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Che cos’è e come funziona la dieta del microbioma

Se la flora intestinale non è in equilibrio ne risente tutto l’organismo. Con questo programma in due step che arriva dall’Inghilterra, aiuti i batteri buoni e costringi alle corde quelli cattivi

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La nostra propensione a ingrassare dipende dallo stato di salute dell’intestino e, dunque, dalla composizione dell’ormai noto microbioma. Mosley, giornalista della Bbc, in Italia per presentare il suo ultimo libro La dieta del microbioma (Vallardi, 16,90 €) ne è assolutamente convinto.

«Sappiamo che all’interno dell’intestino abitano oltre trecentomila miliardi di batteri appartenenti a un migliaio di specie diverse. Un ecosistema più vasto e complesso di una foresta pluviale che vede i vari fermenti in competizione gli uni con gli altri. Oggi siamo in grado di conoscerne esattamente anche il comportamento», prosegue Mosley. «I fermenti buoni producono sostanze chimiche che possono influenzare il nostro modo di nutrirci, lo stato del nostro umore e che, soprattutto, hanno la capacità di supportare il nostro sistema immunitario».

Il fatto che attualmente allergie e intolleranze siano in forte aumento nella maggior parte della popolazione occidentale ci fa capire che spesso e volentieri il nostro intestino non è in equilibrio.


IL LEGAME CON IL CERVELLO

La scoperta del microbioma ha dato il via a molte ricerche anche sulla relazione, ormai comprovata, tra intestino e cervello.

«Stiamo assistendo allo sviluppo di un nuovo ramo della scienza chiamato “Psychobiotics”, che studia da vicino questo legame. Quello che i ricercatori hanno dimostrato è che l’attività dei bartteri intestinali ha un impatto diretto su umore, qualità del sonno, propensione alla depressione, addirittura autismo: sono in corso importanti studi a riguardo presso la Oxford University. Di certo si sa che i nostri microbi intestinali parlano direttamente con il cervello attraverso il nervo vago, producendo una serie di ormoni e di neurotrasmettitori che arrivano all’encefalo attraverso il sangue», spiega Mosley.


I SINTOMI CUI FARE ATTENZIONE

L’equilibrio della flora batterica è quindi cruciale. Che cosa ci indica che l’abbiamo perduto? «Mal di pancia al termine dei pasti, gas e gonfiore addominale, stipsi o diarrea sono alcuni dei più importanti indicatori di una cattiva salute intestinale. Ma lo sono anche allergie e sintomi depressivi-ansiosi», dice Mosley. «Una volta individuati i segnali di disagio è importante modificare senza esitazioni l’alimentazione».

Ed ecco che entra in campo la dieta del microbioma proposta da Mosley. Un piano alimentare in due step, elaborato dalla nutrizionista Tanya Borowski, e dalla dottoressa Clare Bailey.


IL DIGIUNO INTERMITTENTE

Prima di illustrare le fasi, ricordiamo che secondo Mosley può essere d’aiuto il digiuno intermittente che non significa non mangiare, bensì ridurre drasticamente le calorie per due giorni a settimana (e infatti si parla di “dieta 5/2”).

«Secondo molti ricercatori questa abitudine ridurrebbe i fattori di invecchiamento (stress ossidativo e infiammazione), aumentando le capacità del corpo di proteggersi e autoripararsi. I benefici riguardano anche l’intestino, con un incremento della diversità microbica (fatto positivo) e un importante innalzamento dei famosi batteri buoni».


I SEI ALIMENTI AMICI DEL MICROBIOTA

- Olio evo

È uno dei grassi più salutari, perché contiene una serie di polifenoli e antiossidanti efficaci nel calmare le infiammazioni ovunque si trovino: nel cervello come nelle arterie e nell’intestino. L’olio d’oliva inoltre è molto saziante per cui aiuta a ridurre la tentazione di mangiare grassi industriali e zucchero.

- Banane

Quelle ancora un po’ acerbe contengono amido resistente, un carboidrato che non viene digerito dagli enzimi digestivi presenti nello stomaco e nell’intestino tenue e raggiunge inalterato il colon. Qui viene fermentato dai batteri buoni presenti, che se ne nutrono rilasciando acido butirrico: un grasso dall’azione antinfiammatoria e antitumorale.

- Yogurt

Soprattutto quello arricchito con superfermenti è capace di influenzare l’equilibrio del microbioma, stimolando la moltiplicazione dei batteri buoni e migliorando l’efficienza del sistema immunitario. Diversi studi hanno dimostrato che lo yogurt probiotico è utile per curare diarrea, stitichezza, gonfiore e crampi addominali.

- Orzo

I suoi chicchi forniscono quantità elevate di betaglucano, una fibra definita prebiotica perché favorisce la crescita dei batteri intestinali buoni. Questa sostanza, inoltre, lega il colesterolo cattivo e gli zuccheri presenti nel tubo digerente impedendone l’assorbimento e il passaggio nel sangue.

- Uova

Sono un’ottima fonte di proteine e contengono tante vitamine e minerali. Uno sodo fornisce 70 calorie, la metà di quelle presenti in una porzione di cereali e 1/4 di quelle di una brioche con marmellata. Le uova fanno bene al microbioma perché non hanno zuccheri (il cibo preferito dai batteri cattivi dell’intestino).

