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Ansia: riconoscila e scopri come tenerla a freno

In alcuni casi basta una psicoterapia, in altri servono anche i farmaci. Ma gli ansiolitici non sono tutti uguali e a volte non sono neppure adatti. Scopri la strategia più giusta per te

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Sono 5 milioni gli italiani che soffrono di disturbi d’ansia, ma solo 1 su 10 riceve il giusto trattamento: è quanto emerge da un recente studio internazionale guidato dall’Hospital del Mar Medical Research Institute di Barcellona, pubblicato sulla rivista Depression and Anxiety.

Ultragettonati gli ansiolitici, per i quali l’ultimo rapporto Osmed dell’Agenzia italiana del farmaco ha registrato nel nostro Paese una spesa di ben 381,6 milioni di euro, ma che in realtà sono solo un “rimedio tampone”.

Molti, poi, si rassegnano a convivere con quel sentimento che colora tutto di una velatura di paura: solo il 41, 3% di chi ne soffre è consapevole del bisogno di cure specifiche e, quando l’ansia non è combinata a cali dell’umore, questa percentuale scende al 26,3%. «Un errore, perché oggi si sa che ansia, panico e paura coinvolgono circuiti neuronali diversi, tanto che è possibile affrontarli con farmaci e psicoterapie sempre più su misura e personalizzati», sottolinea il professor Giampaolo Perna, direttore del Centro per i disturbi d’ansia ed emotivi - CEDANS .

«Occorre agire anche sul corpo», aggiunge il professor Massimo Biondi, docente di psichiatria all’Università La GETTY 62 Sapienza di Roma. «L’ansia si manifesta con sintomi psichici ma anche fisici che spesso l’amplificano e la rendono ancora più insopportabile».

Sfoglia la gallery e scopri, a seconda del problema, la soluzione su misura.

1. Se è scatenata da una fobia

Rinunci a un viaggio aereo perché hai paura di volare, l’idea di parlare in pubblico o di salire in ascensore ti taglia le gambe: «La tua è una fobia specifica, legata a un’iperattivazione del cervello emotivo e dell’amigdala, il centro della paura, che ti fa leggere come temibile ciò che in realtà non è», spiega il professor Biondi.

«Se la tua fobia è episodica, puoi risolverla con qualche goccia di una benzodiazepina: nel caso di paura di volare, per esempio, da assumere qualche ora prima dell’imbarco. Oppure, se temi di parlare in pubblico, puoi prendere su prescrizione medica mezza pastiglia di un betabloccante (un antipertensivo) che riduce batticuore e ansia. Se la fobia è ricorrente, invece, ti serve una terapia di decondizionamento».

Con l’aiuto di uno psicoterapeuta, in genere a orientamento cognitivo comportamentale (info aiamc.it), affronti progressivamente l’oggetto della tua paura: prima attraverso l’immaginazione e poi gradualmente sempre più in “vivo”, sino ad accorgerti che puoi dominarla. I dati scientifici confermano che, nel giro di 6-12 sedute, la fobia si risolve nel 90% dei casi: senza farmaci.

2. Se è in forma generalizzata

Preoccupata che ogni evento debba tradursi in qualcosa di catastrofico, con poca energia, in balia di frequenti vuoti di memoria e cali di concentrazione. E poi, fai fatica ad addormentarti perché rimugini a lungo e sei spesso preda di tensioni al collo, improvvisi batticuori, vampate di calore, o alla sensazione di avere un nodo alla gola. I sintomi durano anche mesi, poi allentano la morsa, pronti a riproporsi nuovamente a distanza di tempo.

Se ti rivedi in questo copione soffri di ansia generalizzata, un disturbo più frequente soprattutto tra le donne over 30.

Le colpe? «Un temperamento “geneticamente” ipersensibile ai pericoli, che manda in corto circuito la corteccia cerebrale, delegata a interpretare le possibili minacce, e una eccessiva attivazione dell’amigdala e dell’insula, area cerebrale implicata nelle reazioni legate all’emotività», spiega il professor Perna.

