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Chili di troppo: come liberarsi dall’ossessione della bilancia

C’è chi insegue la magrezza come status da esibire, perché la considera sinonimo di successo e realizzazione personale. Ma è un’illusione che getta in una spirale d’infelicità

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Nessuno è più immune dal fascino dei numeri. Quelli delle calorie, dei minuti di allenamento, ma soprattutto dei chili sulla bilancia. Il 77% degli italiani si dice ossessionato da questo strumento, rivela un sondaggio di Tomtom Touch. Uno su 5 si pesa tutti i giorni, con una media di 115 volte all’anno per le donne contro le 108 degli uomini.

«La bilancia, da semplice strumento di misurazione, è diventata nell’immaginario collettivo un giudice imparziale e inflessibile di chi siamo», dice Emanuel Mian, psicologo e psicoterapeuta esperto in disturbi del comportamento alimentare, responsabile scientifico di Emotifood (emotifood. it). «Quel numero che appare sul display comunica alle persone il loro valore. Si tratta di un'operazione illusoria, un po’ come succede con la somma dei “likes” e dei “followers” sui social. Due mistificazioni della realtà, che però rispecchiano il modo di pensare della società contemporanea».

Eh sì, il peso sembra il grande problema dei nostri tempi, che impone di essere magri, sempre più magri. Cibo e dieta sono in cima agli argomenti più cliccati in Rete, rivela uno studio di Andid (Associazione nazionale dietisti) e università di Messina. Mentre il 57% degli italiani cerca un antidoto veloce ai rotolini di grasso, svela il sito il miodottore.it.

«Quest’ossessione colpisce sia gli uomini sia le donne, ormai a ogni età», specifica lo psicoterapeuta. «La forbice si è allargata: si comincia già a 6-8 anni e s’arriva agli over50. Tutti accomunati, come riscontro ogni giorno nel mio ambulatorio, da due elementi chiave: un'immagine corporea distorta e una forte insoddisfazione verso se stessi»·


LA COLPA DEI SOCIAL

Ma da dove inizia lo strapotere della bilancia? Nelle donne a fare da denominatore comune è un fondale di insicurezza, legato a doppio filo con un ideale estetico di perfezione, che viene a galla e si manifesta con prepotenza nei periodi in cui i cambiamenti del corpo appaiono indomabili: adolescenza, maternità e menopausa. Negli uomini, invece, è il tempo che passa – e appesantisce il girovita – a spaventare di più.

Inoltre, se signore e signori avanti con gli anni si mettono a seguire diete assurde e a pesarsi compulsivamente esattamente come flotte di teenager, qualche pressione ambientale c’è. Probabilmente, dicono gli esperti, si sentono “schiacciati” dalle immagini che rimanda il mondo del web, un susseguirsi di corpi filiformi e idolatrati dai followers.

«Basta guardare i profili Instagram di chi ha più di 100mila supporter, come le influencer più griffate che decidono chi è in e chi out», sottolinea il dottor Mian. «La magrezza è vista come la manifestazione fisica, direi tangibile, del successo. La vita stretta, le gambe affusolate, gli addominali a tartaruga sono ormai il lasciapassare della stima e dell’accettazione sociale. Sono magro, perciò vincente, è l’equazione ricorrente e consolidata nell’orizzonte di molti».


DALL’INFANZIA ALL’ADOLESCENZA

Purtroppo il mito della magrezza, secondo cui solo chi ha un fisico snello e armonioso è degno di ricevere amore e attenzioni, si radica sempre più precocemente nella mente delle persone. «Studi rivelano che fin dalle elementari i bambini cominciano già a preoccuparsi dell’aspetto fisico», riferisce Maria Grazia Giannini, presidente di Consult@noi (consultanoidcai.it), che riunisce 19 associazioni di tutt’Italia che si occupano di disturbi del comportamento alimentare.

Un’altra indagine dice che in 7 casi su 10, l’origine del complesso fisico è in famiglia. Nel 54% dei casi, la prima a far notare il “difetto” agli altri è la mamma, a sua volta ossessionata dalla taglia dei jeans. «Avere genitori che pongono troppa attenzione sull’estetica spinge a essere “persone belle” piuttosto che “belle persone”», commenta Mian. «Accresce nei figli la sensibilità a questi temi, aggiungendo una grossa dose di frustrazione quando questi obiettivi non vengono raggiunti. Ma capita anche il contrario: incontro spesso ragazzi o ragazze in forte sovrappeso per la pressione subita da una famiglia ossessivamente puntata al fitness e alle diete».

Un altro momento clou è l’adolescenza, quando «l’autostima è ancora in fase di costruzione e, quindi, non regge il confronto con gli altri, se non si ha un corpo omologato agli standard estetici del momento», continua la dottoressa Giannini. Nascono i complessi e la voglia di dimagrire a tutti i costi, altrimenti non si viene accettati dai coetanei. Lo confermano i numeri: il 42% dei ragazzini, rivela l’Osservatorio nazionale adolescenza, dichiara di aver seguito almeno una volta una dieta.


DIMAGRIRE PER SFUGGIRE

Un fisico “ossuto” non è solo un miraggio giovanile. I tempi moderni hanno connotato il diktat della magrezza a vita, a 20 anni come a 60. «Questo chiodo fisso non nasce però in età matura», dice Nicoletta Polli, endocrinologa, responsabile del Servizio di riabilitazione dei disturbi del comportamento alimentare dell’Istituto auxologico italiano di Milano. «Il problema del peso probabilmente è sempre stato latente, e in un momento di fragilità come l’ingresso negli anta, diventa più forte».

Il motivo? «Per alcuni, la magrezza diventa il paravento della loro insicurezza», prosegue lo psicoterapeuta. «Pesare poco è come liberarsi dai difetti, dagli sbagli. In altre parole, chi è magro diventa immune da valutazioni esterne, anzi riceve l’approvazione degli altri», prosegue Mian. «Ecco allora che dimagrire diventa un modo per sfuggire al giudizio, per non mostrarsi per quello che si è veramente, per non rivelare le paure, le fragilità che ci sono dietro a quest’ossessione».

Il problema è che rincorrere un numero sulla bilancia è pesante da sopportare, con ricadute fortissime sulla psiche. «Più il peso cala, più aumenta la gratificazione di essere trionfanti», riprende la dottoressa Polli. «Peccato, che l’autostima oscilli come l’ago della bilancia: cresce se i chili sono “giusti”, mentre crolla se c’è un'impennata di qualche etto. Un rialzo interpretato come un’imperdonabile perdita di autocontrollo».



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Articolo pubblicato sul n. 36 di Starbene in edicola dal 21/8/2018

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