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Impara ad amare il viaggio

Viaggiare non è questione di grandi mete, bensì capacità di esercitare uno sguardo aperto alla novità soprattutto nel mondo di ogni giorno

Corbis



Imparare a amare il viaggio è possibile a ogni età. Superare le proprie paure verso l'ignoto e l'incertezza costituisce un aspetto essenziale insieme alla capacità di esercitarsi in uno sguardo nuovo, che si apre sul mondo e noi stessi individuando elementi inattesi. Abbiamo chiesto a Marzia Cikada, psicologa, psicoterapeuta sistemico relazionale, se sia possibile esercitarsi al viaggio ogni giorno. Perché in fondo viaggiare non è raggiungere una meta, bensì imparare a dare vita a una nuova immagine di sé e del mondo attraverso un porta aperta su ciò che non conosciamo.

Mancanza di sicurezza e scomodità costituiscono due aspetti che fanno pienamente parte dell'esperienza di viaggio, ma anche dell'esistenza quotidiana, tuttavia vengono di frequente percepiti e vissuti come negativi. È possibile fare pace con queste modalità?

«Tutto è possibile, quasi sempre. Molto dipende dall'intensità della “guerra” in atto. È diverso se si tratta di una difficoltà momentanea, magari collegata ad un trauma specifico o se siamo di fronte ad una fobia radicata nel tempo con attacchi di panico. Viaggio, il più delle volte, significa prendere parte a qualcosa di diverso dal quotidiano, provarsi in situazioni differenti dalla fidata quotidianità. In questo senso, “fare pace” con il nuovo che disorienta, non solo è possibile, sarebbe auspicabile».

Cosa nasconde la paura di viaggiare?

«Per molti è l'ansia di confrontarsi con il mondo esterno e con gli altri, anche per il timore di non riuscire a comunicare, per esempio. Ma ogni paura ha il suo mondo nascosto, difficile poterle riportare tutte. In comune c'è sempre la “paura della paura”, che ci porta a fare profezie su quanto le cose potrebbero andare male, essere pericolose. È questa ansia anticipatoria che fa star male, anche fisicamente, e porta ad evitare il viaggio visto come il terribile nemico».

È possibile andare oltre la paura e esercitarsi al viaggio?

«Sono moltissime le persone che, ben accompagnate, riescono a salire su un aereo, fare un viaggio in auto, persino rilassarsi. L'importante è partire sempre dal primo piccolo passo, e man mano che l'andatura si fa meno incerta, darsi obiettivi sempre più grandi. Insomma, dalla gita fuori dal proprio quartiere al viaggio intercontinentale».

La scoperta della novità e la rottura dell'abitudine sono parte di ciò che rende tale il viaggio: è possibile lavorare su questi aspetti anche nella vita quotidiana?

«Ogni nostra giornata dovrebbe avere spazio per una piccola rottura, un aspetto nuovo che ci accompagni fuori dalle certezze di sempre. Spesso cito lo scrittore Kureishi, quando dice che “.. ogni giorno dovrebbe prevedere almeno un'infedeltà essenziale o un tradimento necessario. Sarebbe un atto ottimista, un atto di speranza, che garantisce fiducia nel futuro.” Si tratta di essere infedeli alla rigida immagine di noi che temiamo di mettere in discussione. Spingendoci a tenere aperta la porta a piccoli gesti nuovi, ci permette di scoprire cose di noi stessi che altrimenti non sapremmo».

Quali aspetti del viaggio può essere utile imparare a riprodurre anche nel quotidiano?

«Il gusto della novità, la necessaria capacità di accogliere quanto non ancora conosciamo come una possibilità e non come un pericolo. Anche piccole cose. Potrebbe essere un modo di cucinare, un diverso modo di dimostrare l'affetto, anche solo una parola. In fondo, il viaggio non ha bisogno di grandi distanze, passeggiare per la propria città con occhi aperti ad aspetti nuovi può far vivere piacevoli avventure».