Autismo

Si calcola che il disturbo autistico compaia all’incirca in 2-5 ogni 10.000 bambini di età inferiore ai 12 anni. È più frequente nei maschi, con un rapporto maschi/femmine di circa 4:1, anche se pare che nelle bambine il decorso sia più grave. L’epoca di esordio è collocabile entro i primi tre anni di vita e […]



Si calcola che il disturbo autistico compaia all’incirca in 2-5 ogni 10.000 bambini di età inferiore ai 12 anni. È più frequente nei maschi, con un rapporto maschi/femmine di circa 4:1, anche se pare che nelle bambine il decorso sia più grave. L’epoca di esordio è collocabile entro i primi tre anni di vita e il disturbo sembrerebbe essere indipendente dalle condizioni socioeconomiche e da cause ambientali. Viceversa, sembra che fattori genetici e biologici svolgano un ruolo assai rilevante nell’origine della patologia. Si pensa, poi, che il disturbo autistico sia associato a varie malattie ereditarie come la fenilchetonuria, ma anche a problemi prenatali o postnatali quali la rosolia congenita, l’encefalite e gli stati di sofferenza alla nascita con anossia, cioè scarsa o assente ossigenazione cerebrale.

Spesso i pazienti evidenziano importanti alterazioni all’elettroencefalogramma. La risonanza magnetica cerebrale (RMN) ha mostrato che nell’autismo vi sono alterazioni a livello della corteccia cerebrale e ridotto sviluppo del cervelletto. Sembra che già nella vita endouterina, nei primi 6 mesi di gravidanza, vi siano problemi di sviluppo delle cellule nervose con anomalie nella migrazione di tali cellule, che non seguono più le loro traiettorie, il che causa anormalità del cervello e del cervelletto.


Segni e sintomi

Come venne accuratamente descritto da Kanner, il disturbo autistico presenta una profonda alterazione dei rapporti sociali, in quanto i pazienti tendono a isolarsi, a rimanere distanti dalla realtà circostante e a comunicare in modo anomalo (per esempio ripetendo più volte le parole che sentono o invertendo i pronomi). Il linguaggio, che peraltro si sviluppa tardivamente, tende a essere stereotipato, ripetitivo ed eccentrico.

I pazienti possono presentare anche alterazioni della condotta, per esempio la tendenza a dondolarsi o a mettere in atto in modo ripetitivo gesti, rituali o autostimolazioni erotiche. Alcuni possono persino mostrare chiari comportamenti autolesivi, quali mutilamenti.

La compromissione cognitiva è particolarmente evidente, soprattutto a livello del pensiero astratto e simbolico e, inoltre, di solito i bambini autistici hanno difficoltà nell’interpretare le emozioni e i sentimenti altrui e appaiono indifferenti di fronte alle manifestazioni emotive delle altre persone. Sembrano passivi, distanti, inibiti nella capacità di esprimere affetti ed emozioni, tendono a evitare il contatto con gli altri, ma talora presentano forme di attaccamento ossessivo a oggetti o a persone.

Non si osservano di solito deliri né allucinazioni.

Nell’80% dei casi vi è una massiccia riduzione del QI (Quoziente Intellettivo), ma vi possono essere pazienti che evidenziano capacità insolite in materie specifiche, quali l’aritmetica, la musica e la pittura.

Nei soggetti autistici si osservano anche alterazioni del linguaggio non verbale: mimica, gestualità e, in particolare, sguardo, che in questi soggetti non è quasi mai diretto, con tendenza a guardare “di sbieco” e per lo più soltanto quelle persone dalle quali non si sentono osservati, oppure a manifestare il fenomeno noto come fuga dello sguardo, che consiste nell’evitare di incontrare gli occhi dell’interlocutore volgendo lo sguardo verso il basso.

La compromissione del linguaggio verbale e non verbale, fondamentali nella regolazione dell’interazione sociale, fanno sì che il paziente autistico non sia in grado di sviluppare e stabilire relazioni con i coetanei, adeguate al proprio livello di sviluppo. Manca la ricerca spontanea di condividere con gli altri gioie, interessi o obiettivi; di frequente, inoltre, non vi è alcuna tendenza a manifestare attenzione per gli oggetti potenzialmente interessanti oppure, paradossalmente, si possono verificare attaccamenti morbosi e ossessivi a cose o persone. Il linguaggio parlato tende a svilupparsi in ritardo rispetto alla media oppure può mancare del tutto ma, anche se presente, non consente o rende difficoltoso iniziare o sostenere una conversazione con gli altri. Anche la propensione al gioco è fortemente lacunosa: mancano giochi diversificati e spontanei e si osservano in genere solo quelli ripetitivi e monotoni, con incapacità a imitarne di nuovi. È ben noto che l’attività ludica riveste un’importanza fondamentale nello sviluppo del pensiero simbolico, che nel disturbo autistico è fortemente compromesso: è il gioco, infatti, che aiuta a distinguere il simbolo e la fantasia dalla realtà. In questa patologia, una visita specialistica neurologica accurata potrà evidenziare, oltre a vari deficit cognitivi, anche la presenza di chiari segni di danno neurologico e un ritardato sviluppo della dominanza di lato. Talvolta si possono manifestare convulsioni.


