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Il crepacuore esiste davvero

Un dolore molto forte o uno stress intenso possono scatenare la sindrome del crepacuore o di tako-tusbo, come l’hanno chiamata i giapponesi. Ha gli stessi sintomi dell’infarto. Vediamo come si manifesta e come gestirla



di Cinzia Testa


Quando si dice che un grande dolore fa male al cuore, è vero. E in nove casi su dieci le più fragili sono le donne. I primi a “formalizzare” il crepacuore dal punto di vista scientifico sono stati i ricercatori giapponesi, che hanno coniato un termine ad hoc: sindrome di tako-tsubo. La ragione? La strana forma che il cuore assume durante il malore, simile che a quella di un vaso usato in Giappone come trappola per i polpi, il tako-tsubo, appunto.

Ma quali sono i segnali? E come si cura? Lo abbiamo chiesto a Francesco Prati, presidente del Centro per la lotta contro l’infarto, che ne ha parlato durante l’ultimo congresso internazionale dedicato alle malattie cardiache, tenutosi a Firenze nel mese di marzo.


I SINTOMI DEL CREPACUORE

A dare il via alla sindrome del crepacuore è un dolore esagerato, come quello che si può provare in seguito a un lutto, oppure in generale uno stress  improvviso, intenso. Il meccanismo non è ancora del tutto chiaro, ma è certo il finale. Sotto l’influsso della forte emozione, il muscolo cardiaco si contrae esageratamente e assume per l’appunto la forma del vaso giapponese. È uno stato di grande sofferenza per il cuore, che avvisa scatenando gli stessi sintomi dell’infarto: dolore al petto, respiro corto e senso di grande affaticamento.


GLI ESAMI CHE PORTANO ALLA DIAGNOSI

In due casi su dieci, per chi arriva in pronto soccorso per un sospetto infarto la diagnosi è di sindrome di tako-tsubo.

Ma per capirlo sono necessari alcuni esami. Innanzitutto l’elettrocardiogramma e le analisi del sangue, per valutare gli eventuali danni alle cellule cardiache. Viene quindi eseguita una coronarografia per verificare la presenza di placche e di danni alle coronarie. Se questi esami sono negativi, oppure i valori in particolare delle analisi del sangue non sono così alterati da giustificare un infarto, viene richiesto un ecodoppler cardiaco. Grazie alle immagini, è possibile vedere in diretta la forma “a vaso” del cuore e avere la conferma della diagnosi. 


COME SI CURA

A differenza di quanto accade in seguito a un infarto, con la sindrome di tako-tzubo non ci sono lesioni alle coronarie o danni alle cellule cardiache. E si guarisce bene, come ha dimostrato uno studio del Tako-tsubo italian network, pubblicato sull’International journal of cardiology.

Dati alla mano, in sette casi su dieci il recupero completo avviene nell’arco di 30 giorni. La cura comprende più farmaci, che insieme hanno il compito di aiutare il cuore nella ripresa.

Il medicinale principale fa parte della famiglia dei betabloccanti e la sua azione è quella di bloccare il meccanismo che provoca l’iper-reattività del cuore. L’altro che di solito viene prescritto è l’acido acetilsalicilico che migliora la fluidità del sangue, rendendo meno difficile il lavoro del muscolo cardiaco in questa fase.

La cura va portata avanti fino a quando il cuore riprende la sua forma normale: i progressi vengono seguiti man mano con un’ecocardiografia settimanale.



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