Meningite: le cose da sapere

In Italia c’è un clima generale di paura, dubbi e pregiudizi attorno a questa malattia. Ecco il parere degli esperti



di Cinzia Testa

Una virtuale secchiata di acqua fredda: a lanciarla è stato il ministero della Salute, per cercare di raffreddare il clima esageratamente
surriscaldato. La ragione? La meningite. Perché dai primi casi in Toscana, più o meno un anno fa, a oggi, è man mano dilagato un mix di preconcetti, di timori, di sospetti, di dubbi infondati, che poco hanno a che fare con la realtà della malattia.

«Non si può negare l’esistenza della meningite, certo», spiega Pierangelo Clerici, presidente dell’Amcli, l’associazione che riunisce i microbiologi italiani e Direttore della microbiologia dell’ Azienda socio sanitaria territoriale Milano Ovest.

«Ma i dati, seppure dolorosi, non sono quelli di un’epidemia. È sufficiente leggere i numeri relativi ai decessi per il meningocco di tipo C, quello che è dilagato soprattutto in Toscana: negli ultimi quattro anni sono stati 36»

. Ma quante sono le forme di meningite? E chi deve fare la vaccinazione? E ancora, cosa c’è di vero sulle vie di trasmissione? Ecco cosa ci hanno spiegato i nostri esperti. 


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CI SONO ANCHE FORME NON AGGRESSIVE

«Ci sono due tipi di meningiti, quelle batteriche e quelle asettiche», continua il dottor Clerici. «Le meningiti asettiche sono sostenute da virus e alcuni particolari batteri e di norma non hanno conseguenze gravi.

Ben diverso è il discorso per le batteriche, più rare, ma più aggressive. La “famiglia” più importante è quella del meningococco e sono fondamentalmente le forme contrassegnate dalle lettere dell’alfabeto A, B, C, Y e W135.

Rientrano invece in altre due “famiglie l’Haemophilus influenzae di tipo B e lo pneumococco».

I SINTOMI SONO SEMPRE GLI STESSI

«Alla base si tratta di una grave infiammazione della meninge, cioè del rivestimento del sistema nervoso centrale, collocato nel cervello e nel midollo», chiarisce il dottor Clerici.

«Che provoca la cosiddetta triade di sintomi: febbre oltre i 39 °C nell’arco di pochi minuti, mal di testa insopportabile, rigidità alla nuca e al collo. Sono sintomi inconfondibili e presenti a tutte le età. In questi casi non bisogna perdere tempo, ma correre subito al pronto soccorso».

NON C’ENTRA L’IMMIGRAZIONE

Che i responsabili “dell’epidemia” siano gli immigrati è la bufala più recente. «Da sempre in Europa è più presente la meningite sostenuta dai ceppi batterici B e C», sottolinea il dottor Clerici.

«Mentre in Africa sono attivi ceppi W135 e l’Y, che sono endemici e circoscritti in particolare alla zona subsahariana.

In Italia non ci sono state variazioni nell’incidenza della malattia negli ultimi anni in seguito ai flussi migratori. Lo dimostrano i dati del Sistema di sorveglianza nazionale dell’Istituto superiore di sanità attivo dal 1994».

I VACCINI NON MANCANO

Code interminabili davanti alle Asl, scorte esaurite, tempi di attesa di qualche mese per la vaccinazione. Tutte notizie non aderenti alla realtà. «I vaccini ci sono e non viene penalizzato nessuno», spiega Fabrizio Pregliasco, virologo dell’università degli studi di Milano e direttore sanitario dell’Istituto Galeazzi di Milano.

«È comunque sempre meglio parlarne col proprio medico di famiglia per capire se è il caso o meno di sottoporsi al vaccino. In linea generale, le vaccinazioni contro  l’Haemophilus influenzae B, il meningococco B e il meningococco C sonoindicati soprattutto per i bambini e gli  adolescenti tra i 14 e i 25 anni. Mentre quella contro lo pneumococco è consigliata soprattutto per bambini e anziani.

Esiste anche un vaccino quadrivalente che copre contro il meningococco dei tipi A, C, Y e W135, ma è raccomandato solo ai viaggiatori che vanno in alcune zone dell’Africa sub-sahariana e agli studenti che si trasferiscono in un campus universitario anglosassone o statunitense, dove questa vaccinazione è obbligatoria».

IL VACCINO È EFFICACE

Ha fatto scalpore il caso del bambino ricoverato a Firenze per meningite C, nonostante avesse effettuato la vaccinazione. Ma attenzione: può succedere, come dimostrano anche i dati.

«Nell’1-5% dei casi la protezione è parziale perché le cellule del sistema immunitario non “rispondono” in modo uniforme nel caso di contatto con l’agente infettivo», interviene il professor Pregliasco.

«Questa situazione può verificarsi per qualsiasi tipo di vaccinazione, ma l’organismo è comunque in grado di difendersi. E in caso di malattia questa si manifesta in forma meno pesante rispetto a chi non ha effettuato la vaccinazione».

VACCINARSI NON È OBBLIGATORIO

Le vaccinazioni contro la meningite sono solo raccomandate, anche se in certi casi, com’è accaduto in Toscana, è stata attivata una campagna straordinaria di vaccinazione contro il meningococco C, visti i casi concentrati nella Regione. Attenzione però a puntare il dito contro chi non è vaccinato. Perché non se ne conoscono le motivazioni.