Autismo e altre condizioni cliniche

L’autismo propriamente detto (o disturbo autistico), che presenta un esordio assai precoce e persiste di solito anche nell’adulto, deve essere ben distinto dall’autismo che può comparire in soggetti affetti da schizofrenia, condizione clinica che presenta un’insorgenza più tardiva, in genere verso l’adolescenza avanzata.

L’autismo che fa parte del quadro della schizofrenia, e che quindi è un sintomo di questa malattia e non un disturbo a sé, si manifesta con un atteggiamento assai ritirato e un’apparente impermeabilità e chiusura rispetto alla realtà circostante.

Questa forma di autismo può essere classificata in due tipi:

  1. autismo ricco, condizione di “ritiro” che viene tuttavia floridamente alimentata da temi deliranti (per esempio, la convinzione di essere perseguitato dai vicini di casa) o da allucinazioni uditive (per esempio, i pazienti riferiscono di udire voci che commentano o impartiscono ordini);
  2. autismo povero, tipico del soggetto che, pur ritirandosi in una dimensione serrata e distante dalla realtà, presenta una serie di sintomi cosiddetti negativi quali l’apatia (assenza di sentimenti), l’abulia (inibizione della volontà) e l’anedonia (incapacità di provare sensazioni piacevoli), talvolta associati a deficit cognitivi.

Il disturbo autistico deve quindi essere ben distinto dall’autismo quale sintomo della schizofrenia, che costituisce dunque una condizione di malattia a se stante.

Il disturbo deve anche essere anche differenziato dalla schizofrenia a esordio infantile (piuttosto rara al di sotto dei 5 anni) in cui, rispetto all’autismo, sono presenti deliri e allucinazioni, oltre a un QI più elevato.

L’autismo va inoltre distinto dalla sordità congenita, che è presente già alla nascita: anche i pazienti autistici sembrano sordi, pur avendo in realtà un udito perfettamente integro, ma è quella profonda distanza emotivo affettiva che li separa dalla realtà circostante a renderli simili ai soggetti che non sono in grado di udire suoni e parole.

Anche il disturbo di Rett deve essere differenziato da quello autistico, in quanto è più frequente tra le bambine e presenta il caratteristico rallentamento della crescita del cranio, con perdita delle capacità manuali già acquisite e presenza di movimenti del tronco scarsamente coordinati. In comune con l’autismo vi è la difficoltà di interazione sociale, che però nel disturbo di Rett è transitoria.

Infine, anche il disturbo disintegrativo dell’infanzia si distingue da quello autistico, in quanto il bambino presenta una caratteristica grave regressione dopo due anni di sviluppo normali, mentre in genere nell’autismo le alterazioni si osservano già nel primo anno di vita.


Terapia

Alcuni studiosi hanno segnalato evidenze di benefici prodotti da farmaci definiti neurolettici atipici, in particolare dal risperidone che si è dimostrato efficace nella cura di alcuni sintomi quali l’irritabilità, la ripetizione e la compromissione sociale, che peraltro non sono i disturbi principali della patologia. Effetto collaterale di questo farmaco è l’aumento del peso corporeo.

Altri studiosi hanno dimostrato che antipsicotici atipici diversi (olanzapina, ziprasidone, quetiapina e aripiprazolo) rappresentano un’alternativa al trattamento di alcuni sintomi del disturbo autistico, ma anche tali farmaci non agiscono sulla sintomatologia cardine e sono associati a effetti collaterali importanti. Mancano purtroppo studi che dimostrino l’efficacia nel tempo e la sicurezza d’impiego di questi farmaci se somministrati in età pediatrica.

Psicostimolanti e antipsicotici atipici sono stati impiegati con successo nella cura dell’iperattività legata all’autismo, ma nessuno di essi è risultato pienamente efficace. Un grave problema è legato infine alla scoperta che i disturbi autistici, oltre che a problemi neuropsicologici, sono collegati anche ad altre gravi problematiche quali le alterazioni immunitarie e la perfusione delle cellule nervose, con precise rispondenze tra entità di queste alterazioni e gravità del quadro clinico. [C.M., J.S.]