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Caduta dei capelli nella donna: come farli ricrescere

Le chiome si stanno diradando? Niente panico! I nostri specialisti ti consigliano le cure migliori: dai farmaci agli integratori, fino alla medicina rigenerativa. A seconda che il tuo problema sia light, medium o strong

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di Rossella Briganti e Alessandro Pellizzari


Se per molti uomini è un vero cruccio perdere i capelli, nonostante siano “abituati” a vedere i coetanei (e non) calvi, come dovrebbe reagire una donna, quando vede in pericolo uno dei simboli della sua femminilità? «Non dico che diventi sempre un dramma ma che causi tanta preoccupazione sì», ci racconta il dottor Giovanni Chiarelli, dermatologo ospedaliero di lungo corso ed esperto anche in tricologia.

«Per fortuna, rispetto alla calvizie maschile, quella femminile è meno diffusa e, il più delle volte, abbiamo a che fare con diradamenti legati a carenze di sostanze importanti per il capello o all’eccessivo stress assolutamente gestibili con gli strumenti della cosmeceutica, della farmacologia o, nei casi più complessi, con un mix di approcci fra i quali anche quello della medicina estetica e rigenerativa».


Dal ferro allo stress

Si parte sempre da una diagnosi che deve fare il dermatologo, lo specialista (anche) del capello. «Gli esami del sangue sono in grado di scovare, in modo semplice e veloce, uno dei motivi più diffusi di caduta al femminile: la carenza di ferro», spiega Chiarelli. «Sono forme di alopecia lieve che vengono ben risolte dall’uso di integratori che trovi in farmacia, dove il dermatologo può anche richiedere di preparare formule su misura o mixate ai farmaci».

«Le principali forme di alopecia femminili sono due. Quella androgenetica interessa il 30% dei casi ed è dovuta all’azione che il diidrotestosterone (un ormone maschile) esercita sui recettori presenti nelle cellule dei follicoli piliferi», aggiunge Piero Tesauro, chirurgo plastico a Milano e presidente Sitri, la Società italiana di tricologia. «La seconda è l’alopecia aerata, una forma infiammatoria che comporta l’improvvisa caduta in aree circoscritte, con la formazione di chiazze prive di capelli. Si manifesta spesso in periodi di stress acuto, dopo un lutto o una malattia».

Ma vediamo come risolvere i vari problemi.

1. Primo step: pillole e fiale

Degli integratori abbiamo già detto, ottimi per certe forme “base” del problema. Ma c’è la versione “super” dell’integrazione, la rigenerazione.

«Come per la pelle del viso esistono sostanze biorivitalizzanti, così sono stati formulati dei booster per capelli, ovvero un cocktail di sostanze rigeneranti ad alta concentrazione che viene infiltrato in tutto il cuoio capelluto con ottimi risultati», spiega il professor Giuseppe Sito, specialista in chirurgia plastica ed estetica a Milano, Napoli e Torino.

«Durante la seduta viene iniettata una fiala di complessi vitaminici (soprattutto vitamine B2, B3, B12, B5), aminoacidi solforati che formano i “mattoncini” delle cheratine (come lisina, glicina, isoleucina, prolina), antiossidanti quali il glutatione e preziosi oligolementi che nutrono il capello come il ferro, lo zinco, il selenio, il manganese, il rame». Il complesso ristrutturante prevede un ciclo di 4-6 sedute (200 € l’una).

Esistono poi le fiale anticaduta. «Segnalo quelle a base di aminexil, un cosmeceutico contenente principi biologicamente attivi che, alla concentrazione dell’1,5 %, è ben tollerato e privo di effetti collaterali », spiega Fiorella Bini, dermatologa esperta in tricologia medica a Firenze. «Contrasta la fibrosi, cioè l’indurimento della guaina connettivale che avvolge il bulbo, responsabile dell’atrofia e della miniaturizzazione del follicolo. Può rivelarsi un valido aiuto per contrastare perdite stagionali prolungate non patologiche, lievi o iniziali».

2. Secondo step: cocktail agli ormoni (e non)

La salute dei follicoli piliferi risente di alcuni ormoni che arrivano al cuoio capelluto attraverso i capillari sanguigni: estrone e cortisolo stimolano la crescita dei capelli, mentre il testosterone sollecita i peli del corpo e le ghiandole sebacee ma è nemico degli steli. Causa, infatti, la loro miniaturizzazione e il diradamento, fino alle forme gravi di alopecia androgenetica.

Per contro, il progesterone ha un’azione antiandrogena. «Dopo un'accurata tricoscopia, il medico tricologo può prescrivere lozioni galeniche ad hoc, da far preparare dal farmacista, contenenti uno o più ormoni, soli o associati a minoxidil e melatonina», precisa Bini.

«Frizionate con costanza sul cuoio capelluto, queste lozioni su misura sono molto utili in caso di telogen effluvium cronico, di alopecia androgenetica o da carenza di estrogeni, come si riscontra in molte donne in post-menopausa».