«A volte la vaccinazione va rimandata», dice il professor Pregliasco. «Questo vale in particolare in caso di malattie da raffreddamento, perché il vaccino aumenterebbe il “lavoro” del sistema immunitario, già impegnato su altri fronti. Oppure è vietato, perché la persona soffre di una patologia che provoca immunodeficienza.

Per questo si insiste sul valore del cosiddetto ombrello protettivo. Perché se è elevato il numero di vaccinati, è alta anche la protezione
per chi è “scoperto”». Occhio anche alla data della vaccinazione: se risale ad almeno dieci anni prima, può essere opportuno ripeterla dal momento che negli anni perde una buona parte della sua efficacia.

ALL’ARIA IL BATTERIO HA VITA BREVE

Anche qui, diventa imperativo fare chiarezza. Il batterio della meningite sopravvive all’aria per pochi minuti. È inutile quindi farsi prendere dal panico. Il rischio esiste in caso di contatto stretto attraverso la saliva, come i baci, oppure starnuti e colpi di tosse a distanza ravvicinata, utilizzo in comune di giocattoli, stoviglie, posate, spazzolini da denti.

«Quando si registra un caso di meningite ne viene informata subito l’autorità di sanità pubblica», aggiunge il dottor Clerici. «E chi ha frequentato il malato, oppure come nel caso delle studentesse milanesi morte negli ultimi mesi ha frequentato gli stessi corsi di studi, deve parlarne subito al medico per l’eventuale profilassi antibiotica.  

Ma, va sottolineato, solo se ha avuto un contatto nei 10-15 giorni precedentiall’esordio della malattia. Questo perché i tempi di incubazione sono stretti: circa 3-5 giorni per la forma di meningite C che sta circolando in questi mesi, fino a un massimo di 10-12 per le altre forme».

VACCINARSI NON È SEMPRE GRATIS

In linea generale, le vaccinazioni contro la meningite sono gratuite per i bambini piccoli, cioè entro il primo anno di vita, come indicato nel Calendario vaccinale.

Il consiglio però è di informarsi presso il pediatra oppure il proprio medico di famiglia, perché ogni Regione ha una propria gestione sanitaria anche per quanto riguarda le vaccinazioni.

Così, accade che lo stesso vaccino in alcune Regioni sia a carico del Servizio sanitario nazionale, mentre in altre è necessario acquistarlo a tariffa piena in farmacia.


1 RICHIAMO PER TUTTI?

Al momento, dicono dall’Istituto superiore della sanità, non c’è un’indicazione al richiamo per il meningococco C a livello nazionale. È in corso uno studio sulla durata della copertura da vaccino e solo sulla base dei risultati verranno valutate le nuove indicazioni.


2 LA SITUAZIONE IN TOSCANA

Dall’inizio di quest’anno è stato modificato il Calendario vaccinale della regione Toscana che ora prevede una terza dose a 13 anni. Questo, sottolineano gli esperti dell’Istituto superiore della sanità, sulla base di un principio di precauzione.

Inoltre, la campagna straordinaria contro il meningococco C è stata prolungata fino al 30 giugno 2017 con la possibilità anche per
gli adulti di eseguire la vaccinazione gratuitamente (se nelle aree a rischio) oppure dietro pagamento di un ticket.

NEONATI: OCCHIO A QUESTI SINTOMI

Nei neonati è difficile interpretare i sintomi. Ma ce ne sono alcuni, oltre alla febbre elevata e alla rigidità alla nuca, che devono
far correre in ospedale. Innanzitutto lo sguardo fisso e un po’ opaco, come se il bambino non vedesse, e uno stato di sonnolenza continuo, così profondo da non riuscire a svegliare il bimbo.

Allarme anche se il piccolo non vuole essere toccato, mentre di solito gli piacciono le coccole, e se ha una reazione esagerata di rifiuto persino nel caso di una leggera carezza. Attenzione poi alla comparsa di macchie rosse sul viso e sul corpo: che, grandi quanto una moneta da 5 centesimi, non scompaiono se schiacciate con il polpastrello.

Infine, è un sintomo di malattia la schiena inarcata all’indietro in modo innaturale e un cambio di forma della fontanella, cioè del punto tenero sulla sommità della testa, che tende a gonfiarsi.

LA CAMPAGNA DEI CAMPIONI

Bebe Vio è la testimonial per l’Italia della campagna mondiale di Gsk #winformeningitis, lanciata su twitter alcuni mesi fa. Per ogni Stato, c’è un campione delle Paraolimpiadi, come Bebe, oppure altri giovani che per colpa della meningite hanno perso un arto, oppure sono sordi. E che nonostante ciò, hanno avuto la forza di continuare a vivere e sono anche riusciti a vincere.

Il messaggio? Da un lato, far sì che tutti vedano attraverso gli scatti della celebre fotografa Anne Geddes i drammatici segni che lascia il passaggio della malattia, in chi sopravvive. Dall’altra, un invito a sottoporsi alle vaccinazioni. Come ha appena fatto anche Bebe, insieme a tutta la sua famiglia.

Articolo pubblicato sul n.5 di Starbene in edicola dal 17/01/2017

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