FLEBITE e tromboflebite -Terapia
A seconda di vari fattori (in particolare dell’estensione, della localizzazione e dell’intensità del quadro infiammatorio venoso, dell’entità del quadro varicoso coesistente e così via) il medico sceglie se avvalersi di anticoagulanti somministrati per via sottocutanea (eparine a basso peso molecolare), antinfiammatori (utili per attenuare la componente infiammatoria e il dolore) oppure di una contenzione elastica mediante apposite bende. Il paziente con flebite superficiale può camminare e deve riposare mantenendo l’arto un po’ sollevato. L’antibioticoterapia è riservata ai rari casi di comprovata origine infettiva.
In alcuni casi, per favorire una più rapida guarigione si ricorre all’evacuazione delle formazioni trombotiche in anestesia locale. Nel caso di flebiti ascendenti di varici della vena grande safena, con pericolo di estensione del fenomeno al circolo venoso profondo, il medico può decidere per un intervento chirurgico di asportazione delle varici (safenectomia).
Nei casi di flebite che colpiscono una vena sana, superata la fase acuta è necessario un attento studio del paziente per diagnosticare la malattia che può aver scatenato il fenomeno.
Trombosi Venosa Profonda (TVP) Si tratta di una trombosi che interessa un tratto del circolo venoso profondo, del quale la totale o parziale chiusura (obliterazione).
Rispetto alle forme superficiali i sintomi sono più eclatanti.
Nel caso della localizzazione alla gamba o all’arto inferiore, il dolore è intenso e talvolta tale da compromettere il cammino.
I sintomi sono tanto più eclatanti quanto più l’obliterazione è completa e quanto più essa è vicina alla radice dell’arto; la sintomatologia può variare da un vago senso di indolenzimento fino a un dolore conclamato e accentuato dal movimento.
Il gonfiore dell’arto colpito (edema) può essere di entità variabile, ma di solito è abbastanza importante e l’arto interessato presenta un diametro aumentato rispetto al lato opposto; nel caso di una flebite profonda della gamba, per esempio, il polpaccio si presenta ingrossato, teso e dolente. Le vene superficiali talvolta si presentano turgide poiché assumono il ruolo di “bypass naturale”, ossia di vie laterali di scarico attraverso le quali il sangue cerca di superare l’ostacolo al suo deflusso provocato dall’ostruzione della vena conseguente alla flebite; con il tempo esse possono dilatarsi in modo permanente e diventare varicose (si parla allora di varici secondarie).
In alcuni pazienti, tuttavia, la trombosi venosa profonda può essere del tutto priva di sintomi, con possibilità di ritardo del ricorso al medico, quindi della diagnosi e in ultima analisi con possibile insorgenza improvvisa e imprevista di complicazioni.
Le condizioni che favoriscono l’insorgenza di una trombosi venosa profonda sono varie, ma legate più frequentemente al rallentamento della circolazione venosa (immobilizzazione protratta a letto, interventi chirurgici in particolare ortopedici, addominali o pelvici, gravi cardiopatie, gravidanza e puerperio, traumi agli arti inferiori o al bacino, obesità) o ad alterazioni della coagulazione (emopatie, disordini della coagulazione, uso di estroprogestinici).
I pazienti con precedenti trombosi venose profonde presentano un aumentato rischio di recidiva. Una flebite superficiale può, anche se non frequentemente, estendersi al circolo venoso profondo attraverso le vene perforanti o le “crosse” safeniche.
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