- Curcuma

In questa radice sono presenti almeno 200 sostanze diverse, ma quella che, secondo gli scienziati, riveste un interesse particolare, è la curcumina: ha potenti proprietà antiossidanti e antinfiammatorie; inibisce la crescita dei batteri cattivi, di parassiti e funghi patogeni, e protegge direttamente le pareti intestinali.


I TRE CIBI CHE ALTERANO LA FLORA BATTERICA

Se vuoi avere un microbioma sano e diversificato devi non solo cercare di mangiare certi cibi (frutta e verdura, cereali integrali, legumi), ma anche ridurre o, ancora meglio, evitare il consumo di altri. Ecco quali.

- Zucchero

Crea dipendenza, fa impennare l’insulina, favorisce l’obesità e il diabete. In più lo zucchero nutre i batteri cattivi presenti nell’intestino, squilibrando il microbioma.

- Hamburger e patatine

Come tutti gli alimenti “processati”, ricchi di emulsionanti, grassi e/o zuccheri, incoraggiano la crescita di batteri che attaccano la mucosa intestinale, infiammandola.

- Dolcificanti artificiali

Oltre a influenzare il cervello agiscono anche sui batteri intestinali causando la crescita di quelli cattivi, che secernono sostanze infiammatorie e favoriscono obesità e diabete.


Sfoglia la gallery e scopri le due fasi della dieta per il microbioma proposta da Mosley.

FASE 1: ESCLUSIONE

La dieta è stata elaborata da Tanya Borowski, nutrizionista membro della British Association for Applied Nutrition and Nutritional Therapy, e dalla dottoressa Clare Bailey, medico di famiglia. Potresti avere bisogno di almeno quattro settimane di Esclusione e Riparazione per dare al tuo intestino la possibilità di tornare in salute.


CIBI DA EVITARE

Glutine e cereali raffinati.

Latte e derivati, in particolare il latte, che ha il maggior contenuto di lattosio, tutti i prodotti latto-caseari.

Legumi. Contengono lectine, che possono causare gonfiore (reintroducili dopo due settimane, poiché sono una buona fonte di proteine).

Alcol.

Verdure molto ricche di fibra, come broccoli e cavolo nero e riccio, fagiolini, piselli e brassicaceae come cavolo e cavoletti di Bruxelles. Tendono tutti a risultare più digeribili se cotti lentamente. All’inizio riduci gli alimenti altamente prebiotici come cipolle, aglio e porro. Possono essere reintrodotti nella seconda fase.

CIBI DA CONSUMARE IN GRANDI QUANTITÀ

Alimenti di origine vegetale non fibrosi. Almeno metà del tuo piatto dovrebbe contenere verdura, erbe aromatiche e frutta. L’alimentazione quotidiana deve essere composta da almeno sette porzioni di verdura e frutta, con una prevalenza della prima.

Proteine di buona qualità, necessarie per riparare le pareti dell’intestino. Dovresti assumerne 45-60 g al giorno. Scegli pesce grasso, uova, pollo, carne rossa alimentata con foraggio, soia, frutta a guscio, tofu, tempeh.

Insalate a foglia amara condite con aceto o limone.

Cibi ricchi di polifenoli: erbe aromatiche, spezie, frutta a guscio, semi oleosi, frutta e bacche, tè e cioccolato nero.

Fitonutrienti, come quelli presenti negli ortaggi non ricchi di amido e nella frutta di diversi colori; limita invece i frutti tropicali, il melone e l’uva, visto il loro alto contenuto di zuccheri.

Grassi vegetali come olio di oliva, olio di cocco, avocado, frutta a guscio e semi oleosi.

FASE 2: REINTRODUZIONE

Attraversata la fase di Esclusione e Riparazione, e una volta che avrai cominciato a sentirti meglio, puoi iniziare a inserire nuovi cibi e a reintrodurre quelli che avevi eliminato.

Riprendi a mangiare i cibi uno alla volta con un intervallo di almeno 72 ore tra l’uno e l’altro. Lo scopo è cercare di individuare quelli che ti danno problemi. Mangia una porzione normale dell’alimento “sospetto”. Se, dopo averlo reintrodotto, i disturbi si ripresentano, in genere nell’arco di pochi giorni, lasciali perdere. Quando avrai ricominciato a stare bene, prova a inserire un altro alimento tra quelli esclusi. Fallo seguendo queste indicazioni.

Latte e derivati: inizia reintroducendo yogurt intero con fermenti lattici vivi, poi formaggi e burro e infine il latte.

Frumento/glutine: parti con cereali a relativamente basso contenuto di glutine come orzo e farro. In genere il pane a lievitazione naturale è più digeribile. Introduci quindi gli alimenti contenenti frumento, sempre dopo aver lasciato trascorrere qualche giorno.

Alcol con moderazione, e sempre insieme al cibo. Preferisci, se possibile, il vino rosso.

PUOI ANCHE INIZIARE A POTENZIARE I TUOI BATTERI BUONI ASSUMENDO PIÙ PREBIOTICI E PROBIOTICI

Ecco i cibi che nutrono i batteri buoni:

• Topinambur, cipolla, porro, aglio, cicoria, cavolo cinese.

Legumi. Possono essere reintrodotti dopo due settimane, ma gradualmente.

Verdure fermentate, come i crauti.

Yogurt con fermenti lattici vivi; kefir.

Formaggi, in particolare quelli “puzzolenti”, che sono più ricchi di batteri.


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Articolo pubblicato sul n. 24 di Starbene in edicola dal 29/05/2018

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