Perdite: come fermarle

Quando la vescica non funziona bene, è meglio rivolgersi a uno specialista. Con la cura adatta si recupera una buona funzionalità



Corse-sprint alla toilette con il rischio di non arrivare in tempo? O piccole (e incontrollabili) perdite di urina ogni volta che ridi, starnutisci o sollevi i sacchetti della spesa? Se con il passare del tempo la tua vescica è andata fuori controllo, non nasconderti dietro una cortina di imbarazzo. Rompi il muro del silenzio e fissa un appuntamento con l’urologo o il ginecologo, in grado di scoprire le origini del disturbo e di prescriverti la cura più adatta al caso tuo.

Del resto, non sei la sola ad avere questo disturbo. Secondo recenti stime della Fondazione Italiana Continenza, il 13% della popolazione femminile soffre, saltuariamente o in maniera cronica, di incontinenza urinaria. Soprattutto nella cosiddetta forma “da sforzo”, che si manifesta quando aumenta la pressione intraddominale. Ecco come arrestare le perdite e recuperare una buona funzionalità della vescica.


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Gli esami da fare

>Il primo passo per una diagnosi corretta è una visita urologica che evidenzi l’eventuale presenza di un prolasso dell’utero, del retto o della vescica. «Inutile prescrivere farmaci per l’incontinenza senza prima escludere un problema anatomico e cioè lo slittamento di questi organi interni dalla loro sede naturale», spiega Vincenzo Mirone, ordinario di urologia all’Università Federico II di Napoli. 

>«Completano la visita l’ecografia transvaginale e la prescrizione dell’urinocoltura, l’esame microbiologico delle urine teso a escludere che i disturbi siano dovuti a un’infezione, anche asintomatica.

>Per avere un quadro completo, l’urologo prescrive anche l’esame urodinamico, che prevede l’inserimento di un sondino nel retto e di un cateterino nella vescica. Viene eseguito in ambulatorio in anestesia locale e consente di valutare la “tenuta idraulica” del basso tratto urinario. In particolare, viene testata la capacità della vescica di contrarsi e dilatarsi nel momento in cui si riempie e si svuota, e il flusso di pressioni interne all’uretra (il canalino che trasporta la pipì)». Solo in rari casi viene prescritta anche la cistoscopia, l’esame endoscopico che, grazie a una minisonda a fibre ottiche flessibile, permette di esplorare le pareti della vescica, il collo vescicale, l’uretra e i meati uretrali.

Se compare dopo il parto

A volte l’incontinenza è un problema transitorio che si verifica nel delicato periodo post-partum, specie se la mamma ha avuto una fase espulsiva lunga. Dovuta a un cedimento del tono muscolare pelvico, si combatte senza farmaci, con sedute di fisioterapia eseguite, spesso, dalle stesse ostetriche.

«Per aumentare l’efficacia degli esercizi di contrazione e rilassamento (la cosiddetta ginnastica di Kegel) si utilizza il biofeeback, una tecnica di “apprendimento funzionale” che si avvale di una strumentazione computerizzata», spiega il professor Mirone. «Per mezzo di una sonda vaginale, la donna capisce se i suoi muscoli stanno lavorando bene dai segnali visivi e sonori emessi in base alla loro forza e capacità di resistenza. Fatto che consente di rafforzare la contrattilità di quel mosaico di muscoletti, tra cui l’elevatore dell’ano, che consente un buon controllo della vescica».

Se ne soffri in menopausa

Il bisogno di correre spesso alla toilette è un problema frequente soprattutto dopo i 55 anni, per le modificazioni ormonali indotte dalla post-menopausa. In questo caso si prescrivono gli antimuscarinci. Si tratta di una classe di farmaci sintomatici, che non risolvono il problema alla radice e vanno presi tutti i giorni, secondo lo schema di una terapia cronica.

«Agendo sui recettori alfa-adrenergici, responsabili della vescica ipercontratta, consentono una maggiore distensione delle vie del basso tratto urinario», prosegue Mirone. In questo modo la donna non avverte uno stimolo irrefrenabile alla minima sollecitazione, come uno sforzo fisico o una pedalata in bicicletta.

