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Rimugini continuamente? Ecco come liberarsi dal chiodo fisso

I pensieri ossessivi invadono la mente e non lasciano spazio ad altro. Ecco come evitare di rimuginare

credits: istock



di Roberta Camisasca


Assillante, angoscioso, insopportabile. In inglese viene chiamato overthinking, da noi “chiodo fisso”. È quel meccanismo di ruminazione mentale che monopolizza le giornate contro la nostra volontà, invadendo ogni spazio e ogni momento. L’amore indimenticato, il conto corrente in rosso, il diverbio con il capo: il “tarlo” è sempre lì, pronto a insinuarsi nella mente mentre si sta facendo tutt’altro. Così dimentichiamo dove abbiamo parcheggiato l’auto.


C’è una predisposizione

«Il pensiero intrusivo è come un dente che duole: si sente solo quello. Entra prepotentemente nella scena mentale e, se per un attimo ci si distrae, riprende subito il sopravvento», spiega il professor Giuseppe Alfredo Iannoccari, neuropsicologo a Monza e Milano e presidente di Assomensana, Associazione per lo sviluppo e il potenziamento delle abilità mentali. Nasce dal desiderio spasmodico, non rimandabile,di trovare la soluzione a un problema.

«La mente tende a ritornare continuamente sulle preoccupazioni irrisolte», prosegue l’esperto. «Le cause non sono del tutto note: in genere il fenomeno si insinua in individui che hanno avuto una storia familiare particolare, caratterizzata per esempio da genitori poco protettivi, quasi assenti nella crescita dei figli.

Ma è stato riscontrato anche un meccanismo neurofisiologico alla base del problema, in particolare una ridotta attività della serotonina, un neurotrasmettitore cerebrale».

Susan Nolen- Hoeksema, psicologa dell’Università di Yale ed esperta di ruminazione mentale, nei suoi studi aveva ipotizzato anche un legame con depressione, ansia, stress e insonnia, che non solo accentuano il rimuginio in soggetti predisposti ma, a  oro volta, ne risultano esasperati, in un circolo vizioso senza fine. «Solo che le apprensioni costanti non ci permettono di concentrarci su ciò che stiamo facendo.

Come sottolineato da uno studio pubblicato su Behaviour Research and Therapy, il rimuginio compromette la memoria di lavoro, quella che consente di ricordare un’informazione per il tempo necessario a eseguire un compito, spiega il dottor Iannaccari. 


Gli esercizi di "depurazione”

E se provassimo a far finta di niente? «Sarebbe come cercare di spingere in basso una palla nell’acqua: continuerebbe a riemergere», risponde lo specialista. «Sembra paradossale, ma è meglio assecondare la forza di questo fenomeno, sedersi e guardare i pensieri scorrere sulla scena mentale».

Il secondo passo è allenare la capacità di pensare per immagini. «Il pensiero è astratto: impedisce di “vedere” il problema. Valida, quindi, l’idea di fare uno schema o un disegno del chiodo fisso, cercando collegamenti e possibili soluzioni: mettendo tutto nero su bianco si “scarica” la memoria di lavoro, ormai saturata dal pensiero assediante, lasciando spazio per altre informazioni.

E quando l’ansia non dà tregua, semplici esercizi di respirazione (inspirare ed espirare lentamente) possono aiutare: secondo uno studio della Yale University School of Medicine, la meditazione inibisce una zona cerebrale che genera i pensieri intrusivi.


Parlare aiuta

Quando si espone un problema ad altri, in genere lo si ripete ogni volta con parole diverse. Questo fenomeno è definito “criss-cross landscape”: consiste nel passare e ripassare sullo stesso punto tante volte, tracciando ogni volta traiettorie differenti.

Quindi, lo spazio del problema viene rivisitato da diverse angolazioni, si raccolgono tutti i particolari della vicenda e li si analizzano, mettendoli in relazioni.

Ciò rende più flessibile il pensiero e si giunge prima a una soluzione. Però l’interlocutore non deve dare consigli, ma sostanzialmente adottare un atteggiamento di ascolto empatico.


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Articolo pubblicato sul n. 45 di Starbene in edicola dal  24/10/2017


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