GRAVIDANZA

La gravidanza non è una malattia, ma un evento fisiologico dell’età riproduttiva femminile che inizia quando l’ovulo viene fecondato da uno spermatozoo, con annidamento nella cavità uterina e successivo accrescimento in utero. Per nove mesi, la donna offre al futuro bambino un ambiente protettivo e ricco di nutrimento, in cui l’ovulo fecondato può svilupparsi in […]



La gravidanza non è una malattia, ma un evento fisiologico dell’età riproduttiva femminile che inizia quando l’ovulo viene fecondato da uno spermatozoo, con annidamento nella cavità uterina e successivo accrescimento in utero. Per nove mesi, la donna offre al futuro bambino un ambiente protettivo e ricco di nutrimento, in cui l’ovulo fecondato può svilupparsi in feto. La gravidanza termina poi con il parto, quando il feto fuoriesce dal canale del parto e inizia una vita propria, indipendente da quella della madre.

Se si verifica un ritardo mestruale (cioè un ritardo del flusso mestruale atteso) pari ad almeno una settimana in una donna in epoca fertile, che non faccia uso di anticoncezionali, è possibile che si sia in presenza di una gravidanza. Talora, questo sospetto può insorgere anche per la comparsa di alcuni sintomi tipici: tensione e sensazione di dolenzia alle mammelle, nausea tipicamente mattutina e talvolta associata a vomito, necessità di urinare più frequentemente e, infine, un’importante e inusuale stanchezza (con alterazioni dell’appetito) che solitamente tende ad aumentare.

In caso di ritardo mestruale è possibile eseguire un comune test di gravidanza, acquistabile in farmacia, per escludere o confermare la gravidanza. Una volta accertata la gravidanza, è utile riferire al medico la data di inizio dell’ultimo flusso mestruale: per convenzione, infatti, la durata della gravidanza viene calcolata in base alla data dell’ultima mestruazione.

Un sistema facile per calcolare la presunta data del parto consiste nell’andare a ritroso di 3 mesi dal primo giorno dell’ultimo flusso, quindi aggiungere 1 anno e 7 giorni. È bene considerare comunque che solamente il 10% delle gestanti partorisce nella data prevista, mentre la maggior parte lo fa in un lasso di tempo compreso tra 3 settimane prima e 2 settimane dopo la data prevista, il che viene considerato assolutamente normale.

In genere l’ovulazione si verifica dopo due settimane dal flusso mestruale e la fecondazione poco dopo: di conseguenza, per calcolare l’età corretta dell’embrione, è necessario sottrarre due settimane dal numero di settimane convenzionalmente assegnate alla gravidanza; in altre parole, una donna in stato di gravidanza da 4 settimane porta in grembo un embrione di due settimane.

Ovviamente, se le mestruazioni sono irregolari la differenza reale può essere maggiore o minore alle due settimane, poiché non è possibile stabilire con certezza il giorno dell’ovulazione e dell’eventuale concepimento. Qualora non sia possibile risalire alla data di quest’ultimo, è possibile ricorrere all’ecografia che, se eseguita entro le prime 12 settimane di gravidanza, consente di datare con certezza l’epoca gestazionale del feto.

La gravidanza dura in media 266 giorni, cioè 38 settimane dalla data di fecondazione, o 280 giorni (40 settimane) se si considera la data del primo giorno dell’ultima mestruazione. Il periodo gestazionale viene abitualmente suddiviso in tre trimestri (primo, secondo e terzo).


Stadi di sviluppo del feto

Nel corso del primo trimestre (inizio-dodicesima settimana di gestazione), successivamente alla fecondazione dell’ovulo da parte di uno spermatozoo, l’ovulo si annida a livello della mucosa uterina (endometrio) e va incontro a una serie di modificazioni importanti. Le cellule si moltiplicano e si differenziano, formando il sacco amniotico e la placenta, due organi fondamentali per la prosecuzione della gravidanza.

Durante l’ecografia, il sacco amniotico solitamente si evidenzia come una piccola raccolta di liquido amniotico che permette all’embrione in via di formazione di nutrirsi, in attesa dello sviluppo della placenta vera e propria. Una volta sviluppatasi la placenta, la maggior parte del nutrimento dell’embrione verrà fornita tramite il cordone ombelicale e il sangue materno, che trasportano sostanze nutritizie e ossigeno fondamentali per l’accrescimento.