«Risultato: paura esagerata verso tutto e un giocare in difesa, perdendo le opportunità e le novità che la vita offre. I farmaci ideali sono alcuni antidepressivi: quelli che agiscono solo sulla serotonina (il neurotrasmettitore della serenità), quelli duali che migliorano l’utilizzo sia della serotonina sia della noradrenalina (l’ormone dell’euforia), o quelli non benzodiazepinici che 63 agiscono sul sistema del Gaba (un altro neurotrasmettitore), riducendo l’eccitabilità dei neuroni, ridimensionando il senso di pericolo. La scelta del farmaco giusto dipende però dalle caratteristiche individuali e da quelle genetiche, oggi misurabili con un semplice esame della saliva che permette di valutare quale molecola viene meglio metabolizzata dall’organismo», precisa il professor Perna.

«Per potenziare e ottimizzare l’azione dei farmaci, ok alla psicoterapia cognitivo comportamentale, meglio se effettuata in gruppo, e alla partecipazione a gruppi di autoaiuto», sottolinea il professor Biondi. «Utile agire anche sul corpo con tecniche di rilassamento (come yoga, meditazione e mindfulness) che, regolarizzando il respiro, svolgono il ruolo di ulteriore terapia».

3. Se si tratta di ansia sociale

In mezzo agli altri hai paura di agire, o di dire la tua, perché temi il giudizio di chi ti sta intorno e pensi che si possa decifrare dai segnali del tuo corpo che sei in ansia: hai paura di arrossire, di tremare, di balbettare, di sudare, oppure di non avere la battuta “pronta”.

«Probabilmente fai parte di quel 13% della popolazione che soffre di ansia sociale, disturbo coniugato soprattutto al femminile che fa la sua comparsa durante l’adolescenza (quando spesso è transitorio e si risolve da solo con le esperienze di vita), per diventare, in una minore percentuale dei casi, cronico», spiega il professor Biondi.

Le cause: «Un’ipersensibilità ai pericoli e all’incapacità di mettersi in gioco nel sociale, oppure una personalità narcisistica che “rifiuta” il confronto con gli altri», spiega il professor Perna. «In entrambi i casi la cura è rappresentata dall’accoppiata di antidepressivi specifici (SSRI, ovvero modulatori della ricaptazione della serotonina che riducono i livelli d’ansia) e psicoterapia: breve e di tipo cognitivo comportamentale in caso di ipersensibilità, più approfondita se l’ansia è alimentata dalla personalità narcisistica».

4. Se nasce dagli attacchi di panico

Il corpo sembra “fuori controllo” con un senso di terrore e di morte imminente che si combinano a batticuore, mancanza d’aria, capogiri, tremori, sudorazione, vampate di caldo, formicolii o un dolore al petto che fa temere un infarto. Sono gli attacchi di panico.

«Colpa di un’eccessiva attivazione del tronco encefalico, area cerebrale dove risiedono i centri che regolano respirazione, battito cardiaco e senso dell’equilibrio che, per una maggior sensibilità genetica, si attivano anche se non c’è una situazione di reale allarme», spiega il professor Perna.

«Basta un piccolo mancamento, un battito cardiaco fuori ritmo o il respiro un po’ accelerato perché si allertino, innescando l’attacco. In alcuni casi la crisi rimane un evento isolato, ma per circa il 3% di noi diventa un appuntamento ricorrente, capace di innescare un’ansia anticipatoria e una serie di comportamenti di evitamento nel timore che la crisi si riproponga. Quindi, no ai luoghi affollati, perché se ci si sente male la situazione sarebbe imbarazzante; no alle località deserte dove diventa difficile chiedere aiuto; soprattutto no alla stessa situazione o allo stesso luogo in cui si è verificato il primo attacco».

Rompere il cerchio non è impossibile: «Si può ripristinare un corretto funzionamento cerebrale e bloccare la ricorrenza degli attacchi con opportuni farmaci (a base di paroxetina se il batticuore o il fiato corto sono i sintomi più invalidanti, a base di sertralina se prevalgono vertigini e mancamenti) che, insieme alla psicoterapia cognitivo-comportamentale, permettono di vincere il disturbo», spiega il professor Perna.

«Importante che il terapeuta spieghi anche cos’è un attacco di panico, perché non c’è da preoccuparsi, come si può combattere. A questo scopo, può suggerire esercizi di respirazione controllata che rallentano il battito cardiaco, da utilizzare quando si ha la sensazione che l’attacco possa prendere il via, ed esercizi di rilassamento attivo per decontrarre i muscoli, da effettuare anche quando si è in auto o in piena attività, che aiutano a evitare l’attacco».



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Articolo pubblicato sul n. 12 di Starbene in edicola dal 06/03/2018

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