Nuovo trattamento non invasivo per il Parkinson

Laddove la terapia farmacologica fallisce, per migliorare la sintomatologia del Parkinson è possibile ricorrere ad un innovativo trattamento non invasivo



Il Parkinson è una malattia che colpisce circa il tre per mille della popolazione e l’1% delle persone con più di 65 anni: solo in Italia si stimano circa 240.000 malati, anche se in concomitanza con l’aumento dell’aspettativa di vita, le prospettive dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) prevedono che entro il 2040 il numero di malati raddoppierà.

Ad oggi non esistono trattamenti in grado di risolvere la patologia o di prevenirla: le cure a disposizione mirano infatti a tenere sotto controllo la sintomatologia e a migliorare il più possibile la qualità di vita dei pazienti.


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Il Parkinson è una patologia a eziopatogenesi ancora parzialmente sconosciuta per cui non esistono trattamenti risolutivi: con il passare del tempo il paziente vede divenire ogni giorno più difficile anche lo svolgimento delle attività quotidiane a causa soprattutto del tremore e della rigidità.

I trattamenti farmacologici a disposizione, soprattutto dopo la fase iniziale della malattia, non sempre riescono a tenere sotto controllo la complessa sintomatologia ed il paziente si vede costretto a rinunciare alla propria quotidianità.

Un gruppo di ricercatori svizzeri però ha messo a punto la terapia AMPS (Automated Mechanical Peripheral Stimulation), un trattamento non invasivo di stimolazione del sistema nervoso periferico, senza effetti collaterali, attuato tramite il dispositivo medico GONDOLA (peraltro studiato per l’utilizzo domiciliare ed in piena autonomia del paziente), che eroga la terapia in aree ben precise di entrambi i piedi.

La terapia AMPS costituisce la più recente novità nel trattamento dei sintomi del Parkinson e permette di produrre miglioramenti in particolare nel freezing della marcia (un blocco motorio improvviso), un disturbo comune e invalidante, molto poco responsivo ai trattamenti farmacologici.

Il freezing può essere responsabile di gravi cadute e impedisce il regolare svolgimento di molti normali attività quotidiane.

Oltre ad agire sul freezing, la terapia AMPS migliora anche la velocità di cammino, la lunghezza del passo e determina un apprezzabile recupero dell’equilibrio: costituisce, in pratica, una terapia sintomatica di valida integrazione a quella farmacologica soprattutto quando i farmaci non riescono più a contrastare efficacemente l’instabilità posturale, la bradicinesia e a garantire la sicurezza nel cammino.

Come spiega il professor Fabrizio Stocchi, Responsabile del Centro per la cura e la diagnosi del Parkinson dell’IRCCS San Raffaele Pisana di Roma e Principal Investigator degli studi, «i risultati degli studi clinici pubblicati documentano che la terapia AMPS ha effetti sul sistema nervoso centrale, può migliorare la connettività funzionale in aree cerebrali coinvolte nel coordinamento visuo-spaziale e nell’integrazione senso-motoria».

«Dal punto di vista clinico induce un miglioramento della velocità del cammino, della lunghezza del passo, della forza di propulsione e consente di migliorare l’equilibrio – aggiunge la Dottoressa Maria Francesca De Pandis del Centro Parkinson Ospedale San Raffaele di Cassino – I benefici determinati da tale approccio sono significativi soprattutto nei pazienti in fase intermedia e avanzata della malattia, quando la risposta ai trattamenti farmacologici è ridotta e compaiono disturbi motori che interferiscono in modo crescente con la qualità della vita».  

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