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Sole e vitamina D, quando usare la crema solare

Alcuni studi scientifici evidenziano i rischi di una scarsa esposizione ai raggi Uv. Scopri i vantaggi per la salute

credits: iStock



di Mariateresa Truncellito

Si moltiplicano gli studi che sottolineano i rischi di una esposizione insufficiente ai raggi solari. Al punto che autorevoli specialisti hanno puntato il dito contro un fenomeno che sembra dilagare: finiti i tempi dell’abbronzatura selvaggia pare essersi aperta l’era della protezione ossessiva dagli Uv. Ma come comportarsi allora?


Perché non bisogna bandirlo

I vantaggi di una esposizione moderata al sole sono tanti. «Si parte da una ricerca (pubblicata su Journal of Internal Medicine) che ha coinvolto circa 30mila donne svedesi tra i 25 e i 64 anni», riferisce Giampiero Girolomoni, direttore della clinica dermatologica all’ospedale di Verona e presidente della Società italiana di dermatologia. 

«Le donne che si espongono al sole hanno un rischio minore di infarto e ictus e vivono fino a due anni in più grazie a una maggiore produzione di vitamina D, un vero e proprio ormone sintetizzato dalla pelle quando è sotto i raggi del sole. Oltre al ruolo principale nella mineralizzazione dell’osso, questa sostanza è benefica sul sistema cardiocircolatorio, regola le risposte immunitarie, protegge dalle infezioni. Non finisce qui: al sole le cellule della pelle producono anche beta endorfine, responsabili del senso di piacere, e ossido nitrico che abbassa la pressione».

L’esposizione alla luce solare aumenta anche la fertilità, secondo uno studio austriaco della Medical University di Graz, pubblicato sull’European Journal of Endocrinology: nelle donne, la vitamina D contribuisce a incrementare i livelli di progesterone ed estrogeno rispettivamente del 13e del 21% regolando i cicli mestruali, e nei maschi quelli di testosterone e di spermatozoi che, non a caso, raggiungono un picco ad agosto.


Perché gli SPF elevato servono

I filtri solari, che riducono l’assorbimento dei raggi Uvb e Uva, fanno diminuire anche la produzione di vitamina D fino al 97 %. «Però, non si può abbassare la guardia», ribatte Giuseppe Palmieri, presidente Imi-Intergruppo melanoma italiano e responsabile Unità di genetica dei tumori, Istituto di chimica biomolecolare ICB-CNR Sassari.

«Proteggersi dal sole è necessario a qualsiasi età, soprattutto contro il rischio di melanoma, il più aggressivo tumore della pelle. La sua incidenza è più che raddoppiata negli ultimi 30 anni: in Italia sono oltre 100mila le persone colpite e 13mila i nuovi casi ogni anno, in particolatre tra i 20-30enni». E, poi, l’abbronzatura “senza schermo” non serve alla causa della vitamina D (leggi qui di seguito).

Spiega il dottor Girolomoni: «Per farne il pieno bastano 30 minuti di esposizione di braccia, gambe e viso: per esempio mangiando all’aperto, leggendo sul balcone, passeggiando in un parco, almeno un paio di volte alla settimana e senza protezione solare. Però, in spiaggia, soprattutto chi ha la carnagione chiara e si scotta facilme te deve continuare a usare creme protettive adeguate, con fattore superiore a 30, meglio se 50».


La tintarella fa da schermo 

La Società italiana dell’osteoporosi, del metabolismo minerale e delle malattie dello scheletro e la Fondazione internazionale di osteoporosi dicono che il 70% della popolazione italiana soffre di carenza di vitamina D. Che non si risolve però rosolandosi al sole.

Se è vero che i raggi ne stimolano la sintesi, è anche vero che tanto più ci si abbronza, tanto più ci si dovrà esporre per produrre la stessa quantità di vitamina D. Infatti la melanina, che determina il colore scuro, agisce da schermo e assorbe i raggi ultravioletti necessari per far scattare i processi che portano alla produzione di questa sostanza.


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Articolo pubblicato sul n. 29 di Starbene in edicola dal 4/7/2017



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