La stemoxidina in lozione, invece, migliora la qualità e la densità dei capelli. «È stata poi scoperta una nuova fase del capello, dopo il telogen (caduta), chiamata kenogen, nella quale il follicolo è dormiente e resta vuoto, privo di fusto», aggiunge Sito.

«Si è visto che nei soggetti affetti da alopecia androgenetica, per squilibri ormonali la fase inattiva dura di più. La stemoxidina è in grado di abbreviare il kenogen, aumentando la riserva di cellule staminali nascenti alla base del follicolo. Gli studi dimostrano che questa sostanza accorcia il periodo silente e stimola la fase proliferativa, con un sensibile aumento della densità delle chiome».

Terzo step: farmaci

A un certo livello di “gravità” il medico deve ricorrere ai farmaci, per contrastare o bloccare la caduta e, in certi casi, ottenere una ricrescita.

Tra i farmaci più collaudati c'è la finasteride, molecola che si assume per via orale e che può essere prescritta anche alle donne in età fertile (è teratogena). 

La sua azione? «Inibisce l’enzima 5-alfa reduttasi che, captato dai recettori della membrana cellulare, accorcia il ciclo vitale del capello. I risultati sono buoni, ma nel 5% dei casi può dare effetti collaterali quali il calo del desiderio sessuale », spiega il dottor Piero Tesauro.

«Un altro farmaco usato da decenni è il minoxidil, in fiale al 2%, oppure in compresse da 0,25-5 mg al giorno. Migliora la vascolarizzazione, prolungando la fase anagen (di crescita) del capello, ma può comportare anch’esso effetti collaterali quali ipotensione, gonfiore alle gambe e alle palpebre e ipertricosi, cioè la comparsa di peli su viso».

Quarto step: rigenerazione

In tutte le forme di alopecia funziona bene la PRP (acronimo di platelet plasma rich, cioè plasma ricco di piastrine), una tecnica di medicina rigenerativa che riattiva il metabolismo follicolare grazie alle piastrine del sangue, i fattori di riparazione, rigenerazione e rinnovamento donatici dalla natura.

«Dal braccio del paziente, viene prelevato un piccolo campione di sangue che, inserito in un kit, viene lavorato in modo che la parte chiara si separi dai globuli rossi. Quest’ultima, il cosiddetto plasma, è ricchissima di piastrine e viene iniettata con un ago sottilissimo nelle aree del cuoio capelluto diradate», spiega il dottor Piero Tesauro. 

Nel derma le piastrine liberano quei fattori di crescita indispensabili per rigenerare i tessuti danneggiati e stimolare la ricrescita follicolare, con un effetto anticaduta visibile fin dalla prima seduta di medicina rigenerativa (3 all’anno, circa 400 € l’una). Per tua sicurezza, devi affidarti solo a uno studio medico certificato, che sia stato autorizzato alla manipolazione di sangue ed emoderivati da un Centro trasfusionale ospedaliero, il quale funge da riferimento e garantisce l’osservanza del protocollo.

Un’altra tecnica di medicina rigenerativa che va per la maggiore, pronta a rinvigorire le cellule presenti alla radice del fusto capillare, si chiama SEFFI (Superficial Enhanced Fluid Fat Injecton). «Si tratta di una terapia cellulare innovativa, che sfrutta un’altra componente naturale del nostro corpo: il grasso», spiega Alessandro Gennai, specialista in chirurgia plastica ricostruttiva a Bologna e Milano, docente al master in medicina estetica dell’Università Federico II di Napoli. 

«Apporta non solo fattori di crescita ma cellule staminali mesenchimali, estratte da un piccolo campione di tessuto adiposo del paziente stesso, prelevato da addome o fianchi. Del grasso si utilizza soprattutto la parte vasculo-stromale, che si trova appena sotto la cute ed è molto vascolarizzata e ricca di cellule “nascenti”. La procedura è semplice: con una cannula di 2 mm si aspira una piccolissima quantità di grasso, che viene lavato, centrifugato e separato in modo che la sua componente liquida vasculo-stromale venga raccolta in una siringa. Servirà a fare 25-30 microinfiltrazioni nel cuoio capelluto, così rapide da non richiedere anestesia». Una volta iniettate nelle zone glabre, le staminali riattivano i bulbi impigriti, che riprendono a lavorare per germinare capelli robusti e sani.

«Come dimostrano numerosi studi, tra cui quello pubblicato a fine 2019 su Stem Cells Research Therapy, le staminali rilasciano importanti Growth Factor, quali il PDGF (papillar dermal growth factor) che rivitalizza il terreno in cui affondano i bulbi, e il VEGF (vascular endothelial growth factor) che favorisce la vascolarizzazione e il nutrimento dello stesso».

Il ciclo di trattamenti rigenerativi prevede da 2 a 4 sedute, intervallate 3-6 mesi l’una dall’altra (800 € l’una).


Caduta dei capelli nella donna, i rimedi più usati ed efficaci

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