Sonno, quanti pensieri!

Chi si rigira nel letto spesso rimugina e non riesce a rilassarsi. Ecco come evitarlo



di Isabella Colombo

«Che cos’è l’insonnia se non la maniaca ostinazione della nostra mente a fabbricare pensieri [...], il suo rifiuto di abdicare di fronte alla saggia follia di sogni?». Marguerite Yourcenar descrive così la tortura degli occhi aperti a notte fonda. Secondo la National Sleep Foundation statunitense, gli adulti dovrebbero dormire mediamente almeno 6 ore per notte. Ma ciò che stanca di più, quando non si riposa, è il lavorio della mente. «Dopo una notte bianca si fatica a concentrarsi e si è irritabili. Figurarsi quando il problema si ripresenta tutte le notti», osserva Liborio Parrino, presidente dell’Associazione italiana di medicina del sonno. Ecco come evitare che succeda.


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Gli effetti sulla psiche
Dormire è un passaggio fondamentale per ricaricare la “batteria cerebrale”, tanto è vero che chi non riposa in maniera adeguata accusa disturbi della memoria e ha maggiori rischi di sviluppare la depressione. La quale, d’altro canto, si accompagna sempre alla mancanza di sonno», continua Parrino. «Anche i depressi che dall’esterno sembrano diventare letargici, in realtà non dormono affatto. Se si ostinano a stare al letto è solo per isolarsi dal resto del mondo. Gli effetti dell’insonnia cronica sulla psiche sono così nefasti che spesso è persino difficile capire se una depressione è la causa o la conseguenza dell’insonnia». Oggi in Italia soffrono di questo disturbo circa 4 milioni di persone. «Per giunta la maggior parte vive anche la frustrazione di non essere capita dal proprio medico: ancora troppi professionisti tendono a sottovalutare il problema», continua l’esperto. «La metà dei pazienti, infine, viene curata con famarci ipnotici, che però inducono un sonno “finto” e spesso peggiorano le cose».

Le cause del problema
Rigirarsi nel letto senza riuscire a dormire genera un’irrefrenabile ruminamento mentale che, a sua volta, alimenta l’insonnia. Ma come si innesca questo circolo vizioso? «Per capirlo bisogna partire dalle cause del problema: talvolta alla base c’è un disturbo di altro tipo, come l’ansia, lo stress, le malattie della tiroide o gli squilibri ormonali che caratterizzano gravidanza e menopausa, tutte condizioni che hanno come conseguenza la difficoltà di prendere sonno», spiega Laura Palagini, psichiatra dell’Ambulatorio per il trattamento integrato dei disturbi del sonno dell’Unità di psichiatria 2 dell’Azienda ospedaliera universitaria di Pisa. «Quando invece non c’è una malattia sotto, l’insonnia può essere scatenata da un evento stressante. Il guaio è che, in entrambi i casi, spesso si innesca una serie di comportamenti che perpetuano il problema».

I pensieri disturbanti
«Chi non dorme si ostina a stare a letto per cercare di riposare, non esce di casa perché è stanco e passa ore a rigirarsi tra le lenzuola», continua l’esperta. «Il primo pensiero, infatti, è proprio la paura di non riuscire a dormire e di non stare bene il giorno dopo. Da qui, a cascata, tutti gli altri tormenti: per esempio il lavoro che non si è riusciti o non si riuscirà a portare a termine. In questo caso, noi consigliamo di stendere una lista delle cose da fare, prima di andare a letto. Così si libera la mente e si ha l’impressione che sia tutto già organizzato per il giorno dopo». A tormentare l’insonne, poi, sono spesso pensieri tragici. «Noi lo aiutiamo a neutralizzarli con la “terapia paradossa”. Si tratta di registrare con quale frequenza la “disgrazia” rimuginata durante la notte si verifica poi durante il giorno. Il risultato è sempre zero e l’assurdità del pensiero diventa evidente». «Quando invece il pensiero notturno ricorrente è legato a un problema serio e reale come la una malattia di una persona cara o un debito, invitiamo i pazienti a riflettere su questo: la notte amplifica le preoccupazioni e non porta lucidità. Se hai già un problema e non ci dormi sopra, ne avrai aggiunto un altro», conclude la dottoressa Palagini.

La terapia efficace
È quella cognitivo-comportamentale, usata oggi in quasi tutti i centri del sonno. Gli studi più recenti indicano che chi vi si sottopone ottiene (in sole 4-6 sedute) risultati soddisfacenti e soprattutto duraturi, perché evita la cronicizzazione dell’insonnia: il terapista aiuta a scardinare durevolmente le ruminazioni mentali che impediscono alla mente di rilassarsi. Il fatto curioso, fanno notare i ricercatori del Centro di disturbi del sonno di Melbourne, è che i pazienti che hanno partecipato al loro studio dormivano solo 7 minuti di più ogni notte: ma ciò che sfinisce gli insonni sono l’attesa del sonno e il tempo di veglia durante la notte. E quelli, con la cosiddetta talk therapy, si riducono sensibilmente.

Le pratiche fai da te
Anche da sola puoi combattere l’insonnia, per cominciare liberandoti dell’idea che devi dormire 8 ore ogni notte. A tantissimi adulti basta molto meno. Vai a letto solo quando ti senti stanca, anche se ti sembra tardi, e alzati sempre alla stessa ora, anche nel weekend: così regoli il tuo orologio interno. In più, prova queste due tecniche.

Il training autogeno: l’ascolto di una voce registrata o la ripetizione mentale di particolari frasi e immagini attivano un’area nell’ipotalamo che rallenta il ritmo cardiaco e la frequenza respiratoria, come nel sonno. «La voce, interna o esterna, dà indicazioni su come rilassare il corpo pezzo per pezzo, fino ad arrivare al relax completo », spiega Laura Palagini.

Laa mindfulness: «È una forma di meditazione che libera la mente perché la stimola a concentrarsi sulle emozioni del qui e ora», dice l’esperta. Ci si concentra sul respiro, sulle sensazioni del proprio corpo, sul senso del tatto di mani e piedi, e si ascoltano le emozioni provate.

Articolo pubblicato sul n. 30 di Starbene del 14/07/2015

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