Dieta libera: a tavola senza il web

L’uso eccessivo di internet è una nuova dipendenza che allontana dalla realtà e da se stessi. Ecco come riscoprire il piacere del cibo



di Daniela Bavestrello

Dopo essere cresciute sotto lo sguardo invadente della televisione accesa tutto il giorno, ci siamo evolute. Da spettatrici passive, siamo diventate il popolo delle “sempre connesse, ovunque e comunque. Per poter rispondere alle chiamate, per leggere l’ultimo twitter o inviare online la nostra foto più recente.


Verrebbe da chiedersi: che c’è di male? È un modo per sentirci vive e partecipi, per lasciare un segno, seppure virtuale, della nostra esistenza quotidiana, sentirci parte di un mondo allargato e condividere a piene mani le nostre emozioni. Ma i problemi ci sono, eccome.


Fai la tua domanda ai nostri esperti

Non gustiamo più nulla

Quello che viene a mancare, paradossalmente, è proprio la realtà, il momento vissuto fino in fondo, la capacità di cogliere e godere dell’attimo dedicato a noi e al nostro pasto. Senza rendercene conto, anziché ampliare i nostri orizzonti, rischiamo di rimpicciolire la nostra vita.


È chiaro, infatti, che l’uso eccessivo dei social fa parte delle cosiddette new addictions. Dipendenze considerate “nuove”, in quanto non più legate a sostanze (alcol, tabacco, droga), ma a qualcosa di più impalpabile, come le scommesse, gli acquisti irrefrenabili, il nutrirsi in maniera compulsiva, l’incapacità di staccare dal lavoro o lanecessità di stare 24 ore su 24 in rete.


Si tratta di comportamenti che rischiano di diventare gravemente patologici, se non gli mettiamo un freno. Anche se sembra banale, il fatto di non riuscire a “staccare” nemmeno per un attimo non è indice di socialità, ma di paura: della solitudine, di non essere considerate, di non valere abbastanza, di non essere capaci di sopportare il silenzio, di vedere quello che siamo e come ci sentiamo.


Allora mangiare con il telefonino in mano, perché non si può non rispondere o non sapere chi chiama, oppure collegate a internet, per non lasciarsi sfuggire l’ultimo aggiornamento, diventa un modo per scappare da noi, dal nostro pranzo e dal significato che ha la scelta di consumare questo o quel cibo, in compagnia (o meno) di una determinata persona.

Rischiamo di finire in trappola


Questa “fuga dalla realtà” può trasformarsi in una trappola mentale ad alto rischio. Il più immediato, è quello di non avere la sensazione di ciò che mangiamo né in termini di sapore, né come quantità. Ricordiamo che, normalmente, la pancia si riempie prima con la mente e con gli occhi. Poi arriva il gusto, l’atto di masticare, di assaporare. E solo dopo, magari addirittura a pasto concluso, si inizia a percepire il senso di sazietà.


Mangiare è un’azione complessa, che richiede attenzione e partecipazione per trasformarsi in qualcosa di veramente positivo e gratificante. Altrimenti si riduce a un atto meccanico, quello di ingurgitare alimenti, che non procura né piacere né benessere. E possiamo andare incontro a due tipi di problemi. Quello fisico, legato a una digestione difficile: perché non abbiamo masticato abbastanza, perché il nostro cervello non ha dato il corretto input a tutto l’apparato digerente. E quello emozionale: non sappiamo neppure se, e cosa, abbiamo assunto, non ci sentiamo appagate e, molte volte, scatta in noi la voglia del “di più”, per riempire quel vuoto.

Possiamo guarire meditando a tavola


La soluzione ci sarebbe: spegnere tutto e uscire dalla “rete”, almeno per la durata di uno dei pasti principali. A pranzo, ancora in pieno lavoro, potrebbe essere più difficile staccare. Ma almeno la sera, a casa, soprattutto se siamo da sole, bisognerebbe provare a recuperare uno spazio tutto dedicato al nostro pasto.


Detto così sembra facile, ma moltissime persone confessano di sentirsi perse senza il computer o il cellulare. Altre sostengono di non sopportare l’idea di mangiare “isolate” dal resto del mondo o di non gradire quello che si preparano. Perciò, oltre a lasciare spenti i nostri devices, dovremmo anche armarci di coraggio e affrontare, questa volta davvero in presa diretta, la nostra vita, la nostra quotidianità, la nostra normale banalità, senza trucchi che ci “portino lontano”.


Recuperare la capacità di concentrarci su ciò che abbiamo deciso di mettere nel piatto, ricordarci di masticare lentamente e ripetutamente, lasciarci trasportare da quello che sentiamo e proviamo, chiudendo il resto fuori, per un lungo momento al di là dello spazio e del tempo. Una sorta di meditazione a tavola. All’inizio potrà essere complicato, ma presto scopriremo che ne vale davvero la pena, per la salute del nostro stomaco, della nostra mente e della nostra esistenza.

In ufficio controlla le calorie


«Quando mangi, non devi fare altro. Solo così avrai la consapevolezza di quanto cibo stai assumendo», dice la dottoressa Carla Lertola, ideatrice della nostra Dieta Libera. Puoi concederti uno strappo alla regola a un’unica condizione: se il pranzo lo porti da casa.


«Sai che in ufficio ti aspetta un lavoro urgente e non potrai fare la pausa pranzo? Nessun problema. Prepara un’insalata di cereali e verdure (o un altro piatto a scelta), seguendo le indicazioni dei nostri menu. E, appena riesci, recupera il tempo passato alla scrivania facendo tre giri dell’isolato», consiglia la nostra esperta. «L’importante è che questo peccato veniale non diventi un’abitudine».

Articolo pubblicato sul n. 7 di Starbene in edicola dal 02/02/2016

Leggi anche

Cosa comprare se sei a dieta da sola

Cibo spazzatura: la dieta per dirgli addio

Dieta: tre contorni gustosi

Legumi: tre ricette da chef

Il menu salvatempo

Cos'è la dieta libera di Starbene

Tecnologia e salute

Mal di schiena? Colpa di PC e smartphone

Rughe: cos'è il tech neck?

Smartphone, un contratto fra genitori e figli

Smartphone: ragazzi e bambini a rischio gobba