Polmonite

La polmonite è un’infezione del polmone che può essere dovuta a molte cause diverse: il più delle volte origina comunque da un’infezione batterica, mentre più raramente può essere dovuta a virus, funghi o parassiti; può essere provocata inoltre da alcune sostanze tossiche o da traumi al polmone. La sede dell’infiammazione è molteplice: a livello degli […]



La polmonite è un’infezione del polmone che può essere dovuta a molte cause diverse: il più delle volte origina comunque da un’infezione batterica, mentre più raramente può essere dovuta a virus, funghi o parassiti; può essere provocata inoltre da alcune sostanze tossiche o da traumi al polmone. La sede dell’infiammazione è molteplice: a livello degli alveoli (i minuscoli “sacchetti” dove avvengono gli scambi dell’ossigeno e dell’anidride carbonica tra l’aria respirata ed il sangue) o a livello dell’interstizio, ossia della zona attraverso la quale avviene il trasferimento dei gas dagli alveoli ai vari capillari. I due grandi agenti eziologici della polmonite determinano in genere la malattia in una sede particolare: le polmoniti batteriche, per esempio, interessano di solito gli alveoli i quali si riempiono di liquido infiammatorio, mentre quelle virali interessano più spesso l’interstizio. La polmonite è più frequente nei soggetti in cui il sistema immunitario non è perfettamente efficiente, per esempio bambini, anziani e soggetti immunodepressi, così come coloro che soffrono di malattie croniche.

Polmoniti Vengono classificate in tre grandi categorie, a seconda che vengano contratte “in comunità”, in ospedale o da soggetti con alterazioni del sistema immunitario.

  1. Polmoniti acquisite in comunità (CAP, Community Acquired Pneumonia). Sono le più comuni e hanno questo nome perché vengono contratte al di fuori di un ambiente di ricovero, ossia nel proprio ambiente di vita usuale. Si manifestano in genere in un paziente non ospedalizzato, oppure un in regime di ricovero che sia iniziato meno di 48-72 ore prima. Compaiono per lo più nei giovani. La definizione parla di una “infezione acuta del polmone associata a sintomi del tratto respiratorio inferiore e accompagnata da un infiltrato radiologico, oppure da reperti auscultatori tipici della polmonite, in un paziente che non è stato ricoverato nelle due settimane precedenti”. Già da queste parole si evince che non è sempre necessaria la dimostrazione radiologica per la conferma della diagnosi, dal momento che spesso è sufficiente un’accurata visita medica per scovarne l’esistenza. Contrariamente a quanto si pensa spesso, la polmonite acquisita in comunità è gestibile con sicurezza e tranquillità al proprio domicilio sia per la diagnosi sia per il trattamento.
  2. Polmoniti ospedaliere (nosocomiali). Si tratta in questi casi di un’infezione polmonare acquisita in ambito ospedaliero in soggetti ricoverati da almeno 48 ore. È più frequente sopra i 65 anni e spesso più grave delle forme acquisite in comunità.
  3. Polmonite del paziente immunocompromesso. Si verifica nei pazienti con riduzione delle difese immunitarie dovute ad AIDS, trapianti d’organo e di midollo, diabete, neoplasie, etilismo, denutrizione.


Cause

La polmonite è dovuta principalmente all’inalazione di microrganismi che contaminano l’apparato respiratorio in conseguenza di un contagio che avviene per trasmissione da persona a persona, attraverso le microscopiche goccioline che vengono espulse con i colpi di tosse (cosiddette goccioline di Flügge). Le situazioni in cui le persone si trovano a stretto contatto reciproco (come accade per esempio nelle scuole, nelle caserme, nelle carceri, nelle case rifugio, nelle residenze per anziani ecc.) facilitano perciò la diffusione di alcune delle cause infettive di polmonite e ciò può portare a epidemie locali.