Al termine della sesta settimana è già possibile apprezzare il battito cardiaco in corso di ecografia, poiché, durante le prime settimane di sviluppo, si sono già formati il cuore e i vasi sanguigni. Successivamente si formano il cervello e il midollo spinale, poi i muscoli e lo scheletro osseo, quindi cominciano a funzionare i reni. Al termine del primo trimestre gran parte degli organi sono già interamente sviluppati. È normale che la donna acquisti un po’ di peso (1-4 Kg) e che l’addome si presenti lievemente dilatato. L’aumento del peso va attribuito soprattutto alla maggiore ritenzione idrica: durante la gravidanza, infatti, il sangue risulta un po’ più “diluito” per facilitare la circolazione del sangue anche nel feto.

Durante il secondo trimestre (13-24 settimane di gestazione) il feto si accresce di dimensioni e si completa la maturazione dell’organismo, tant’è che è possibile una vita extrauterina già al termine della 22a settimana di gestazione; in questo periodo è possibile identificare mediante l’ecografia il sesso del nascituro. Il feto si muove più energicamente, al punto che la madre è in grado di avvertirne i movimenti; comincia ad accumularsi del grasso sottopelle e compaiono peli sulla testa e sulla cute. La placenta è completamente formata, e ciò garanti sce un flusso sanguigno di ossigeno sufficiente al completamento dello sviluppo fetale. Al termine del secondo trimestre la donna comincia ad aumentare di peso più rapidamente.

Nel terzo trimestre (dalla 25a settimana di gestazione al parto), infine, il feto è molto attivo, compie movimenti che si apprezzano sulla pancia della madre, completa la maturazione dei polmoni e si posiziona per il parto. In media il feto risulta lungo circa 50 cm e pesante circa 2,5 kg; al suo accrescimento corrisponde un ingrossamento evidente della pancia della gravida, tanto che al termine della gravidanza è possibile apprezzare il fondo dell’utero a livello della bocca dello stomaco.

Normalmente, una volta posizionatosi in maniera corretta, il feto si avvia verso il parto, che può avvenire tra la 37a e la 42a settimana di gravidanza.


Cambiamenti fisici durante la gravidanza

Tutto il corpo della donna gravida subisce importanti modificazioni. Per esempio, nel corso della gravidanza l’utero aumenta di circa 700-1000 volte il suo volume: normalmente è lungo, dal fondo al collo, circa 7 cm, mentre al 3° mese di gestazione misura 9 cm, al 4° 20, al 7° 28 cm e al 9°, infine, la sua lunghezza è pari a 33 cm; al 4° mese anche la donna riesce ad apprezzarlo al di sopra del pube, mentre al 5° il fondo dell’utero raggiunge l’ombelico e alla fine della gravidanza arriva fino alle coste. È proprio lo sviluppo dell’utero a determinare la classica silhouette delle donne in gravidanza. Al termine della gravidanza, una volta avvenuto il parto, l’utero tende a rimpicciolirsi per tornare alle dimensioni di origine nell’arco di qualche mese.

Tipiche della gravidanza sono le secrezioni vaginali, che tendono fisiologicamente ad aumentare: se queste si associano a prurito e odore inusuale, è probabile però che ci si trovi di fronte a una vaginite, evento peraltro molto frequente durante la gestazione. Qualora ciò si verifichi, è opportuno consultare il medico e non applicare ovuli né lavande, poiché alcune infezioni del tratto vaginale sono frequenti e non necessitano di alcuna terapia. Il maggiore afflusso di sangue a livello della pelvi è anche responsabile della colorazione bluastra delle mucose genitali, dell’aumento della secrezione vaginale e di un certo grado di dilatazione delle vene emorroidarie.

