Problemi di udito: come risolverli

A prescindere dall’età, un deficit uditivo crea disagio e porta a chiudersi sempre più in se stessi. Ecco le nuove cure

di Audika


Basta un lieve calo dell’udito per ritrovarsi confinati in una bolla di isolamento. Percependo male suoni e parole,
si perdono le sfumature della vita e ci si ritrova a chiudersi sempre più in se stessi.

Un disagio che non interessa solo gli anziani, che soffrono di “presbiacusia” (la degenerazione della catena di trasmissione dei suoni legata all’età). Anche molti adulti e bambini, per diverse ragioni, possono presentare una lieve “ipoacusia” che impedisce loro di percepire istintamente il parlato, la musica o i rumori della quotidianità come un annuncio o un tram che sta arrivando.

Ecco perché è importante intercettare sul nascere i deficit uditivi, fare un’accurata diagnosi e porvi rimedio con l’ausilio delle più moderne tecnologie. Scopri cosa fare, step by step.


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DA COSA DIPENDONO I DEFICIT UDITIVI NEI BAMBINI?

«I bambini possono presentare delle cause congenite, per malformazioni anatomiche (fortunatamente rare) o per aver riportato danni all’orecchio in seguito a infezioni contratte dalla mamma in gravidanza.

La più insidiosa di tutte? Quella da citomegalovirus», premette il professor Umberto Ambrosetti, docente di audiologia e foniatria all’università di Milano.


NEGLI ADULTI, INVECE, QUALI SONO LE CAUSE PIÙ FREQUENTI DI UN CALO DELL'UDITO?

«I traumi “acustici” dovuti a un evento acuto e improvviso (come lo scoppio di un “botto” di capodanno che può superare la soglia di 120 decibel) o causati da un’esposizione continua e prolungata a un ambiente rumoroso, come succede a chi lavora in discoteca, in mezzo al traffico o usa spesso il trapano o la sega elettrica esponendo le orecchie a rumori superiori agli 85 decibel», spiega l’esperto

È VERO CHE CHI FA SUB È PIÙ A RISCHIO DI SORDITÀ?

«I sub inesperti possono riportare traumi “barometrici”: non effettuando correttamente le tecniche di compensazione tra la pressione esterna e interna all’orecchio, possono incorrere in danni e deficit uditivi anche gravi», dice il professor Ambrosetti 


ANCHE LE OTITE POSSONO PROVOCARE DANNI PERMANENTI?

«I deficit dovuti a otiti medie croniche o recidivanti, per lo più di origine batterica, che provocano una perforazione del timpano sono più frequenti di quel che si creda», prosegue il professor Umberto Ambrosetti.

«Spesso la membrana timpanica si riforma, ma a volte cicatrizza male o non si ricostituisce completamente portando a un calo uditivo monolaterale o bilaterale».

A CHE ETÀ INIZIA A MANIFESTARSI IL CALO "FISIOLOGICO”?

«In genere dopo i 65 anni ma può comparire anche prima o molto dopo, in base a varianti genetiche determinanti. Geni a parte, lo stile di vita incide sulla precoce o ritardata insorgenza della presbioacusia», puntualizza l’audiologo.

«Sotto accusa fumo, alcolici, alimentazione disordinata, presenza di diabete, ipertensione e ipercolesterolemia, uso massiccio di antibiotici come gli amminoglicosidi, di diuretici o di antinfiammatori nonché l’esposizione costante a un ambiente rumoroso che provoca danni da accumulo».


CHE ESAMI BIOSGNA FARE PER CONTROLLARE SE SI SENTE BENE?

«Si deve effettuare un esame audiometrico completo, che prevede due valutazioni: di tipo quantitativo (test tonale), e qualitativo (test vocale)», spiega il dottor Luca Del Bo, specialista in bioingegneria e presidente della fondazione non profit Ascolta e Vivi che si occupa di ricerca in campo audiologico.

È SUFFICIENTE IL TEST AUDIOMETRICO PER LA DIAGNOSI?

«A discrezione dell’audiologo, se c’è un deficit importante, può essere integrato con indagini più approfondite, come l’esame impedenziometrico e lo studio delle otoemissioni, che valutano la funzionalità dell’orecchio medio e interno con un sondino sonoro inserito nel condotto uditivo.

