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Beauty Sickness: che cos’è e come gestirla

Si chiama “beauty sickness” ed è il culto eccessivo per il proprio aspetto esteriore che colpisce moltissime donne di ogni età. Ma non cadere nella trappola (o uscirne) si può

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La nostra cultura è “beauty sick”, malata di bellezza, e questo chiodo fisso interessa soprattutto le donne.

Molte, poi, credono che un’immagine non stereotipata sia un enorme ostacolo alla felicità e che l’unico modo per migliorare la situazione sia cambiarla. Di tutto ciò è convinta l’americana Renee Engeln, docente universitaria di psicologia, approdata nelle nostre librerie con il saggio Beauty mania. Quando la bellezza diventa ossessione (Harpercollins, 17,50 €).

Engeln ha individuato questa “malattia” una ventina di anni fa, mentre teneva il suo primo corso universitario di psicologia delle donne. “Più conoscevo le studentesse che lo frequentavano, più ero colpita e inquieta”, scrive nell’introduzione del libro. “Quelle ragazze dotate passavano un’allarmante quantità di tempo a preoccuparsi del peso, della pelle, dei vestiti e dei capelli. Un giorno una di loro ammise di aver saltato una lezione perché si sentiva troppo brutta per farsi vedere in giro”.

Nel corso della sua esperienza, la dottoressa ha riscontrato così tanti casi di beauty sickness che ha fondato un laboratorio per studiare ciò che determina le relazioni conflittuali con il proprio corpo. Ispirandoci a lei, sul tema abbiano interpellato quattro esperti italiani.


La perfezione a ogni costo

«Partiamo dal fatto che il desiderio di voler apparire piacevoli e in salute è legittimo e quindi non va stigmatizzato», esordisce Miolì Chiung, psicologa psicoterapeuta a Milano.

«Per esempio, sappiamo che la prima impressione che ci formiamo di qualcuno – e che gli altri si formano di noi – è basata su elementi estetici, in particolare sulle caratteristiche del volto, e che tale impressione è importante in occasioni sociali come un colloquio di lavoro, un appuntamento sentimentale. I problemi sorgono quando la preoccupazione per il look diventa prioritaria sul resto: pensa a cosa succederebbe se ti presentassi a un colloquio con trucco e parrucco perfetti, ma con un curriculum vitae scritto male e senza aver preparato un discorso di presentazione. C’è da dire che, spesso, l’eccessiva rincorsa alla bellezza non è oggettivamente giustificata, perché chi la pratica magari è già attraente. Il problema è che non riesce a raggiungere la sua idea di perfezione e si sente incompleta».

Se hai mai pensato di restare a casa anziché partecipare a un evento perché non ti sentivi bella, se durante una riunione ti sei distratta perché stavi paragonando il tuo corpo a quello di un’altra, se non riesci a staccarti dallo specchio... allora sai di che cosa stiamo parlando.


A rischio le più fragili

Secondo la psicologa americana, la “colpa” di questa malattia sta nella cultura che si concentra più sul nostro look che su ciò che possiamo dire, fare o essere.

«Ovviamente questo condizionamento sociale non attecchisce in chiunque», precisa la dottoressa Chiung. «Le donne più vulnerabili sono quelle che hanno un substrato psicologico ed emotivo molto fragile, con forti basi di insicurezza, scarsa autostima, bisogno assoluto di avere una conferma sempre positiva dall’esterno. In molti casi hanno trascorso l’infanzia e, soprattutto, l’adolescenza con l’idea che risultare piacevoli agli occhi del prossimo fosse la sola caratteristica degna di considerazione, o meglio il mezzo migliore per convincerlo a elargire qualcosa (attenzione, riconoscimento, affetto...). A proposito di età: l’ossessione può comparire anche da adulte, ma la fascia più a rischio è quella dell’adolescenza, quando il corpo cambia, le insoddisfazioni fisiche si fanno più forti e la psiche non è ancora strutturata per resistere alle pressioni sociali».


Conseguenze pericolose

«L’ossessione per la bellezza è un malessere che fa soffrire, che trova terreno fertile nella depressione e nell’ansia, e che finisce per aggravarle», rivela Engeln. «Ti costringe a guardarti allo specchio anziché a esplorare e affrontare il mondo. Sottraendoti tempo, energie e denaro, ti allontana dalla persona che vorresti essere e dalla vita che vorresti condurre».

