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Dolore cronico: tutte le novità

Grazie a recenti scoperte, si può intervenire con terapie sempre più mirate sulle cause. Ecco quali

credits: iStock



di Valentino Maimone

Nel sistema nervoso ci sono cellule immunitarie capaci di mantenere in memoria il dolore provato in seguito a traumi, lesioni o infiammazioni persistenti. E il “ricordo” resta impresso nel Dna di queste cellule per sempre, anche quando la causa che l’ha scatenata non c’è più. È per questo che la sofferenza si cronicizza. Lo ha da poco scoperto Franziska Denk, ricercatrice del King’s College di Londra. Si apre ora la possibilità di intervenire sul dolore cronico attraverso terapie sempre più mirate, in grado di agire sulle cause.

Il problema riguarda un quarto degli italiani e il 50% tra gli over 70. Per fronteggiarlo il nostro Paese si è dotato di una legge (n. 38/2010) considerata in Europa e nel mondo come un modello di eccellenza: un norma che stabilisce per il paziente il diritto di accesso alla terapia del dolore e alle cure palliative, ma che a 6 anni dalla sua entrata in vigore incontra ancora molte difficoltà.

«Ogni anno si perdono 40 milioni di giornate lavorative per dolore cronico benigno (cioè non da cancro), eppure circa il 60% dei medici italiani ignora ancora l’esistenza di una legge ad hoc», sottolinea il professor Guido Fanelli, ordinario di Anestesia e rianimazione dell’ospedale di Parma ed estensore tecnico della norma. 

A farne le spese, i pazienti: secondo la recente indagine Pain in Italy, realizzata da Movimento consumatori e Centro studi Mundipharma, circa il 40% delle persone affette da dolore cronico non è soddisfatto delle cure prescritte dal medico di medicina generale prima e dallo specialista poi.


La legge non decolla anche per un altro motivo: «La rete di strutture previste è a macchia di leopardo sul territorio poiché serve un controllo continuo dell’appropriatezza delle prestazioni erogate e della qualità delle cure», precisa Gennaio Savoia, direttore di Anestesia e rianimazione presso l’ospedale Cardarelli di Napoli. «E ciò accade soprattutto in alcune forme di dolore cronico, quelle che vanno seguite e valutate per 10-20 anni e oltre».

La soluzione?«Bisogna insistere con le campagne di comunicazione e informazione, sia verso i medici sia verso i cittadini. Far capire che quando il dolore non è più un sintomo, ma una malattia a sé, ci sono strutture specifiche cui rivolgersi che garantiscono un’assistenza specifica a livello nazionale», sottolinea Fanelli.

A CHI RIVOLGERSI
➔La legge 38 prevede la creazione di una rete di assistenza su tutto il territorio nazionale. Le strutture più importanti sono i centri Hub.
➔«In Italia al momento ce ne sono 16 attivi: Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Lazio e Campania sono a norma; tra le altre Regioni, alcune non hanno ancora deliberato l’istituzione dei Centri e in altre il provvedimento è scaduto», dice il professor Guido Fanelli.
➔Per l’elenco completo dei centri di terapia del dolore, digita questo indirizzo: www.salute.gov.it/portale/temi/p2_4.jsp?lingua=italiano&area =curePalliativeTerapiaDolore


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Articolo pubblicato sul n.25 di Starbene in edicola dal 07/06/2016

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