hero image

Dopo il Covid e il lockdown i giovani guardano avanti

I giovani usciti dal Covid sono per certi versi più adulti. Quando si va oltre la propria “comfort zone” si scoprono e si attivano risorse e competenze che si pensava di non avere. Ne parliamo con un medico e psicoterapeuta, Alberto Pellai

credits: iStock



Il futuro parla giovane, e non solo per una scontata ragione anagrafica. Da quella estenuante parentesi sospensoria da Covid-19, dopo il lockdown, tirate le somme, gli under 20, i giovani, ne sono usciti con i riflessi pronti, la mente lucida e una pragmatica fiducia da mettere in campo per scrivere il loro futuro. «È una bella reattività generazionale, che spinge i ragazzi a guardare sempre più avanti», racconta Alberto Pellai, medico e psicoterapeuta, ricercatore al dipartimento di Scienze Bio-Mediche dell’Università degli Studi di Milano, dove si occupa di prevenzione in età evolutiva. Padre di quattro figli, è autore di bestseller per genitori, educatori e ragazzi. Tra gli ultimi titoli: Mentre la tempesta colpiva forte (De Agostini) e Destinazione vita (Mondadori).

 

Prima di parlare di futuro, parliamo del presente: come sono i giovani, oggi, alla luce di quanto è successo?

Hanno un grande desiderio di vivere in pieno la vita, in tutti i sensi. E aver recuperato la libertà d’azione, “rubata” dal lockdown, è un concetto essenziale per la loro crescita. Per diventare grandi, infatti, bisogna stare nel mondo e sentire un’appartenenza forte al gruppo degli amici.


Ma per tutti i giovani c’è stato questo scatto progressivo?

Per la gran parte, sì. Poi, certo, c’è anche un sottogruppo di adolescenti che rimangono tutt’ora in un territorio di ritiro sociale, come se si sentissero impediti e incapaci di riportare la loro identità, il loro corpo nella società reale. Hanno ristretto le loro aspettative perché hanno paura di ciò che li aspetta fuori.


Si è verificato, in generale, uno spostamento di stile di vita?

Prima della quarantena, le giornate dei nostri ragazzi erano molto strutturate, riempite da impegni di tutti i tipi. Gli adolescenti appena avevano un momento libero si connettevano e stavano online per incontrare gli amici, rilassarsi, svagarsi. Ma, dopo un anno e mezzo di iperconnessione, l’effetto saturazione si è fatto sentire. Gli juniores hanno avvertito la mancanza di qualcosa, quella lacuna che ha attivato la consapevolezza dell’importanza della presenza. Anche nell’attività scolastica. Nessuno studente (o quasi) ha voglia, a settembre, di riprendere la scuola, che sia liceo o università, davanti al pc! Chiunque ha capito che fare fatica – alzarsi la mattina presto, spostarsi – è comunque necessario per ottenere un plus di esperienze, di cognizione, di gratificazione che non può essere sostituito da alcuna didattica a distanza. Una lezione virtuale t’insegna il sapere, ma una lezione in presenza t’insegna il sapere essere.


Il ritrovato contatto con il mondo ha reso i giovanissimi più sicuri, insomma...

A un adolescente sapersi sperimentare nella vita concreta (o anche solo pensarlo) dà un senso d’autoefficacia al massimo livello. E più cose il ragazzo si sente capace di fare, più cresce la sua autostima. Dopo l’isolamento, poi, il rientro nel reale ha donato ai giovani un senso della conquista che non conoscevano, come succede ai prigionieri quando recuperano la libertà. Ogni momento di autonomia che hanno a disposizione se lo godono cento volte di più perché, avendolo ritrovato, adesso sanno quanto vale.


Che risvolti positivi ci sono, in pratica?

Credo che il ritorno alla vita sia più pieno di desiderio, più cosciente e gratificante, poiché tutto quello che i teenagers avevano dato per scontato ora è una vittoria che, giorno dopo giorno, deve essere presidiata. Per essere appagante e costruttivo, veramente.


A proposito di desideri, cosa vogliono dalla vita i nostri figli?

Esplorare il fuori, viaggiare, agire e stare in relazione, con gli amici, con l’amore... Esplorare, per gli under 20 significa poter essere persone che scoprono nella realtà quello che per loro è sorprendente, interessante, piacevole.


