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Glifosato e tumori: cosa c’è di vero

Nei giorni scorsi Fao e Oms hanno dichiarato che il glifosato non causerebbe tumori. Ma sul pesticida più utilizzato al mondo l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro è di tutt’altro parere. Leggi qui

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di Lidia Pensiero


Il glifosato è cancerogeno? La risposta non è univoca perché i pareri sono discordi e così, come accade sempre quando si tratta di sicurezza alimentare, la confusione è massima tra noi consumatori. Ma proviamo a fare chiarezza.


CHE COS’È IL GLIFOSATO

Il glifosato è il pesticida più utilizzato al mondo ed è presente in 750 formulati tra i quali il Roundup, prodotto di punta della Monsanto.

L'Italia è uno dei maggiori utilizzatori di questo pesticida. L'autorizzazione del glifosato a livello europeo, scaduta il 31 dicembre scorso, è stata prorogata a giugno 2016, in attesa della consultazione finale con gli Stati membri Ue.

Attualmente Commissione e Stati membri si apprestano a una nuova autorizzazione per altri 15 anni. Ma in attesa del verdetto dell'Unione europea sul rinnovo dell'autorizzazione per l'utilizzo del glifosato, la Francia prende posizione: «Indipendentemente dai dibattiti sul suo carattere cancerogeno», ha spiegato il ministro della Sanità Marisol Touraine «riteniamo che sia un perturbatore endocrino. Per questo, il presidente della Repubblica ha detto molto chiaramente durante l'ultima conferenza sull'ambiente che il glifosato non sarà autorizzato in Francia». 


CHI DICE CHE NON È CANCEROGENO

Nei giorni scorsi la Fao (Organizzazione delle nazioni unite per l’alimentazione e l’agricoltura) e l’Oms, (Organizzazione Mondiale della Sanità) hanno dichiarato che è “improbabile” che il glifosato causi il cancro”

“La grande maggioranza delle prove scientifiche – scrivono Fao e Oms – indica che la somministrazione di glifosato e di prodotti derivati a dosi fino a 2000 milligrammi per chilo di peso per via orale, la più rilevante per l’esposizione con la dieta, non è associata a effetti genotossici nella stragrande maggioranza degli studi condotti su mammiferi”.

Anche l’Efsa (Autorità europea per la sicurezza alimentare) aveva sostenuto che è improbabile che il glifosato costituisca un pericolo di cancerogenicità per l’uomo ma propone nuovi livelli di sicurezza che renderanno più severo il controllo dei residui negli alimenti.


CHI DICE CHE È TOSSICO E PERICOLOSO

Un parere in netto contrasto con quello degli esperti della Iarc, l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, che a marzo dello scorso anno lo hanno classificato come genotossico (in grado cioè di danneggiare il Dna), sicuro cancerogeno per gli animali e probabile cancerogeno per l'uomo. 

Come mai questa differenza di parere? «L’unica valutazione trasparente che è stata finora compiuta sul glifosato è quella della Iarc. A partire dagli anni ’70, i criteri sono sempre stati gli stessi per circa 1.000 composti valutati. La classificazione di un composto come probabile cancerogeno ha sempre implicato una seria limitazione del suo uso attraverso misure regolatorie, anche quando non si è arrivati al bando totale», commenta Fiorella Belpoggi, direttrice del Centro di Ricerca sul Cancro Cesare Maltoni dell’Istituto Ramazzini.

«In 60 anni di storia, la Iarc non ha mai sbagliato una volta e quando ha creato un allarme è sempre stato in relazione a dati fondati. Ci sono stati troppi casi in cui dalla classificazione Iarc di “probabile cancerogeno” si è passati a quella di gruppo 1 “cancerogeno riconosciuto” per l’uomo solo perché, purtroppo, a distanza di tempo (anche di 10-30 anni) sono stati confermati gli effetti contando i morti per quella causa. Esempi di questo tipo sono fra gli altri la formaldeide e la trielina (tricloroetilene)», prosegue l’esperta.

 

L’IMPEGNO DELL’ISTITUTO RAMAZZINI

Per fare chiarezza sui reali rischi che comporta l’esposizione al glifosato, l’Istituto Ramazzini ha avviato la scorsa settimana una ricerca indipendente sostenuta con risorse proprie e l’impegno dei 27mila soci.

Per lo studio si sta utilizzando un modello uomo-equivalente, cioè ricorrendo alle stesse dosi ammesse sull’uomo sia negli Stati Uniti che in Europa. In pratica, la somministrazione di glifosato attraverso l’acqua da bere partirà dal sesto giorno di gravidanza del ratto che equivale ai tre mesi di gravidanza della donna. «Saranno valutati gli effetti tossici anche in termini di espressione genica, i parametri relativi alla fertilità, ai difetti dello sviluppo, ai trend di crescita e le eventuali differenze dell’incidenza dei tumori correlate al trattamento con glifosato, ma anche gli effetti sugli spermatozoi e sulla flora batterica», spiega la dottoressa Belpoggi. I risultati, che saranno elaborati nei laboratori di un’importante università americana, saranno pronti per la pubblicazione all’inizio del 2017 e daranno la possibilità di chiarire gli aspetti ancora non chiari della vicenda.


CHE COSA POSSIAMO FARE NOI

In attesa dei risultati della ricerca, cosa possiamo fare noi nella vita di tutti i giorni? Certo non è realistico pensare di “azzerare” l’esposizione ai pesticidi che sono praticamente ovunque ed è bene non cadere nel fanatismo, ma qualche piccola regola può essere d’aiuto come suggeriscono gli esperti dell’Associazione dei Medici per l’Ambiente in un documento su agricoltura e pesticidi.

Tra i consigli, quello di preferire il consumo di alimenti da agricoltura biologica/biodinamica in tutte le fasi della vita, evitando in particolare di consumare prodotti cerealicoli integrali non biologici. È importante, inoltre, evitare qualsiasi esposizione a rischio (sia madri che padri) nei periodi della gravidanza e dell’allattamento. Lavare accuratamente o sbucciare frutta e verdura di provenienza incerta. Infine, evitare l’uso di pesticidi di sintesi per piante da interni, giardinaggio, serre, animali da compagnia o disinfestazioni privilegiando i mezzi manuali, fisici, meccanici, e biologici.

19 maggio 2016

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