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Coronavirus: come attivare le risorse psicologiche per ripartire

Tutti dobbiamo fare la nostra parte in questo cammino collettivo verso un futuro nuovo. E ci servono risorse psicologiche precise. Scopri come attivarle con l’aiuto degli esperti

Foto: iStock



Le parole sono importanti, al punto che a volte ci permettono di riflettere. In questi mesi il Coronavirus ci ha spaventato e resi insicuri, ma ci ha permesso anche di fermarci a pensare. Con l'aiuto dei nostri esperti abbiamo messo a fuoco alcuni concetti utili per guardare avanti con fiducia e attivare le risorse psicologiche utili a ripartire.


  • FIDUCIA È una parola-chiave dell’azione di ricostruzione delle nostre vite. «Per riconquistarla, dobbiamo pensare che altre volte abbiamo superato difficoltà, di diversa origine ma di uguale natura», spiega la psicoterapeuta Paola Medde. «E quello che è successo prima, può riaccadere ora, quindi. Questo è un passaggio che ci porta a confidare nelle nostre capacità e a essere resilienti. Teniamo presente, poi, che la pandemia ha colpito tutti e, da quanto abbiamo visto (donazioni, catene di solidarietà, ecc.), si è attivata la collaborazione tra le persone. Ciò non può che rinforzare il nostro senso di fede negli altri. Perché sappiamo che dove non possiamo arrivare noi, possiamo contare sull’aiuto esterno (o che le persone, viceversa, possono fare affidamento sul nostro). Prenderne atto e crederci ci spinge ad andare avanti con più ottimismo e serenità».


  • POSITIVITÀ «Tutti siamo in grado di spostare l’attenzione, come se fosse una luce da teatro, su certi stimoli piuttosto che altri. Questo focus, ovviamente, condiziona il nostro modus mentale», dice Stefania Ortensi, psicologa del Centro studi e formazione in psicologia dello sport. «E se lo usiamo consapevolmente, cambia il tono delle giornate. In pratica: invece di dirigere il fascio di luce attentiva su ciò che ci è vietato (o non ci piace fare), puntiamolo su una risorsa favorevole. Dirci la mattina: “Su cosa mi voglio concentrare oggi?” E la sera: “Cosa mi è piaciuto di questa giornata?” aiuta a vedere i lati positivi che questa fase ci ha portato. Fosse solo scoprire com’è bello spostarsi in bici! E ci autorizza a pensare che, in parte, la vita è migliorata. È la base per crearci nuove e, magari migliori, prospettive».


  • ASSERTIVITÀ «La fase 2 si coniuga bene con l’assertività, l’abilità a portare avanti le nostre idee, i nostri piani e diritti ma, nel contempo, a rispettare le direttive generali di comportamento», continua Stefania Ortensi. «È quella perfetta via di mezzo tra passività (subisco tutto) e aggressività (contesto tutto) che dovrebbe orientarci nella transizione: permette di “sopportare” certi obblighi (portare la mascherina, per esempio) senza sentirci prigionieri, ma solo parte di un progetto comune. È un salto di qualità vitale nell’attuale quotidianità, in quanto ci mette nelle condizioni di essere co-autori e co-attori del cambiamento in atto: non viene imposto solo dalle circostanze, ma siamo chiamati in prima persona ad agire per un modo di vivere rinnovato. E ricco di opportunità da cogliere».


  • DINAMICITÀ «Il quadro attuale impatterà ancora nel medio-lungo termine», chiosa Marco Vitiello, referente dell’area psicologia del lavoro dell’Ordine psicologi del Lazio e docente di organizzazione aziendale alla Sapienza di Roma. «Sicuramente, alcune cose viaggeranno come prima, altre si modificheranno. Allora, attraversiamo il cambiamento, non subiamolo e basta. Attiviamoci, insomma, almeno come prospettiva di vita: per capire chi siamo, cosa vogliamo, cosa dobbiamo cambiare e come riposizionarci nel mondo. Rinnovarsi, però, esige disponibilità e flessibilità: qualche zona di comfort va lasciata alle spalle


