti da gotta; il fattore di rischio principale per questa forma di calcolosi è rappresentato dalla presenza di urine persistentemente acide (condizione che permette all’acido urico di rimanere scarsamente solubile), dall’aumento dell’acido urico nel sangue e da un ridotto volume urinario per apporto insufficiente di acqua da bere.

La terapia medica per la calcolosi da acido urico prevede l’assunzione di prodotti in grado di rendere alcaline le urine, la correzione della dieta (che va mantenuta povera in proteine di origine animale e zuccheri) e un apporto adeguato di acqua da bere. Nei casi in cui si verifica un’elevata escrezione urinaria di acido urico il medico può inoltre decidere di somministrare l’allopurinolo, che riduce la produzione organica di acido urico.

Calcolosi da infezioni Questa forma costituisce il 7-19% di tutte le calcolosi. I calcoli sono di solito costituiti da struvite (triplofosfato ammonio-magnesiaco) e possono contenere anche carbonato di calcio. Questa forma di calcolosi si manifesta nel corso di infezioni croniche delle vie urinarie sostenute da particolari tipi di batteri; fattori predisponenti sono le alterazioni delle vie urinarie tali da ostacolare un regolare deflusso di urine, il mantenimento di cateteri vescicali per periodi molto prolungati, l’esecuzione di esami o di interventi urologici per via endoscopica. I pazienti affetti da questa tipologia di calcolosi spesso non hanno mai avuto problemi né coliche renali, ma hanno avuto ripetute infezioni delle vie urinarie.

Tipica è la presenza di calcoli che riempiono “a stampo” le cavità situate all’interno dei reni (calici renali e pelvi): la loro struttura porosa facilita l’annidamento dei germi e rende quindi assai difficile l’eradicazione dell’infezione fino a quando non sono stati rimossi i calcoli. L’evoluzione della malattia prevede un progressivo peggioramento della funzione renale, talora fino all’insufficienza renale cronica e alla dialisi.

La prevenzione della calcolosi da infezioni consiste, in primo luogo, nel trattare tempestivamente le infezioni urinarie (attenzione a completare sempre le cure antibiotiche prescritte dal medico, anche se i disturbi scompaiono rapidamente e prima di aver terminato la cura!) specie nei pazienti portatori di catetere vescicale o in quelli che vengono sottoposti a interventi strumentali a carico delle vie urinarie. Poco utile si è invece rivelata la terapia, proposta in passato, consistente nel trattamento con prodotti in grado di acidificare le vie urinarie (per esempio l’acido mandelico o la metionina).

Calcolosi cistinica Si tratta di una forma rara di litiasi, che incide per una percentuale compresa tra lo 0,5% e il 3% sul numero totali dei casi. È causata da una malattia ereditaria in cui è presente un difetto del riassorbimento a livello renale dell’aminoacido “cistina”, con conseguente aumento della sua escrezione urinaria. La terapia specifica è costituita da una dieta povera in metionina (precursore della cistina) e dall’alcalinizzazione delle urine.


Come si accerta una calcolosi renale?

L’esame strumentale più importante nel sospetto di una calcolosi renale è rappresentato dall’ecografia, spesso in grado di evidenziare i calcoli e definirne la dimensione e la sede. Questa metodica non permette tuttavia di evidenziare agevolmente i calcoli posti nei tratti più bassi dell’uretere: in tal caso una radiografia diretta dell’addome consente di evidenziare i calcoli radiopachi (composti cioè da sali di calcio), ma non quelli radiotrasparenti (composti da acido urico e cistina). L’urografia con mezzo di contrasto fornisce uno studio della forma del rene e delle vie urinarie utile a evidenziare eventuali anomalie e malformazioni, ma è stata attualmente soppiantata dalla TAC eseguita con particolari metodologie (TAC spirale con pose urografiche), che risulta decisamente più affidabile. Di fondamentale importanza è infine l’analisi del calcolo mediante spettro-fotometria all’infrarosso, che consente di indirizzare correttamente sia il trattamento sia la prevenzione delle ricadute.


Terapia della calcolosi

La terapia farmacologica della calcolosi renale si propone di prevenire eventuali nuove formazioni di calcoli, impedire l’accrescimento di calcoli già presenti e ottenerne la loro dissoluzione parziale o completa. Qualora i calcoli non vengano espulsi spontaneamente, siano causa di dolore e abbiano dimensioni maggiori di 5 mm si può ricorrere alla litotrissia con ultrasuoni (ESWL), per calcoli di 5-30 mm, oppure a un’intervento chirurgico urologico; quest’ultimo può essere eseguito sia per via endoscopica sia con tradizionale “taglio” della cute ed accesso diretto alla zona interessata dalla presenza del calcolo. Sono inoltre possibili trattamenti misti. [U. M., P. P.]