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Termoablazione: il calore che brucia i tumori

Meno invasiva della chirurgia tradizionale, la termoablazione a microonde permette di trattare tumori di piccole dimensioni. Gli esperti ci spiegano in che cosa consiste e per quali casi è indicata

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di Stefania Lupi


Elimina i tumori di piccole dimensioni senza la chirurgia. Tecnica ormai collaudata, la termoablazione a radiofrequenza è un trattamento che permette di “bruciare” le cellule malate (la punta di un ago incandescente rilascia energia e le colpisce).

La versione aggiornata è più precisa ed efficace, perché si basa sulle microonde. Rispetto ai vecchi strumenti a radiofrequenza, consente una maggiore propagazione del calore: va a colpire, infatti, una superficie di 4-5 centimetri quadrati, contro i 2,5 -3 che si potevano raggiungere in passato.

In Italia ogni anno vengono eseguiti 7-8 mila interventi con la termoablazione, il 70% dei quali riguarda il fegato, seguiti da polmone e rene. La termoablazione viene effettuata anche sui tumori “benigni”, sopratutto della tiroide e dell’utero. I Centri che nel nostro Paese effettuano il trattamento sono circa 100.


COME FUNZIONA LA TECNICA

«Le microonde sono onde elettromagnetiche prodotte da un generatore che, attraverso un cavo, raggiungono una sorta di "antenna" inserita nel tumore, dove provocano un’elevata produzione di calore, che distrugge le cellule tumorali», spiega Gianpaolo Carrafiello, professore ordinario di Diagnostica per immagini, radioterapia e neuroradiologia dell’Università degli Studi di Milano.

Si agisce localmente, dopo una moderata sedazione, con un’incisione di pochi centimetri, delimitando e colpendo solo l’area interessata. L’intensità di calore e la durata dell’intervento sono, infatti, misurate in base alla grandezza del tumore da distruggere.

«I benefici della termoablazione», sostiene Sandro Barni, direttore del Dipartimento oncologico dell’ASST Bergamo ovest-Treviglio «riguardano prevalentemente il fatto che si tratta di una tecnica meno invasiva della chirurgia tradizionale, più rapida, meno dolorosa, si può ripetere in caso di ricadute, riduce le giornate di degenza (al massimo due)».

«La termoablazione – aggiunge Sandro Barni, - è comunque riservata a casi specifici. Infatti, ha indicazioni ben precise, come il volume del tumore (che non deve superare i 5 centimetri), il numero e la localizzazione delle lesioni tumorali. Per questo motivo occorre una visita specialistica da parte dell’équipe composta dall’oncologo, dal chirurgo e dal radiologo interventista».


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