Completano il quadro i potenziali evocati acustici, che registrano l’attività elettrica delle vie nervose di trasmissione dei suoni, dall’orecchio al cervello. Ne risulta una classificazione del deficit uditivo che va da 0 a -120 decibel, in caso di sordità completa», precisa il dottor Del Bo.


COME SI CURA L'IPOCUSIA?

«Quando è dovuta a un danno a livello dell’orecchio medio,  come succede in genere in caso di traumi barometrici o
otiti ricorrenti, si può giocare la carta dell’intervento chirurgico (la cosiddetta timpanoplastica) che ricostruisce la membrana timpanica e, se necessario, sostituisce la catena di incudine, staffa e martello con tre ossicini artificiali in modo da ripristinare l’originaria anatomia dell’orecchio», risponde il professor Ambrosetti.

QUANDO BISOGNA RICORRERE ALLE PROTESI ACUSTICHE?

«Quando il danno non è limitato all’orecchio medio ma interessa anche quello interno, perché risultano lese le
cellule ciliate presenti all’interno della coclea. In questo caso vengono prescritte delle protesi acustiche di ultima generazione che riproducono le condizioni di ascolto fisiologiche di un orecchio sano».

Le più innovative sono degli apparecchi miniaturizzati, invisibili all’esterno, che celano al loro interno una specie di radar in grado di eseguire ben 500 scansioni al secondo dell’ambiente sonoro in cui si è immersi.

Direzionali, focalizzano l’attenzione su chi sta parlando (frontalmente, a destra, a sinistra o da dietro) in modo da concentrare l’attenzione solo sulle parole, attutendo i rumori di fondo», precisa il dottor Luca Del Bo. «Se invece si è a un concerto verrà assicurato un tipo di ascolto a 360°, mentre per la visione di un film verrà privilegiato l’ascolto frontale attutendo eventuali bisbigli provenienti da spettatori seduti dietro».

L’ultimo modello di protesi acustica immesso sul mercato è persino connesso all’iPhone in modo che le parole dell’interlocutore giungano direttamente all’orecchio, senza filtri. E con una spesa minima (circa 200 euro) è possibile
applicare al proprio televisore una specie di transistor che trasmette i suoni direttamente all’apparecchio.


QUANTO COSTANO GLI APPARECCHI?

«Per i minori e in caso di gravi ipoacusie, riconosciute come causa di invalidità permanente, vengono “passati”
dal SSN. Negli altri i casi i costi vanno dai 3500 ai 5000 euro alla coppia», conclude il dottor Luca Del Bo.

SE SENTI FISCHI E RONZII

La presenza di suoni disturbanti (come sibili, fischi e fruscii) percepiti dall’orecchio non è necessariamente associata all’ipoacusia. Nel 60% dei casi, però, gli acufeni (questo è il loro termine scientifico) sono la conseguenza di un calo dell’udito non diagnosticato.

«Possono insorgere improvvisamente e senza una ragione apparente in seguito a un periodo di forte stress, un lutto, una separazione o uno choc emotivo», spiega Umberto Ambrosetti. «E anche se le ragioni sono ancora in parte sconosciute, sono dovuti a un abbassamento del “sistema di filtraggio” del cervello che lascia passare dei suoni interni al nostro organismo normalmente non percepiti.

E accade spesso che l’attenzione si concentri ossessivamente sugli acufeni, vissuti come un disturbo invalidante, specie se si presentano giorno e notte».

>LA SOLUZIONE? Qualora siano associati a un calo dell’udito, è importante correggere il difetto con delle protesi acustiche che permettono al paziente di sentire bene. Invece, nei momenti di silenzio (ad esempio, prima di addormentarsi) o in assenza di ipoacusia, verrà inviata una sequenza di “rumori bianchi” secondo i principi della Trt (Tinnitus Retraining Therapy).

Di che cosa si tratta? «Lo scopo della Trt non è tanto quello di coprire un suono fastidioso con un altro più gradevole, quanto quello di distogliere l’attenzione della mente dall’acufene, allenandola a non percepirlo più», precisa il dottor Ambrosetti.

«Lasciandosi cullare da suoni naturali, come lo sciabordìo delle onde, il sibilo del vento, i l fruscio delle foglie o il suono di un ruscello, la mente si disabitua ad ascoltare gli acufeni, con un training che può durare alcuni mesi o anche anni. Finché il fastidioso fenomeno si attutisce o non passa da solo».

Sponsorizzato da Audika

Articolo pubblicato sul n.51 di Starbene in edicola dal 06/12/2016

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