  • EMPATIA «Mai come in questi mesi siamo decentrati da noi stessi, anzi siamo tutti immersi nel decentramento», commenta Paola Medde. «La pandemia ci ha costretto, indistintamente e simultaneamente, a riflettere su un unico problema, che però ha riportato indietro a ciascuno di noi il punto di vista, l’esperienza, la testimonianza dell’altro. Infinite informazioni che ci hanno fatto passare dall’io al noi. Morale: è cresciuta l’empatia, la capacità di mettersi nei panni della gente. Con due profitti. A livello collettivo: è più forte l’interesse per le persone. A livello individuale: ci guadagniamo in consapevolezza (è più facile capire a che punto siamo se vediamo che qualcun altro sta attraversando lo stesso problema); in efficacia (se riusciamo a comprendere meglio come funziona l’altro, le nostre azioni diventeranno calibrate sulle circostanze); in simpatia, indulgenza, amicizia (s’accorcia lo spazio interpersonale). In più, adesso che non ci possiamo avvicinare a nessuno, per catturare il calore del contatto umano, possiamo contare solo nell’empatia. Un “sintonizzatore di frequenze” che ci fa riconoscere gli altri e leggere nei loro occhi le nostre stesse emozioni (e viceversa). È come stringerci in un abbraccio corale, che ci fa sentire meno soli e accoglienti, nello stesso tempo».


  • CALMA «È la madre della lucidità mentale, la migliore “medicina” per accettare l’esperienza da Covid-19 e tenere sotto controllo l’ansia di un domani che nessuno sa ancora teorizzare», spiega la psicologa Stefania Ortensi. «Ci salviamo, quindi, se stiamo con i piedi per terra, attaccati al qui e ora. Senza spingerci oltre con il pensiero. Già se impariamo a contestualizzare siamo a buon punto. Nella vita, infatti, niente è statico, a partire da questo periodo: non è l’assoluto, ma solo una fase transitoria dell’esistenza. Teniamolo presente per la nostra tranquillità, che rende più accettabile il presente».


  • INTIMITÀ «Ritorna d’attualità un concetto che era dato per scontato nella nostra vita», chiarisce Carlo Lai, professore associato al dipartimento Psicologia dinamica e clinica Università di Roma. «Prima si poteva essere intimi con qualcuno quando e come si voleva, oggi si deve passare da maggiori sovrastrutture. Barriere fisiche (mascherine e altro) e psicologiche (paura, sospetto) che hanno sfumato i modi d’esprimere l’emotività: meno gesti, più parole e sguardi. Tranquilli: non è un raffreddamento globale. Le nostre emozioni sono intatte, semmai avremo desiderio di viverle solo quando ne vale la pena. A favore di un’intimità forse rarefatta, ma autentica».


  • ALTRUISMO «Meglio ancora, alterità, come sinonimo di cura reciproca», chiarisce lo psicologo Carlo Lai. «Partiamo da chi vive accanto a noi, dai familiari, dal partner, dagli amici. Se ci occupiamo del loro benessere e loro del nostro, entriamo in una logica virtuosa, in cui tutti possono “guadagnare” da questi tempi. Ci mettiamo, infatti, in una posizione d’ascolto e confronto con le persone vicine, che ci aiuta a guardare meglio la vita e alla vita. Vedere il presente (e il futuro) anche dagli occhi di un genitore, del partner, di un figlio dà, infatti, a ciascuno delle risposte utili al cambiamento che ci aspetta. Non solo, rafforza i legami poiché è un patto di contribuzione vicendevole al benessere. A differenza dei periodi di pace, poi, adesso ce lo possiamo dire a voce alta, senza paura, che abbiamo bisogno l’uno dell’altro, che la felicità di uno passa attraverso il benessere dell’altro. Un trucco per stare bene nel presente e trovarsi meglio nel futuro».


  • AGILITÀ «È la potenzialità necessaria alla rigenerazione, che va vissuta in chiave evolutiva, passo dopo passo», riprende il dottor Vitiello. «Adesso siamo allo step 2, poi arriverà il 3 e via dicendo: per cavalcare bene ogni fase, pensiamo a strategie e obiettivi di breve termine, due o tre mesi al massimo, giusto per adattarci alle diverse situazioni che, di volta in volta, si presenteranno. Procedere per gradi riempie quel vuoto ansiogeno che provoca un futuro oscuro come questo. Attenzione, però: nei singoli traguardi non ci deve essere uno strenuo bisogno di tornare a quello che eravamo prima. Anzi, dobbiamo alimentarli con un’ambizione a trovare un benessere diverso e circostanziato sulla realtà che stiamo vivendo in quel momento. In questo cammino a tappe, quindi, teniamoci aperti alla scoperta e ad aprire (o chiudere) alcune finestre del nostro piano di massima in base a fatti concreti. Così, giochiamo d’anticipo sugli (inevitabili) imprevisti e ci mettiamo al riparo da delusioni e sofferenze. E, al posto di lamentarci, ci dirigiamo verso un sano pragmatismo, che ci spinge a riflettere su cosa di buono possiamo ricavare da un certo frangente».


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Articolo pubblicato sul n. 18 di Starbene, in edicola e nella app dal 26 maggio 2020



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