L’alternativa alla compressa quotidiana di antimuscarinico? La tossina botulinica. La stessa che viene usata per spianare le rughe e che trova sempre nuovi campi di applicazione. «Per contrastare la vescica iperattiva si inibisce il detrusore, quel muscoletto che ne regola i movimenti. A questo scopo si iniettano microdosi di tossina botulinica di tipo A», spiega il professor Pietro Saccucci, primario di ginecologia presso l’ospedale San Filippo Neri di Roma.

L’iniezione è rapida, indolore e mira a paralizzare le vie di trasmissione nervosa che consentono al detrusore di contrarsi. In questo modo si indebolisce e lo stimolo diventa meno impellente». L’unico neo del botulino (si esegue con il SSN), è che il suo effetto svanisce dopo 5-6 mesi. Poi va ripetuto.

Se dipende da un prolasso

Dopo i 60 anni (ma anche prima se si hanno molti figli o se si è praticato ciclismo) può essere necessario un intervento chirurgico per correggere il prolasso della vescica. «L’intervento, a carico del sistema sanitario, si chiama TOT (Trans-Obturator- Tape), si esegue in anestesia spinale e prevede una notte di degenza», spiega Vincenzo Mirone. «Consiste nell’inserire una banderella in silicone sotto l’uretra in modo da creare una sospensione ed evitare che scivoli verso il basso. Così si corregge l’angolo uretro-vescicale e gli organi vengono riportati in una posizione fisiologica.

Se è associato anche un prolasso del retto (rettocele), si esegue in contemporanea anche una plastica: si raddoppia il muscolo perineale del retto, così da creare una banda che rinforzi il tono muscolare». E se c’è un prolasso dell’utero? In questo caso è necessaria l’asportazione chirurgica dell’organo riproduttivo.

Quando a monte c’è un’infezione

«Capita spesso che l’urinocoltura evidenzi delle infezioni anche se non si soffre dei sintomi tipici della cistite, come pesantezza al basso ventre o bruciore a urinare», prosegue Mirone. «Sono forme subdole, dovute a una colonizzazione del tratto genito-urinario da parte dei batteri Coliformi presenti nell’intestino (come l’Escherichia Coli), frequente in chi soffre di stipsi o di colon irritabile. In questo caso, occorre debellare l’infezione con 1-2 settimane di antibiotici, associando dei probiotici (capsule, bustine o fiale di Lactobacilli), da assumere per 3 mesi per riequilibrare la flora intestinale.

L’antiage per le zone intime

La carenza di estrogeni tipica del periodo della menopausa comporta sia un’atrofia delle mucose genito-urinarie sia una perdita di tono del pavimento pelvico. La dottoressa Paola Eid, ginecologa e omeopata, direttore del Centro Meid di Milano, ti svela 3 rimedi naturali per mantenere giovani le parti intime e tenere alla larga l’incontinenza.

SÌ A UN “BAGNO DI IDRATAZIONE”
«La prima mossa consiste nello spalmare su tutta la parte anteriore della vagina, un gel a base di acido ialuronico puro, ad alto peso molecolare”, spiega Eid. «Combatte la secchezza e migliora l’idratazione e l’elasticità dei tessuti della zona genitale».

OK AGLI ORMONI BIOIDENTICI
Di origine esclusivamente vegetale (soia e trifoglio rosso), i biormoni vengono prescritti dal ginecologo in formulazioni galeniche, a una concentrazione differente in base al grado di atrofia. «In crema o gel, si applicano tutte le sere nelle parti intime per riequilibrare il pH e l’ecosistema vaginale, aiutando a prevenire le infezioni del tratto urinario», precisa la dottoressa Eid.

3 FAI LA GINNASTICA CON I CONI
Semplice e“discreta” (puoi farla mentre cammini o lavori al computer) la “gym” per le parti intime prevede l’inserimento in vagina di piccoli coni, muniti di cordoncino. «Ogni confezione, venduta in farmacia, prevede 5 coni di peso crescente, dai 20 ai 70 g», dice l’esperta. Usati un’ora al giorno, riabilitano il pavimento pelvico

Articolo pubblicato sul n. 38 di Starbene in edicola dall'08/09/2015

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