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Una petizione contro l’utero in affitto

La raccolta di firme per mettere fuori legge la maternità surrogata arruola personaggi famosi e intellettuali

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«Una madre non è un forno», osserva la regista Cristina Comencini. E contro la visione meccanica della maternità, che mortifica madri, bambini e il legame che stringono durante la gravidanza, le donne di Se Non Ora Quando - Libere lanciano l'appello Che libertà, nel quale si chiede alle istituzioni europee - Parlamento, Commissione e Consiglio - di mettere fuori legge la pratica dell'utero in affitto, attualmente vietata in Italia, ma facilmente accessibile anche agli eventuali "committenti" del nostro Paese. Le promotrici dell'iniziativa sottolineano come la maternità surrogata, resa disponibile dalle moderne tecnologie per la fecondazione, riporti indietro ai tempi in cui le donne erano a disposizione dell'uomo di casa: ora sarebbero analogamente a disposizione del mercato.

Sono d'accordo per la messa al bando numerosi personaggi del mondo dello spettacolo (Stefania Sandrelli, Giulio Scarpati, Ricky Tognazzi, Simona Izzo, Cristina Comencini, Micaela Ramazzotti, Claudio Amendola, Francesca Neri), intellettuali, attivisti, politici (Dacia Maraini, Grazia Francescato, Livia Turco). Le firme hanno già superato il centinaio.

D'altra parte, sempre tra chi si dichiara femminista emergono critiche all'iniziativa nel nome dell'autodeterminazione. Sulla pagina satirica Mamme che non vogliono Adinolfi, per esempio, ci si chiede che fine abbia fatto lo storico slogan "l'utero è mio e lo gestisco io", mentre Se Non Ora Quando - Factory, un altro gruppo sotto il grande ombrello di Snoq, si è dissociato. Il tema è evidentemente controverso...

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