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Bullismo e cyberbullismo: la prima giornata nazionale

Per combattere bullismo e cyberbullismo i ragazzi vanno educati a un uso più consapevole dei social. Ma è fondamentale anche il ruolo della famiglia. Che cosa dicono gli esperti

Foto: iStock



di Silvia Calvi


Carolina aveva 14 anni e la disperazione nel cuore quando, tre anni fa, a Novara, si è tolta la vita buttandosi dal balcone per essere stata attaccata sui social con 2.600 messaggi offensivi in 24 ore. Una storia drammatica e triste, come tante, che continuano ad accadere.

Nel nostro Paese il 7 febbraio 2017 si celebra la prima Giornata nazionale contro il bullismo e il cyberbullismo a scuola, in concomitanza con la Giornata europea della sicurezza in rete ("Safer Internet Day"). Un evento che cade in concomitanza con una buona notizia: proprio in queste settimane la prima legge sul cyberbullismo sta arrivando all'approvazione finale, grazie anche all'impegno del papà di Carolina. Una legge però non basta.


POCHI GIOVANI PRUDENTI IN RETE 

«Occorre un impegno più capillare sul fronte dell'informazione e della prevenzione nelle scuole», commenta Federica Zanella, presidente del Corecom Lombardia, il comitato regionale per le comunicazioni, ente che si occupa di vigilare anche sulla Rete e che ha aperto uno sportello per i cittadini lombardi che vogliono rimuovere velocemente immagini o testi offensivi dal web.

«Le cifre parlano chiaro: oggi l'84% dei ragazzi tra gli 11 e i 18 anni ha un profilo social. Il 72% di loro posta video personali, il 62% si rende riconoscibile anche con il cognome e il 21% rende visibile il numero di cellulare. Tutti comportamenti pericolosi e che in più, a quell’età, espongono maggiormente agli attacchi dei cyberbulli».

 

PERCHÉ LE VITTIME DI BULLISMO NON SI CONFIDANO COI GENITORI

Il tema coinvolge direttamente le famiglie: i genitori comprano gli smartphone ai figli. Ed è come se dessero loro le chiavi dell'auto senza avergli insegnato a guidare. «Si dice che gli adolescenti possono scivolare in comportamenti come il bullismo o il sexting perché sono lasciati troppo soli», commenta Matteo Lancini, psicoterapeuta e presidente del Minotauro di Milano, cooperativa che gestisce servizi psicosociali legati agli adolescenti. «Ma è vero il contrario: oggi la solitudine, quella vera, che permette di entrare in contatto con sentimenti come la noia e la tristezza, è un'esperienza completamente bandita. Cresciamo i figli cercando di evitare loro ogni frustrazione, convinti che in questo modo saranno felici. Invece non funziona, alleviamo dei ragazzi disarmati, che davanti a certi dolori e preoccupazioni non riescono a chiedere aiuto agli adulti, perché temono di angosciarli. Si rendono conto, infatti, che la serenità dei genitori dipende dal loro benessere». Così succede che un giovane non dica di essere vittima del bullismo. In parte per vergogna, in parte per non far soffrire mamma e papà. 


L'ORIGINE DEL BULLISMO

Ma da dove nasce il fenomeno del bullismo? «Dall'incontro di due fragilità: quella della vittima e quella dell’aggressore», spiega Ivano Zoppi, presidente di Pepita Onlus, la cooperativa sociale che si occupa di educazione e formazione e che, negli anni, ha incontrato più di 30mila ragazzi nelle scuole per parlare di questo tema e proporre agli studenti modelli positivi.

«Quando ci si sente protetti dallo schermo del computer è più facile cedere alle peggiori pulsioni: è dimostrato che una lite "faccia a faccia" non degenera nella violenza verbale che troppo spesso si raggiunge sui social. Molti ragazzi non sono consapevoli delle conseguenze che possono avere certe frasi e certe parole». Come aiutarli a diventarlo? Tocca a noi grandi. Oggi e tutti i giorni dell’anno.

6 febbraio 2017


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