Anche le mammelle aumentano molto di volume, già dal primo mese di gravidanza e, per effetto della gran quantità di estrogeni circolante nel sangue, si ha anche una dilatazione delle vene sottocutanee: di solito le mammelle sono molto più sensibili e dolenti, soprattutto all’inizio, mentre capezzoli e areola mammaria diventano più grossi e più scuri. In molti casi, già dal 2°-3° mese può comparire una secrezione di un liquido giallognolo, detto colostro, che persiste fino a dopo il parto, quando arriva la vera e propria montata lattea.

In molte donne, soprattutto quelle con capelli neri, dal 4° mese compaiono zone di pigmentazione scura della cute (cloasma gravidico), soprattutto su fronte, zigomi e naso; inoltre sull’addome compare una linea scura che va dal pube all’ombelico (linea nigra) e che si attenua fino a scomparire nel giro di qualche mese dopo il parto. In gravidanza vi è una crescita maggiore anche delle unghie e dei capelli. Gli importanti cambiamenti del corpo della madre durante la gestazione, del resto, non si manifestano solamente all’esterno ma interessano complessivamente anche gli organi interni.

Livello circolatorio Il cuore, durante la gravidanza, va incontro a un aumento costante del suo lavoro sia per l’incremento del volume del sangue circolante sia per l’innalzamento della frequenza cardiaca. Per questi motivi è facile avvertire una sensazione di batticuore e di affaticamento. Anche la pressione arteriosa subisce in genere una modica riduzione dei valori massimi e un più marcato calo della “minima” (un lieve incremento può essere normale nelle ultime settimane), tenendo presente che i valori normali della pressione in gravidanza sono inferiori a 140 mmHg per la massima e 90 mmHg per la minima; queste variazioni servono a garantire un corretto flusso di sangue e di ossigeno alla placenta e al feto. L’utero ingrandito disturba il ritorno venoso degli arti inferiori, pertanto compaiono gonfiori (edemi) alle gambe e alle caviglie, che possono persistere per tutta la durata della gravidanza.

Apparato respiratorio L’incremento dei livelli di progesterone nel sangue indica al cervello di ridurre i livelli di anidride carbonica: ne consegue una riduzione della frequenza respiratoria con atti respiratori più lenti e profondi che servono a eliminare una quantità maggiore di anidride carbonica. Inoltre, con il progredire della gravidanza e la risalita dell’utero, la gabbia toracica si espande con uno spazio minore e pertanto può capitare di avvertire la sensazione di fiato corto e di maggiore affaticabilità con gli sforzi muscolari.

Apparato digerente È il sistema che risente maggiormente dell’azione degli ormoni e della crescita dell’utero. Frequenti sono la nausea e il vomito; questi caratterizzano soprattutto la prima fase della gravidanza e compaiono tipicamente al mattino. Tali disturbi sono causati dagli elevati livelli di estrogeni e di HCG nel sangue, e possono essere ridotti modificando le proprie abitudini alimentari o cambiando la dieta. Altrettanto frequenti sono il bruciore di stomaco e le eruttazioni, probabilmente dovuti a un transito più lento del cibo nello stomaco e a una riduzione del tono muscolare dello sfintere che separa anatomicamente lo stomaco dall’esofago. Infine, con il progredire della gravidanza e lo spostamento anatomico degli organi addominali verso l’alto, si verifica un notevole rallentamento del transito intestinale con comparsa o accentuazione di una precedente stitichezza che spesso prelude alla comparsa delle emorroidi, imputabili in parte al peso dell’utero e in parte all’eccessivo sforzo compiuto per evacuare. Per migliorare il funzionamento intestinale è importante quindi aumentare l’apporto di fibre nella dieta (che favoriscono il transito intestinale), aumentare l’assunzione di liquidi e praticare attività fisica.

Sistema nervoso centrale L’eccesso di ormoni in circolo può alterare anche il funzionamento del sistema nervoso centrale: nel primo trimestre sono più frequenti l’ansia e la depressione, con una sorta di ambivalenza affettiva (amore/rifiuto) nei confronti del bambino. Questi sentimenti si attenuano nel periodo centrale della gravidanza, per poi ricomparire alla fine per le paure legate al parto e alla verifica dello stato di salute del proprio figlio.