Talvolta è presente anche una predisposizione costituzionale locale, determinata da un’alterazione della funzione ciliare di trachea e bronchi (normale meccanismo di pulizia e difesa del polmone), dalla presenza di dilatazioni dei bronchi periferici (bronchiettasie), da condizioni di bronchite cronica o di fibrosi cistica (mucoviscidosi). Sono condizioni favorenti anche l’età superiore ai 65 anni, l’abitudine al fumo, la presenza di malattie croniche concomitanti come broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), cardiopatie, alcolismo, malattie neurologiche, tossicodipendenze, neoplasie, alterazioni dello stato di coscienza, diabete mellito o assunzione di terapie cortisoniche protratte per tempi lunghi. I germi in grado di provocare una polmonite sono gli stessi che causano le infezioni delle vie aeree superiori (tonsilliti) e le bronchiti, cioè Streptococcus pneumoniae (circa 30%), Haemophylus influenzae (5%), Mycoplasma (12%), Chlamydia (10%), Legionella (5%) e virus respiratori.


Sintomi e diagnosi

I sintomi della polmonite non sono “tipici”, per cui possono essere confusi con quelli di altre malattie respiratorie acute come le bronchiti e le infezioni delle prime vie respiratorie: tosse (quasi sempre presente), febbre (quasi sempre presente), brividi e malessere, mancanza di respiro, cefalea, catarro, dolori muscolari, affaticamento, disturbi addominali. La diagnosi si basa sul rilievo da parte del medico dei sintomi suggestivi e sulla visita del torace, che consente di rilevare segni indicativi di polmonite nel 60-70% dei casi e quindi permette di fare diagnosi senza eseguire ulteriori accertamenti.

Tuttavia la presenza dei segni che il medico rileva con l’auscultazione non è costante e talvolta non è rilevabile alcun rumore patologico, specie in caso di polmoniti virali o da batteri atipici (cosiddette polmoniti atipiche primarie). Ulteriori esami sono pertanto utili quando i sintomi fanno sospettare fortemente la polmonite ma la visita medica è normale o solo un po’ dubbia, oppure nei casi in cui si sospetta una polmonite grave o complicata. In questi casi sono utili una radiografia del torace, esami del sangue (emocromo con formula leucocitaria, VES, PCR) e, a volte, esami sierologici per la ricerca degli anticorpi antimycoplasma, antichlamydia, antilegionella. In altri pazienti possono essere richiesti esami colturali del catarro con l’antibiogramma (per identificare il batterio in causa e determinarne la sensibilità agli antibiotici) e la ricerca dell’antigene urinario per la Legionella.

Il ricovero ospedaliero è raramente necessario, ma è raccomandato in presenza di una condizione di insufficienza respiratoria, di dubbi sulla diagnosi rispetto ad altre patologie polmonari non infettive (per esempio un’embolia polmonare), di soggetti in età avanzata o con malattie concomitanti (diabete scompensato, cardiopatie gravi ecc.), oppure con problemi circolatori, in stato di shock, con complicanze extrapolmonari, segni di disseminazione nel sangue di batteri (comparsa di segni di artrite, meningite ecc.) o di disidratazione. Il ricovero è indispensabile anche in caso di soggetti con polmonite estesa a più parti del polmone (polmonite multilobare) o con stato rilevante di affanno con respiro frequente (tachipnea, oltre 30 atti respiratori al minuto), aumento della frquenza cardiaca, riduzione dei valori della pressione arteriosa.


Terapia

La terapia della polmonite è basata sugli antibiotici che, se somministrati precocemente, sono in grado di curare efficacemente la polmonite batterica; a tutt’oggi non esiste invece una terapia valida per la polmonite virale, anche se i farmaci antivirali possono risultare utili in determinati casi.

