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Cioccolato: come scegliere il migliore e quanto se ne può mangiare

Ormai sappiamo che fa bene all’organismo ed è un alleato della dieta (alle giuste dosi). Però deve avere precise caratteristiche. Ecco come prendere solo il buono di tavolette e cioccolatini

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Negli ultimi anni il cioccolato è stato rivalutato come cibo salutare, oltre che goloso: lo conferma anche l'ultima ricerca dell’Università dell’Aquila, che ha messo in luce gli effetti positivi per il cervello grazie al contenuto neuroprotettivo di flavonoidi. Dall’altra parte, però, la sovrapproduzione di cioccolato dettata dalle mode ha immesso nel mercato anche prodotti di dubbia qualità.

E l’inchiesta che Report, trasmissione di Rai3, ha mandato in onda qualche settimana fa ha gettato ombre persino sulla provenienza delle bacche e le produzioni artigianali. Vediamo insieme quali sono i pregi del cioccolato e perché fa bene e come si fa a riconoscere il migliore.


È ricco di antiossidanti e sostanze benefiche (e fa dimagrire)

Si chiama cibo degli Dei proprio per i suoi riconosciuti (fin dall’antichità) benefici sulla salute. «Oggi la ricerca scientifica ci ha permesso di conoscere con certezza l’alto contenuto di antiossidanti del cacao, ne ha più del tè e del vino rosso», spiega Giovanna Pitotti, biologa nutrizionista.

«Fornisce poi molti minerali, come potassio, rame, zinco, magnesio e ferro. E anche l’acido valerico che riduce lo stress, contrastando il potere stimolante degli alcaloidi presenti, come la caffeina». Tra la popolazione indigena dell’isola di Panama, che assume ogni giorno una bevanda a base di cacao, si registra una scarsa incidenza di aterosclerosi, diabete di tipo 2 e ipertensione. «Gli studi hanno dimostrato infatti che l’assunzione regolare riduce lo stress-ossidativo e la pressione arteriosa, migliora il flusso sanguigno cerebrale e ha effetti antidiabetici perché aumenta la sensibilità all’insulina», continua l’esperta.

«È anche considerato un antidepressivo naturale perché induce la produzione di serotonina, il neurotrasmettitore “del buonumore”». Ci sono ricerche che rivelano persino un potere dimagrante: il cacao ridurrebbe l’espressione di alcuni geni coinvolti nel trasporto degli acidi grassi e l’incremento di altri responsabili del meccanismo che brucia calorie.


Cosa cercare tra gli ingredienti e qual è la dose giornaliera consentita

Tutto quanto detto non vuol dire che si possa abusare di cacao che contiene anche grassi saturi e monoinsaturi: «La dose consentita per chi non ha particolari restrizioni è al massimo di 20 grammi al giorno», raccomanda la nutrizionista.

Anche perché, tra cacao e cioccolato c’è una bella differenza: i semi subiscono molte trasformazioni prima di diventare la tavoletta che addentiamo. Affinché i benefici siano maggiori delle calorie, bisogna preferire sempre il fondente, almeno al 72 %: più materia prima c’è, maggiore è la concentrazione di antiossidanti.

Poi, cacao e zucchero di canna sono gli unici ingredienti che dovremmo leggere in etichetta, al massimo può esserci del burro di cacao in più o della lecitina di soia che servono a rendere i quadretti più “scioglievoli”.

«Saccarosio, aromi e grassi vegetali generici servono solo a coprire il gusto e l’odore di una qualità scarsa di cacao», spiega Rossana Bettini, educatrice al gusto e autrice di È autentico cioccolato (Linea edizioni). «Occhio, perché l’Unione europea ha stabilito che si può definire cioccolato anche un prodotto che contiene grassi diversi dal burro di cacao, purché non superiori al 5%».


Che cosa non dice l’etichetta

Purtroppo anche un’etichetta che riporta solo gli indispensabili, non sempre garantisce il top della qualità. «Raramente viene scritta per esempio la specie della pianta di cacao che però è determinante per il risultato», precisa Bettini. «La più comune, quella presente al 90% sul mercato, è il forastero, meno pregiata ma più economica perché ha una resa maggiore.

Altre, per esempio trinitario e soprattutto criollo, sono più pregiate e delicate ma più rare». La “bontà” della tavoletta dipende anche dal modo in cui i semi vengono trattati. «La macerazione, poi l’essiccazione, la tostatura sono tutti procedimenti che possono compromettere la qualità dei semi e il risultato del gusto. Più scarsa è la qualità della massa di cacao che ne deriva maggiore è la necessità di aggiungere aromi e grassi per coprire il deficit di gusto».


Il vero cioccolato artigianale

Per essere sicuri della qualità bisognerebbe controllare tutta la filiera, per questo tra i cioccolatieri artigianali sta cominciando a diffondersi la lavorazione bean to bar, cioè dal seme alla tavoletta.

Invece di acquistare e trasformare il semilavorato, cioè la massa di cacao che arriva dal Sud del mondo dove crescono le piante, si acquistano i semi, partendo così dalla materia prima. «In realtà, anche acquistando la massa si può fare un buon cioccolato. Ma partire dal seme consente di avere molta più scelta, perché non tutti i produttori di cacao mettono a disposizione la massa», spiega Elvira Roccasalva del marchio Donna Elvira, più volte premiata all’International Chocolate Awards e prima produttrice bean to bar del celebre cioccolato di Modica, una delle varietà artigianali più rinomate. «Andare direttamente a caccia di bacche e semi nel sud del mondo, a me ha permesso di conoscere piccole comunità che offrono cru pregiati. Tostare i semi in laboratorio, poi, aggiunge gusto e valore al lavoro artigianale: è una fase importante che va calcolata al minuto e fa la differenza nella tavoletta».


Come riconoscere il migliore

Se l’etichetta non aiuta e l’artigiano bean to bar non è proprio dietro la porta, per gustare un ottimo prodotto non restano che i sensi. «Sfatiamo il mito che il buon cioccolato sia nerissimo e lucido», avverte Rossana Bettini. «In realtà dovrebbe essere ramato, castagno.

Quello nero è un cioccolato prodotto con cacao forastero di bassa qualità, che ha un seme scuro reso ancora più scuro dal fatto che per cancellarne l’odore spiacevole viene sottoposto a una lunga tostatura che deteriora i nutrienti buoni. L’effetto lucido poi è indice di una lavorazione molto lunga fatta in genere per camuffare odori e cattivi sapori di un cacao scarso. All’assaggio, infine, la tavoletta deve dare la sensazione di una massa soave e setosa».


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Articolo pubblicato sul n. 47 di Starbene in edicola dal 07/11/2017



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