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Trombosi in gravidanza: cosa fare davvero

Durante questa fase nel corpo femminile si verificano cambiamenti, che possono dare dei rischi. Per questo è fondamentale valutare la storia clinica della donna all’inizio del concepimento

credits: iStock




di Cinzia Testa


In questi giorni di inizio 2016 si è detto e scritto di tutto sulla gravidanza. Soprattutto su come tenere lontano il rischio di trombosi, - sembrerebbe questa la ragione di due dei cinque casi di decesso di mamma e feto. Secondo alcuni medici, infatti, i test genetici di trombofilia ereditaria, molto costosi e non pagati di routine dal Servizio Sanitario Nazionale, permettono di evidenziare i rischi di trombosi e possono essere salvavita. Ma tutto ciò non è dimostrato scientificamente. E, allo stesso modo, in caso di positività, nessuno studio dice che la soluzione consista poi nell’assumere antitrombotici (medicinali che mantengono il sangue fluido per evitare la formazione di trombi). Che cosa bisogna fare, allora?


CHI È PIU’ A RISCHIO

«Invece di ricorrere subito ai test genetici, all’inizio della gravidanza è fondamentale valutare la storia clinica della donna e dei familiari stretti, cioè fratelli e genitori», spiega la dottoressa Lidia Rota, Presidente di Alt, associazione per la lotta alla trombosi e alle malattie cardiovascolari onlus.

Al momento del concepimento, infatti, è considerato più a rischio chi è fortemente in sovrappeso (almeno 7-10 chili sopra la norma), chi presenta una gravidanza gemellare oppure ha già problemi di circolazione alle gambe. O ancora, ha in famiglia casi di trombosi venosa profonda, embolia polmonare, infarto e ictus prima dei 60 anni. Infine, può esserci una maggiore fragilità se nel passato si sono verificati due o più aborti inspiegati. 

Ma attenzione. Questo non significa malattia certa. «Ci sono tre esami che, soprattutto in questi casi, servono per monitorare lo stato di salute della donna», aggiunge la dottoressa Rota, che è anche direttore del Centro Trombosi dell’istituto Humanitas di Milano. «Si tratta dell’emocromo, che rappresenta la carta d’identità del sangue, il fibrinogeno, che è un fattore della coagulazione, e il d-dimero, altro valore importante per controllare la fluidità del sangue. Se queste sostanze si modificano troppo da un mese con l’altro, allora sì che potrebbe essere necessaria una cura con l’eparina. Perché questo farmaco protegge la mamma dal rischio di trombosi e salva la gravidanza».


TUTTE LE DONNE DEVONO STARE ATTENTE

Occorrono alcune attenzioni, però, anche se non si fa parte della categoria con i rischi maggiori. Senza creare allarmismi, è giusto sapere che durante la gravidanza tutte le donne, almeno sulla carta, corrono un rischio di trombosi. «Durante questo periodo, avvengono nel corpo femminile delle modificazioni fisiologiche, che hanno come scopo quello di accompagnare il feto nella sua crescita», dice l’esperta. «Si verificano quindi un aumento del volume plasmatico (il volume del sangue), un rallentamento della circolazione a livello della placenta, un incremento del peso corporeo che si ripercuote sulla salute del sistema cardiocircolatorio. 

Cosa si può fare per migliorare la circolazione in generale? Sì alle calze elastiche, che impediscono il “rilassamento” delle pareti delle vene a causa del peso. E sì anche al movimento: è sufficiente una passeggiata tutti i giorni per aiutare la corretta circolazione del sangue. Infine, è importante seguire un’alimentazione ricca ogni giorno di frutta e verdura fresche. Così si garantisce all’organismo la giusta quantità di vitamina K, la sostanza preziosa per la corretta produzione dei fattori di coagulazione del sangue.


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