Ma hanno intenzione di contribuire alla costruzione di un mondo diverso?

Questo è un processo che era iniziato anche prima del Covid-19. Negli ultimi anni, abbiamo visto 17, 18enni che sono scesi in piazza non tanto per un ideale politico quanto per un ideale tangibile: combattono per l’ambiente, per avere la scuola in presenza e in sicurezza... I giovani vogliono lasciare un segno nell’universo che diventerà la loro casa, si stanno dando parecchio da fare per tutta una serie di questioni etiche fondamentali per la sopravvivenza dell’umanità. Non a caso, sono stati quelli che hanno aderito in massa alla proposta vaccinale, a testimonianza che sono “affamati” di vita e futuro. Sono disposti a mettersi in gioco anche nel territorio del rischio, che però apre spazi d’azione e dà la possibilità di fare tutte quelle cose bloccate dal virus.


La pandemia, perciò, ha cambiato la generazione 4.0...

Sicuramente l’ha provata e, come sempre succede nelle grandi sfide, dopo si diventa migliori. I giovani usciti dal Covid sono per certi versi più adulti. Quando, infatti, si va oltre la propria “comfort zone” si scoprono e si attivano risorse e competenze che si pensava di non avere. La resilienza, intesa come capacità d’azione di fronte alle difficoltà, non si impara in teoria, ma in pratica.


Chi dà la spinta ai teenagers nel post-lockdown?

Il desiderio, che è un motore incredibile nell’esistenza, e soprattutto una delle parole chiave nell’adolescenza. Per diventare adulti, infatti, bisogna essere desideranti in modo da individuare quello spazio di vita che posso conquistare e che ancora non mi è dato. Questo tempo sfidante ha veramente cambiato il mind set di un’intera tribù giovanile: mentre prima era la stirpe del “tutto e subito”, dove qualsiasi cosa era possibile e garantita, ecco che questa parentesi lunghissima di sospensione di azioni, progetti e sogni per molti giovani è diventata un modo per mantenersi nella prospettiva del desiderio: quando riapre il mondo, allora riprendo in mano ciò che ho, ciò che vorrei e gli do la giusta importanza (e il relativo impegno per ottenerlo).


Come lo vedono il futuro che si sta profilando?

In ridefinizione. È l’esperienza che hanno fatto tutte le generazioni quando c’è stato da rimettersi in piedi dopo un evento challenger. Il momento attuale è un tempo che ha dentro la fatica del vissuto e la speranza della ripartenza. Ora possiamo anche accelerare. Molto dipende anche da quanto siamo disposti a metterci in gioco. Ma in questa prospettiva i giovani, con le loro aspirazioni, progetti, voglia di vivere saranno centrali, in quanto risorsa attiva e responsabile. Teniamone conto noi adulti nell’aiutarli a crearsi le giuste opportunità per l’avvenire.



Facciamo un passo indietro

Adolescenti più adulti, mamme e papà meno onnipresenti e onnipotenti. «Durante le quarantene, i figli sono stati reclusi con i genitori, sono diventati tutt’uno e, credo, che molti adulti si siano spaventati di questa dipendenza», dice lo psicoterapeuta Alberto Pellai.

«Ecco, questo è il momento giusto per fare un passo indietro: diamo sostegno ai nostri ragazzi, incoraggiamoli a guardare sempre avanti ma lasciamoli liberi di scegliere, di agire, di sbagliare pure perché l’esperienza dell’errore appartiene alla crescita, alla vita in genere. Come dire: in questo ambito di opportunità nuove, tutte ancora da costruire (e sperimentare) rinunciamo all’idea, illusoria e frustrante per tutti, di avere figli sempre perfetti, felici e spensierati».

 

Fai la tua domanda ai nostri esperti

Articolo pubblicato sul numero n° 9 di Starbene in edicola dal 10 agosto 2021



Leggi anche

Giovani e tossicodipendenza: tra le droghe prevale la cannabis

Coronavirus, genitori e figli adolescenti: consigli di convivenza forzata

Coronavirus: che mondo ci aspetta con la ripresa

Impara a interpretare la rabbia di tuo figlio

Figli al lavoro: le dritte per i genitori