Chirurgia estetica: gli interventi che piacciono anche agli uomini

Sempre più uomini ricorrono alla chirurgia estetica. L’intervento preferito? È la liposuzione, perché elimina il grasso dove palestra e diete non arrivano. E cancella pure “seno” e doppio mento



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Una volta la chirurgia estetica riguardava solo gli attori e i frequentatori di quello che veniva chiamato jet set. E le donne, sempre più attente alla bellezza e al tempo che passa. Poi, agli inizi degli anni Duemila c’è stata la rivoluzione del botulino, e anche i pragmaticissimi uomini si sono detti: “con una punturina e poche centinaia di euro posso spianare le rughe e sembrare più giovane per mesi? Perché no!”. Però da lì a passare a blefaroplastiche e lifting Hollywoodiani, cioè dalla medicina estetica al bisturi ce ne voleva ancora. La vera svolta l’ha fatta la liposuzione, cioè l’intervento che rimuove il grasso da pancia, fianchi e pettorali. Semplice (grazie al suo evolversi come tecnologia), sicuro (se fatto rispettando le regole) e fra i meno costosi (indicativamente intorno ai 4-5mila euro) dà risultati definitivi e arriva là dove nessuna dieta e attività fisica riescono a intaccare il grasso.

«Negli anni ’70 gli uomini al massimo facevano la rinoplastica e le orecchie a sventola. Negli anni ’80 erano le mogli che, avendo provato i benefici della liposuzione, trascinavano i mariti a togliersi la pancetta, le maniglie dell’amore. Oggi ormai l’uomo si è impossessato a 360° della chirurgia estetica», spiega Paolo Santanchè, uno dei guru indiscussi della chirurgia plastica italiana e il primo a coniare il termine “liposuzione” nel 1981. «Sono cambiati anche i costumi: l’avvento della pillola blu, per esempio, ha allungato di molto la vita sessuale, tema molto propedeutico alla maggiore cura dell’aspetto fisico. E poi persino i politici non nascondono più il ricorso alla chirurgia plastica».


I punti critici: addome e fianchi

L’addome e i fianchi, nell’uomo, sono le zone di accumulo preferenziale del grasso sottocutaneo. «In questi casi non c’è palestra o dieta che tengano: il grasso sottocutaneo va rimosso chirurgicamente, altrimenti non se ne va, almeno non tutto», precisa l’esperto. Certo la liposuzione non rimuove invece il famigerato grasso viscerale, quello che si forma intorno agli organi e che provoca la pericolosa sindrome metabolica, con i rischi correlati di cardiopatie e diabete: per agire su quel tipo di adipe ci vuole la dieta unita all’attività fisica.

«Per capire che tipo di grasso abbiamo, e quindi se è rimovibile con la liposuzione o meno, bisogna pizzicare la pancia. Tutto quello che si può pizzicare si può aspirare. Quello che non riusciamo a prendere fra le dita è dietro la parete muscolare e quindi viscerale; la pancia appare prominente e profonda, a “tamburo”», continua Santanchè. La liposuzione riesce a risolvere il 90% dei casi e ha relegato a casi estremi quello che prima era l’intervento più diffuso, l’addominoplastica. «Oggi se c’è cute rilassata sotto l’ombelico, che rimane dopo la liposuzione, si può intervenire con quello che noi chiamiamo “miniaddome”, cioè togliamo una striscia di pelle rimettendo in tensione il resto. L’addominoplastica si fa solo se c’è un marcato rilassamento al di sopra dell’ombelico e se i muscoli retti addominali si sono allontanati (diastasi). In questi casi si riposizionano con una sutura, ma quest’ultima evenienza è un problema raro nell’uomo, ed è più conseguente al post-gravidanza», sottolinea il chirurgo plastico.


Gli effetti duraturi della liposuzione

Oggi la liposuzione usa cannule molto più piccole di una volta, così minuscole da entrare ovunque sottocute, nella zona bersaglio e aspirare il grasso. «All’inizio degli anni ’80 si ricorreva a quelle da 8-9 mm. Oggi la più grossa che utilizzo è di 3 mm, e permette un livello di raffinatezza maggiore nell’asportazione del grasso, anche per questo si usa il termine “liposcultura”. E poi si impiega la cannula in modo meno invasivo, più delicato, a parità di risultato finale in quantità di grasso asportato, rispetto ai diametri più grossi, ma senza pari come estetica finale», afferma il dottor Santanchè. Non tutte le tecnologie vanno bene però. «Per esempio la liposuzione a ultrasuoni o quella con il laser non danno, a mio parere, valore aggiunto: i risultati realizzati da una liposuzione classica ben fatta sono insuperati», conclude.