Assistenza durante la gravidanza

Ricordando che la gravidanza non è una malattia, bensì un naturale evento dell’epoca fertile della donna, va sottolineato che non è necessario sottoporsi continuamente a esami e indagini strumentali per accertare la normale prosecuzione della gravidanza; d’altra parte, un controllo è comunque opportuno, in quanto fino al 30% delle gravidanze che iniziano senza fattori di rischio possono sviluppare successivamente complicanze.

Proprio grazie alla migliore assistenza materna e perinatale degli ultimi anni si è verificata una riduzione importante della mortalità materna per complicanze peripartum: attualmente, infatti, le principali cause di morte della donna gravida sono rappresentate da malattie che compaiono o si slatentizzano durante la gravidanza. Il corretto approccio alla sorveglianza della gravidanza comporta l’identificazione precoce, quando possibile anche in fase preconcezionale, di patologie materne (per esempio diabete, ipertensione arteriosa o precedente gravidanza a rischio) o fetali che possano comprometterne il buon esito; se non sono presenti fattori di rischio, allora l’obiettivo dell’assistenza in gravidanza è quello di riconoscere precocemente l’insorgenza di fattori di rischio che ne possano compromettere il decorso normale, al pari di un programma di screening.

Attualmente, le modalità di assistenza sono quanto mai variabili, ma tutte si rifanno a un protocollo basilare che prevede alcuni accertamenti fondamentali da eseguire in epoca preconcezionale e nel corso della gestazione. All’inizio della gravidanza, possibilmente entro la 13a settimana ma comunque al primo controllo, vanno eseguiti alcuni esami del sangue (emocromo, glicemia ecc.), il controllo del gruppo sanguigno, i test di funzionalità epatica, l’esame completo delle urine e i test sierologici (per verificare l’eventuale suscettibilità a rosolia, toxoplasmosi e sifilide); inoltre deve essere eseguita una prima ecografia ostetrica, parte dei test non invasivi che è possibile effettuare nel corso della gravidanza iniziale per identificare eventuali anomalie genetiche fetali. Nel corso della prima visita, infine, deve sempre essere controllata la pressione arteriosa e il peso corporeo. Ai successivi controlli, si richiederanno l’esame delle urine e ulteriori test sierologici, qualora la donna sia recettiva per malattie infettive quali la rosolia e la toxoplasmosi.

Tra la 19a e la 23a settimana viene eseguita la seconda ecografia, che serve a datare correttamente la gravidanza e valutare lo sviluppo fetale: la sensibilità dell’indagine nell’identificazione delle malformazioni varia dal 30 al 100%, a seconda del grado di severità della malformazione stessa. La diagnosi o l’eventuale sospetto di malformazione comporta successivi approfondimenti diagnostici (esame genetico del feto e ricerca di eventuali infezioni) sul feto e sui genitori. È consuetudine nel nostro Paese eseguire una terza ecografia nel corso del terzo trimestre, con l’obiettivo di seguire la crescita fetale, cui si associano sempre esami del sangue e delle urine per controllare lo stato di salute materno e fetale. Negli ultimi decenni hanno assunto larga diffusione metodiche di screening e di diagnosi prenatale relative a eventuali anomalie genetiche, ma è bene ricordare che, poiché non esistono attualmente cure disponibili per fare fronte a queste alterazioni, l’unica ricaduta clinica della diagnosi prenatale è l’eventuale interruzione di gravidanza. Per tale ragione, i test di screening e di diagnosi perinatale non devono essere prescritti ma solamente proposti alla coppia o alle donne con eventuali fattori di rischio.


Alimentazione e gravidanza

Nel periodo della gravidanza ogni futura madre deve nutrirsi in modo da mantenersi in buona salute e, al tempo stesso, consentire ai tessuti fetali di formarsi e svilupparsi nella maniera migliore. L’alimentazione corretta rappresenta uno dei presupposti fondamentali per la normale evoluzione della gravidanza e il normale accrescimento del feto: quantità e qualità del cibo e delle bevande vanno scrupolosamente controllate. In parole molto semplici, la donna gravida dovrebbe alimentarsi in modo adeguato alle esigenze proprie e del figlio.
La dieta è molto importante per la fisiologica evoluzione della gravidanza, del parto e del puerperio: è quindi bene assumere una corretta quantità di calorie ed effettuare una scelta qualitativa degli alimenti, orientata alle particolari esigenze del periodo. È importante conoscere il proprio peso e valutarlo in funzione dell’altezza già prima del concepimento, in modo da poter calcolare il Body Mass Index (BMI, peso in kg/altezza in m2): valori inferiori a 20 indicano sottopeso, tra 20 e 25 normopeso, tra 25 e 30 sovrappeso e superiori a 30 obesità.

