Terapie farmacologiche e osteoporosi

Anche i farmaci possono determinare perdita di osso e non solo nel post menopausa



L’osteoporosi non è solo un fenomeno comune nelle donne in post menopausa, ma può essere anche una conseguenza dell’assunzione di terapie farmacologiche volte a controllare patologie ben precise: si parla di “osteoporosi secondaria” quando la condizione è determinata dall’assunzione di farmaci quali cortisonici, immunosoppressori, diuretici, anticoagulanti e persino farmaci assunti per regolarizzare la funzionalità tiroidea.


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Tra i farmaci che possono indurre osteoporosi, proprio come succede in menopausa, sicuramente vi sono i cortisonici, molecole utilizzatissime per tenere a bada condizioni come le malattie reumatiche, l’artrite reumatoide, l’asma, le allergie, il morbo di Chron: i cortisonici infatti ostacolano il normale metabolismo delle cellule ossee e, attraverso meccanismi diversi, ne determinano contemporaneamente la progressiva distruzione.

Una terapia cortisonica seguita per un periodo di 6-12 mesi può determinare una riduzione di massa ossea fino al 15%, se la terapia continua oltre l’anno la perdita rallenta, ma si mantiene comunque un trend negativo. Il 30-50% dei pazienti in terapia cronica con cortisonici sperimentano fratture asintomatiche.

L’assunzione quotidiana di una dose compresa fra i 2,5 e i 7,5 mg di prednisolone (uno dei cortisonici più prescritti) aumenta il rischio frattura di circa due volte e mezzo.

Questo stesso problema interessa poi le ciclosporine, usate nei pazienti trapiantati, il metrotessato (un’altra molecola ampiamente utilizzata per la cura delle malattie reumatiche) e le eparine, ovvero i farmaci usati per la coagulazione e la fibrillazione atriale che, nella forma ad alto peso molecolare, possono indurre demineralizzazione ossea.

Meno note, ma altrettanto pericolose sembrano le riduzioni di massa ossea indotte dall’uso continuativo della tiroxina in caso di ipotiroidismo, in particolare quando l’ormone sostitutivo, a seguito di asportazione della ghiandola, è utilizzato ad alto dosaggio nelle donne in menopausa e nei maschi anziani.

L’uso ad alto dosaggio del farmaco può determinare un significativo aumento nella probabilità di fratture soprattutto a livello vertebrale.

Un ultimo avvertimento riguardo all’osteoporosi secondaria lo fornisce il dottor Gherado Mazziotti, segretario del Gruppo di Studio su Glucocorticoidi e osso e sull’ Endocrinologia dello Scheletro (Gioseg): «una menzione particolare meritano gli inibitori di pompa protonica, farmaci ampiamente utilizzati (e spesso abusati) per il trattamento delle patologie gastro-esofagee. Questi farmaci, sia con un meccanismo diretto sulle cellule ossee che indirettamente attraverso un malassorbimento di calcio, possono causare fragilità scheletrica con aumento del rischio di fratture».

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