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Ci proviamo tutti a essere come Amici miei?

Gag, scherzi e tanta ironia. È la faccia più vera (e solida) dei legami amicali. Come insegna un nuovo programma tivù ispirato al mitico film di Monicelli

Foto: iStock



Ha un titolo che è una garanzia. La frase calza a pennello per Maledetti amici miei, in onda ogni giovedì in prima serata su Raidue. La trasmissione rende omaggio al leggendario film di Monicelli, Amici miei (1975), con Ugo Tognazzi ed è incentrata su gag, racconti e confessioni portati in scena da un gruppo di amici.

Il capobanda è il regista Giovanni Veronesi, accompagnato da Alessandro Haber, Rocco Papaleo e Sergio Rubini. Con loro, anche Margherita Buy e Max Tortora. Un gruppo perfetto per imparare l’importanza dell’amicizia vissuta con tono scherzoso e irridente. Ci siamo chiesti: ma questi ingredienti “pungenti” possono fare parte della nostra vita? E fanno davvero bene ai rapporti? «C’è una premessa da considerare. Rispetto a qualche decennio fa, è come se oggi mancassero il tempo e lo spazio per le amicizie», nota Olga Chiaia, psicologa e psicoterapeuta.

«Il lavoro e gli impegni catalizzano ogni istante e non abbiamo più un luogo “ideale” dove ritrovarci. Nel film di Monicelli, per esempio, c’era questo fantastico bar dove i protagonisti si lasciavano andare a lunghe confessioni ed escogitavano piccole follie. Ora si fatica persino a invitare a casa propria: così manca quell’intimità, quella confidenza tipica dei legami stretti e il rapporto rischia di diventare più superficiale, più formale. Mentre, è solo quando si punta su tempo di qualità ed esperienze particolari condivisi che viene fuori la faccia vera dell’amicizia». Quella in cui ci si può bonariamente “dissacrare” l’uno con l’altro.


L’ironia è il cemento delle unioni
«In questi casi, l’ironia diventa un vero e proprio collante», spiega Davide Algeri, psicologo e psicoterapeuta. «La battuta sagace e la presa in giro sono un linguaggio diretto, che gioca su un registro fatto di spontaneità e di affinità: si ride per le stesse cose, si duetta come dei comici e si crea un’alleanza ancora più forte.

Insomma, l’ironia è la migliore cartina di tornasole dell’amicizia: ci si lascia andare, si parla e ci si comporta senza filtri e maschere, certi che l’altro possa capirci e stare bene come noi». Oggi, però, questo ingrediente sembra un po’ carente nelle ricette della vita.

«Già, siamo a dieta di leggerezza, eppure ne avremmo così bisogno», commenta la psicoterapeuta. «Siamo sempre così carichi di pensieri pesanti, mentre dovremmo provare a essere spensierati, ad aver voglia di divertirci senza regole e orari. Ecco, da quanto tempo non facciamo uno scherzo a qualcuno? Oppure perché non organizziamo qualcosa di folle da fare in compagnia?

La zingarata stile Amici miei è quella che ci fa tornare ragazzi, che cancella fardelli e problemi, anche se non è facile metterla in pratica, così come l’ironia non è un’arte per tutti. Perché il confine tra ridere, divertirsi ed esagerare è spesso molto sottile: per non superarlo servono intelligenza e cautela».


Il limite è solo il rispetto
Allora, come sfoderare la giusta sagacia senza “far male”? «C’è il rischio che ironia e scherzi vengano usati come strumenti di prevaricazione. Sembrano una specie di bullismo light, perché si tende a fare gruppo e a scegliere sempre la stessa vittima», precisa Davide Algeri. «La parola chiave è rispetto: bisogna domandarsi se si stanno tenendo in considerazione i sentimenti dell’altro e se lo si sta mettendo in difficoltà o in imbarazzo. Il rapporto deve essere paritario e trasparente: quando si lanciano battute e prese in giro, è ovvio che se ne riceveranno altrettante e dobbiamo accettarle di buon grado». Per fortuna, poi, ora l’ironia non ha più genere. Come sottolinea una ricerca dell’Università della California, condotta da un team di psicologi, le donne puntano su un linguaggio umoristico e mediato, mentre i maschi sono più sarcastici e immediati. «Giusto che sia così. Ridere e scherzare non deve avere barriere», conclude Chiaia. «A proposito di amicizia, propongo di abolire le serate sole donne e o solo uomini e rilancio con le zingarate miste: si ride e si scherza tutti insieme, magari cogliendo di sorpresa amici e sconosciuti con qualcosa di bizzarro. Così si riscopre il gusto del gioco, si torna bambini e si ritrova l’autenticità dei rapporti».


Il libro: quando l’humour scorre tra le pagine
Beryl ha 90 anni e, grazie all’età, può dire quello che vuole. Così non risparmia ex mariti, figli e badanti e, usando un sarcasmo che più tagliente non si può, si gode ogni istante e riesce persino a innamorarsi ancora. Parliamo della protagonista di Su con la vita (la Nave di Teseo, 20 €), l’ultimo romanzo dello scrittore inglese Howard Jacobson, che presenta la sua eroina come “la principessa dell’ironia”. «Tutti dovremmo ispirarci a lei per stare meglio», ha detto l’autore. Prendendo la vita meno sul serio.


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Articolo pubblicato sul n. 44 di Starbene in edicola dal 15 ottobre 2019

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