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Giocare è importante anche per i bambini non vedenti

Il gioco fa diventare grandi e apre i piccoli al mondo esterno. Questo vale ancora di più per quelli che non vedono o vedono poco. Ecco i consigli della dottoressa Patrizia Ceccarani della Lega del Filo d’Oro



di Ida Macchi

«Il gioco è la modalità più naturale attraverso cui il bambino, anche se non vedente, si apre verso il mondo esterno per interagirvi», spiega la dottoressa Patrizia Ceccarani, direttore del Centro di Riabilitazione di Osimo (AN) e direttore tecnico-scientifico della Lega del Filo d’Oro. «Proprio per questo sarebbe opportuno che i genitori fornissero al piccolo ipovedente, sin dai suoi primi mesi di vita, giochi interattivi e da poter manipolare (carillon che suonano tirando una cordicella o schiacciando un bottone, palestrine multidisciplinari) da fare insieme a lui, perché è proprio la condivisione che rende importante l’esperienza».


GIOCARE INSIEME PER EVITARE L'ISOLAMENTO

Sperimentare sin da piccolo il gioco, è già di per sé un antidoto per evitare rifiuti quando è più grandicello, ma se nonostante ciò il bambino non vuole giocare è importante cercare di coinvolgerlo ugualmente. «Se si accetta il suo rifiuto e non si tenta nulla, il rischio è quello che il piccolo cada in stereotipie corporee (dondolarsi avanti e indietro per coccolarsi, giocherellare con le dita) che aumentano il suo isolamento e che non lo fanno crescere», spiega l'esperta.


NON FARGLI VIVERE IL GIOCO COME UN DOVERE

Per invitarlo a giocare, però, sono proibiti gli interventi aggressivi, o scanditi come un dovere: «Il bambino tende a chiudersi ancor di più, magari manifestando comportamenti violenti verso se stesso o verso chi lo obbliga a fare qualche cosa che non desidera fare», precisa la dottoressa Ceccarani. «Meglio cercare di capire il perché del suo rifiuto: magari il bambino non sa fare quel gioco che gli proponiamo e non vuol affrontare una prova per lui difficile. Per motivarlo ad iniziare, perciò, gli si può far scegliere un gioco che gli piace, affiancandogli un bambino (un amichetto o il fratellino) che sia in grado di condividere con lui lo stesso passatempo, facendogli per certi versi da tutor: il confronto tra pari è sempre più facile e ben accetto. Mentre gioca, è inoltre importante gratificarlo per lo 'sforzo' fatto, riconoscendo il suo impegno: con un bacio, un battimani o un 'bravo'».


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