Nei pazienti a rischio, la polmonite è una malattia ancora gravata da un certo grado di mortalità: decisamente basso nei pazienti curati a casa loro (1-5% circa, con probabilità inferiori all’1% nei soggetti giovani), il tasso di mortalità sale, nei pazienti che necessitano di ricovero ospedaliero a circa il 12% dei soggetti colpiti, mentre nei pazienti che necessitano di terapia intensiva raggiunge percentuali prossime al 40%. La polmonite è pericolosa nei soggetti debilitati per qualunque causa (cosiddetta polmonite opportunista), per esempio nei soggetti molto anziani e in quelli affetti da malattie croniche o da immunodeficienze (AIDS ma non solo), per i quali rappresenta frequentemente la causa del decesso. La terapia iniziale è quasi sempre “empirica” (il medico sceglie l’antibiotico sulla base delle caratteristiche del suo paziente, le eventuali malattie concomitanti, l’età, ecc) e solo raramente viene fatta in modo “mirato”, cioè scegliendo l’antibiotico sulla base dell’esito di particolari accertamenti effettuati sul catarro (coltura batterica con antibiogramma).

Gli antibiotici più usati a domicilio sono somministrati per via orale e comprendono le penicilline “protette” (amoxicillina/acido clavulanico), i macrolidi (eritromicina, azitromicina, claritromicina) e i fluorchinoloni (levofloxacina, moxifloxacina, ciprofloxacina).

L’ efficacia del trattamento antibiotico dipende, oltre che dall’agente causale coinvolto, anche dalle probabilità di andare incontro a un batterio resistente alla terapia (condizione di resistenza batterica locale).

L’efficacia della terapia antibiotica si valuta dopo circa 72 ore dall’inizio del trattamento, sulla base dell’andamento della febbre e della tosse. Nelle forme più gravi, o quando non c’è miglioramento con l’antibiotico orale, si possono usare gli antibiotici per via intramuscolare o endovenosa (per esempio le cefalosporine). All’antibiotico va spesso affiancata una terapia di supporto con farmaci e altri rimedi per abbassare la febbre.

Pleurite La pleurite è una malattia della pleura, ossia della membrana che ricopre i polmoni e riveste l’interno della cavità toracica, permettendo ai polmoni di muoversi facilmente durante gli atti respiratori per la presenza di un sottile film liquido tra i due foglietti (viscerale e parietale) che la compongono. In alcuni casi la pleurite è “secca” (fibrinosa), ma più spesso si sviluppa localmente, a livello della pleura infiammata, del liquido (essudato pleurico). La pleurite è spesso causata da un concomitante processo di infezione polmonare (una polmonite o una tubercolosi) mentre raramente si ha una pleurite senza segni di polmonite.


Sintomi

Il sintomo principale della pleurite è il dolore toracico, riferito come una sensazione trafittiva che peggiora con gli atti del respiro e con la tosse. Talvolta può trattarsi solamente di un vago fastidio, che in alcuni casi si presenta soltanto quando il paziente respira profondamente o tossisce; altre volte ancora, quando colpisce la parte centrale della pleura, che riveste il diaframma, il dolore è riferito al collo e alla spalla. Il dolore pleurico in genere scompare quando si forma il versamento liquido. Un versamento pleurico di rilevante entità può causare o contribuire a peggiorare una difficoltà respiratoria (dispnea).


Diagnosi

Rispetto alla polmonite, la pleurite è più facile da sospettare con la visita medica. La pleurite secca provoca infatti un caratteristico dolore pleuritico e si accompagna a un segno ben rilevabile all’auscultazione del torace, cioè lo sfregamento pleurico. In caso di versamento liquido pleurico sono presenti altri segni obiettivi caratteristici, come il soffio bronchiale o un’ottusità alla percussione (ipofonesi plessica) che per il medico sono elementi molto significativi per sospettare un versamento.

Nei casi in cui si sospetti una pleurite deve essere eseguita una radiografia del torace per confermare la diagnosi, valutarne la gravità e la presenza di malattie polmonari associate.


Terapia

Come per la polmonite, si basa sull’uso degli antibiotici e dei farmaci per ridurre la febbre e, se presente, il dolore. Se è presente un abbondante versamento, i medici possono ritenere utile aspirare il liquido con una apposita siringa mediante una manovra chiamata toracentesi, che viene eseguita talvolta con l’aiuto dell’ecografia. [L.C.]