«Ma quando non riesci a realizzare le tue aspettative, puoi arrivare a sviluppare la fobia sociale», mette in guardia Miolì Chiung. «Non sentendoti adeguatamente bella per stare nel mondo, tendi a isolarti, così che le tue fragilità e i difetti possano essere visti e commentati solo da te. Attenzione, però: anche riuscire nel tuo intento (cioè, ottenere un aspetto avvenente) presenta dei rischi. Mi spiego recuperando il tema delle prime impressioni: la persona a cui hai dato una buona idea di te stessa grazie al tuo aspetto esteriore, tende ad attribuirti altre caratteristiche positive come intelligenza, bontà, generosità. Questo fenomeno si chiama “effetto alone” e fa sentire in dovere, quasi fosse una responsabilità, di essere ciò che gli altri si attendono (oltre che bella, buona, intelligente...). E questo suscita ansia».


L’inganno della chirurgia

L’ossessione per la bellezza, spesso, incontra la medicina e la chirurgia estetica, con risultati sconvolgenti. Donne irriconoscibili, che ricorrono a interventi ripetuti, fino a deformarsi.

«Spesso il bisogno di essere belli e giovani “per sempre” nasconde una richiesta di rapporti, relazioni, intimità», spiega Giuseppe Polipo, medico estetico, psicoterapeuta e presidente dell’Associazione italiana psicologia estetica.

«Si crede che, diventando più attraenti, si otterranno tutti questi vantaggi. In realtà è un’idea falsa, perché una ruga in meno o una misura di seno in più da sole non bastano a colmare questi bisogni. Non solo: la bellezza e la gioventù non saranno mai eterne, perciò i tentativi per cristallizzarle sono fallimentari. Già, perché man mano che ricorriamo alla chirugia estetica gli anni passano, quindi se ci illudiamo di tornare indietro nel tempo o di raggiungere la “perfezione” rimaniamo delusi. E allora ci riproviamo, nella convinzione che la medicina sia onnipotente, ma più andiamo avanti e ci accaniamo, più ci riempiamo di cicatrici e ci allontaniamo dai modelli immaginati».

Come uscire da questa spirale? Secondo il dottor Polipo è utile rivolgersi a un professionista che riunisca le competenze di medico e di psicologo estetico, presso il quale sarà possibile acquisire consapevolezza dei propri bisogni e intraprendere un percorso esteriore e interiore. «Perché è certo che la bellezza da sola, senza “istruzioni, non porta al benessere», conclude l’esperto.


Come liberarsi dall’ossessione della bellezza?

Dalla beauty sickness si può guarire così:

1. «Interrompi i paragoni con gli altri, che sono sempre legati a caratteristiche fisiche parziali, e inizia a considerarti nella tua interezza», consiglia la dottoressa Chiung.

2. «Smetti di rimuginare sulle tue caratteristiche negative: romperai il circolo vizioso dell’ossessione e troverai i punti di forza su cui concentrarti per ottenere benefici emotivi», continua l’esperta. «Potresti, per esempio, tenere un diario delle situazioni sociali (aperitivo con le amiche, riunione di lavoro, cena con la famiglia) in cui hai avuto feedback positivi legati alle tue caratteristiche di personalità e non all’aspetto fisico (“mi è piaciuta la tua idea”, “sei stata molto sensibile”).

3. Per un periodo dovresti evitare lo specchio, la bilancia, il centimetro e altri strumenti che usi per controllarti e misurarti: ti fanno sentire sempre più insoddisfatta e insicura. Per esempio, se osservi le rughe allo specchio, è inevitabile che prima o poi ne troverai una nuova. Questo succede per via di un meccanismo cognitivo involontario che si chiama bias (o pregiudizio) di conferma: tendi a considerare solo le “prove” che sostengono e rafforzano le tue convinzioni (invecchio a vista d’occhio”), mentre ignori tutto ciò che potrebbe smentirle.

4. «Anche muoverti può aiutarti ad accettare la tua immagine corporea, che dovrebbe essere in continua evoluzione», interviene Veronica di Francesco, counselor e danzaterapeuta. «Se sei ossessionata dal tuo corpo, è perché ti preoccupi di come lo giudicano gli altri. Invece, solo tu lo puoi conoscere e, per entrarci in contatto, devi fare esercizio fisico. Così, hai la chance di vedere come funziona, di smettere di concentrarti solo su alcune parti, di entrare in contatto con il vissuto emotivo che non ti permette di “volergli bene”.

5. Fai seguire a ogni esercizio un momento di ricapitolazione. Puoi tenere un diario e annotare le emozioni provate e le reazioni del corpo. Non ti va di scrivere? Disegna, dipingi o registra le tue impressioni in un file audio.



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Articolo pubblicato sul n. 9 di Starbene in edicola dal 13/02/2018

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