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Il nuovo robot per il trapianto di capelli

Grazie a una nuova tecnica, le unità follicolari sono prelevate da un “braccio” meccanico veloce e preciso. Scopri come funziona

credits: iStock




Se la tua testa brilla al sole, con intere zone di cute senza l’ombra di un capello, è ora di pensare all’autotrapianto. Una tecnica supercollaudata che però oggi può contare su una procedura robotizzata.

In pratica, il chirurgo esegue l’operazione di carotaggio (cioè l’estrazione di “cilindretti” di cuoio capelluto contenenti da una a quattro unità follicolari) seduto alla console, mentre visualizza l’area ingrandita sul monitor.

Non li preleva con le sue mani ma pilota a distanza, con un joystick, il “braccio” meccanico di un robot. A uno a uno, estrae i singoli cilindretti grandi da 0,7 a 0,9 millimetri e profondi 4 millimetri prelevandoli dalla nuca, che presenta una maggiore densità di capelli, per trapiantarli nelle aree glabre delle tempie, della fronte e del “vertex”, l’apice della testa.

Un lavoro fino a ieri noioso e ripetitivo, sia per il medico sia per il paziente, che durava da 3 a 5 ore secondo la quantità di follicoli piliferi trapiantati: da un minimo di 2000 a un massimo di 5000.


I vantaggi della procedura 

«Innanzitutto la velocità, poiché i tempi di tutta l’operazione di autotrapianto (prelievo e impianto) si riducono del 30%», risponde il dottor Mauro S Conti, tricologo e direttore scientifico dell’Hair Clinic di Milano.

«Poi, si garantiscono risultati standard, altamente riproducibili, e una qualità di impianto omogenea su tutta l’area trattata. Si riducono, infatti, fattori “fuori controllo” legati all’errore umano.

Può, infatti, capitare che dopo ore di carotaggio, segnate da una gestualità estremamente ripetitiva, il medico non esegua più l’estrazione a regola d’arte, portando a un involontario danneggiamento del follicolo pilifero che, una volta trapiantato nella nuova sede, non riuscirà ad attecchire».

La fase dell’impianto, invece, resta manuale. Con degli aghi speciali si creano tanti slot, microscopici “buchini” pronti ad accogliere l’unità composta da cute e follicoli. Quindi, con uno strumento chiamato implanter la si trasferisce nella nuova sede.

«Per 15 giorni si formano delle microcrosticine dovute alla saldatura dei lembi cutanei», prosegue il dottor Conti. «E nell’arco di 2-3 mesi, in seguito a stress chirurgico, i capelli trapiantati cadono.

Saranno rimpiazzati da quelli nuovi, che cominceranno a crescere dopo 5-6 mesi per ammirare allo specchio i risultati definitivi dopo un anno». Info: numero verde 800-168 668.


Le luci rosse che contrastano la caduta

La definizione inglese, per intero, è “low dose laser therapy for hair loss” ma viene abbreviata con la sigla LLLT (low-level laser  therapy). È una delle ultime novità per stimolare la crescita di capelli, quando sono radi e sottili a causa dellalopecia androgenetica o areata.

In che cosa consiste? «In un caschetto rigido da applicare sulla testa un’ora al giorno per 6 mesi, solcato al suo interno da 250 diodi che attivano la “respirazione cellulare”», spiega Conti.

«Ossigenano il cuoio capelluto e, grazie all’emissione di energia luminosa, stimolano le cellule del follicolo pilifero».

Approvati dal 2009 dalla FDA, i dispositivi laser per la ricrescita dei capelli sono stati studiati da Michael Hamblin, responsabile dell’Harvard’s Wellman Center for Photomedicine e Photobiology e sono diventati un caposaldo della dermatologia rigenerativa.


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Articolo pubblicato sul n.37 di Starbene in edicola dal 29/08/2017

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