Ma l’aspetto più vantaggioso di questa tecnica è la durata del rimodellamento. «Aspirando gli adipociti questi non crescono più. E non crescono più neanche quelli “speciali” che nell’uomo si depositano sulla pancia e sui fianchi, cellule che accumulano grasso più in fretta e lo cedono più lentamente, per cui nel corso degli anni anche se dimagrisci le zone di accumulo si accentuano. La liposuzione stabilizza la linea, niente più pancia o maniglie dell’amore per sempre», sottolinea l’esperto. L’evoluzione della tecnica l’ha resa poi meno invasiva, proprio grazie alle cannule più sottili e a una diversa tecnica di utilizzo. «L’asportazione è più lenta, più precisa e meno impattante, quindi i dolori che si provavano nel post-operatorio adesso sono un ricordo. Possiamo parlare di un po’ di indolenzimento, ma non c’è paragone con il passato. I gonfiori sono minori e il risultato estetico definitivo si ha prima», spiega il chirurgo plastico.



Le regole per fare la liposuzione in sicurezza

La maggior parte dei decessi conseguenti a liposuzione si sono avuti per problemi di anestesia locale. «Che non è meno pericolosa di quella generale, anzi: può dare una sindrome vagale, che è l’anticamera dell’arresto cardiaco. Un pericoloso sovradosaggio si concretizza infatti quando la locale non è sufficiente: allora si può esagerare con l’anestetico per non far sentire dolore al paziente. L’anestesia generale è molto più sicura e non espone a questi rischi», chiarisce il dottor Santanchè. Ma non è “pesante”? «Oggi usa farmaci endovenosi molto diversi e leggeri: l’eliminazione del farmaco è talmente veloce che se sei operato al mattino puoi andare a casa al pomeriggio», chiarisce il chirurgo.

«La liposuzione va eseguita in una sala operatoria a norma, in day surgery o in una casa di cura e con l’anestesista sempre presente. Attenzione ai prezzi: chi chiede troppo poco per l’intervento dovrà rinunciare a questa figura fondamentale. Infine controllate anche che chi vi opererà abbia la specializzazione in chirurgia plastica (trovi gli elenchi su portale.fnomceo.it) e sia iscritto a società scientifiche (la Sicpre o all’Aicpe). Il consenso informato si firma qualche giorno prima dell’intervento, non la mattina stesa».


Pettorali e doppiomento

Negli ultimi 10-15 anni i chirurghi plastici hanno assistito al dilagare di un nuovo inestetismo con relativa richiesta di intervento: l’accumulo di grasso nella zona dei pettorali. «Che non è la ginecomastia, cioè un eccessivo sviluppo della ghiandola mammaria», dice l’esperto. «Penso che sia un fenomeno legato all’alimentazione e agli ormoni che può contenere, perché una volta non si vedevano tutti questi “seni”. Non a caso questa adipomastia colpisce anche persone che fanno molta attività fisica, e molti giovani». La liposuzione, poi, elimina anche il doppiomento e, se il collo non è troppo rilassato, è un intervento che non richiede il lifting. Insomma, la “lipo” è davvero multitasking e duttile, un asso pigliatutto dell’estetica.



Gli altri interventi al maschile

Dopo la rinoplastica e le orecchie a sventola, le borse sotto gli occhi sono state uno dei primi approcci degli uomini alla chirurgia plastica, con la blefaroplastica per eliminare il grasso localizzato che dà il caratteristico gonfiore sotto gli occhi. Poi sono arrivati i gettonatissimi “interventi” di medicina estetica, i filler e la tossina botulinica. Quindi i “maschi” hanno iniziato a fare il lifting, sdoganato da alcuni personaggi famosi e, in ordine di tempo, ultimo a diffondersi fra gli over. «Procedura che è diventata molto meno invasiva. Nel lifting uso gli ultrasuoni per scollare i tessuti al posto delle forbici, così non lascio nessun livido, solo un po’ di gonfiore che passa in 12 giorni, con grande confort post-operatorio per il paziente», spiega Santanchè.


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