Una donna non gravida normopeso e con normale attività fisica necessita di circa 2500 kcal al giorno; nel primo trimestre di gravidanza le necessità caloriche salgono a 2650 (+150), nel secondo e terzo trimestre a 2800 (+300). Purtroppo, la diffusione di alimenti ipercalorici porta facilmente il consumo giornaliero a superare di molto le 3000 kcal e ciò determina un eccessivo incremento ponderale con alterazioni del metabolismo glico-lipidico e, nei casi più importanti, con ripercussioni negative sulla crescita fetale e sul parto stesso. L’incremento ponderale in un soggetto normopeso al concepimento, nei nove mesi di gestazione dovrebbe risultare di circa 12-13 kg; se in base al BMI si è sovrappeso tale incremento dovrà essere contenuto tra 7 e 11 kg, mentre nelle donne sottopeso è auspicabile un incremento di 14 - 16 kg. Occorre prendere l’abitudine di pesarsi sempre sulla stessa bilancia, alla stessa ora del giorno, preferibilmente al mattino, a digiuno, dopo aver vuotato la vescica. L’eccessivo aumento di peso al momento del concepimento o durante il secondo e terzo trimestre di gravidanza comporta un affaticamento per la madre e può predisporre al diabete e alla gestosi (ipertensione in gravidanza). Quest’ultima è una condizione tossica nella quale possono comparire alterazioni quali aumento della pressione arteriosa, comparsa di notevoli quantità di proteine nelle urine ed edemi; la gestosi può favorire inoltre altre condizioni spiacevoli, quali smagliature cutanee, varici alle gambe, parto prematuro, obesità del nascituro.

Come mangiare È bene fare pasti piccoli e frequenti, evitando lunghi periodi di digiuno durante la giornata e la notte, seguire insomma la cosiddetta dieta a 5 pasti (di cui due sono in realtà piccoli spuntini durante il mattino e il pomeriggio). Mangiare lentamente aiuta a evitare l’ingestione di aria, che può dare senso di gonfiore addominale; è utile anche distribuire i cibi più calorici al mattino e a pranzo, evitandoli possibilmente nei giorni nei quali l’attività è molto ridotta.

Cosa mangiare Durante la gravidanza, la donna ha necessità di incrementare l’apporto di cibo e sostanze nutrienti. Tra queste sostanze, risultano particolarmente importanti quelle indicate di seguito.

  • Ferro: fondamentale per il sangue, lo sviluppo della placenta e la crescita del bimbo. Cibi consigliati sono la carne rossa, i fagioli secchi e i piselli, la frutta secca e i cereali. Per garantire un buon assorbimento del ferro, si consiglia di associarlo ad alimenti ricchi di vitamina C (broccoli, patate, peperoni verdi, pomodori, arance, uva, melone, fragole ecc.).
  • Zuccheri complessi: sono contenuti in pane (meglio se integrale), pasta, riso, cereali, legumi. Il loro assorbimento è più lento e meno dannoso per il metabolismo, mentre gli zuccheri semplici (contenuti nei dolci e in alcune bibite, oltre che nello zucchero vero e proprio) determinano un eccessivo rialzo della glicemia e della secrezione di insulina.
  • Proteine: preziose per l’accrescimento fetale, sono presenti in carne (preferire carni bianche), pesce (soprattutto pesci di piccola taglia), uova, soia, latte parzialmente scremato e legumi (fonte indispensabile di proteine di origine vegetale).
  • Grassi: è preferibile l’olio extravergine di oliva (attenzione comunque alle quantità perché apporta un rilevante numero di calorie); limitare al massimo il consumo di burro e margarine; togliere sempre il grasso visibile negli alimenti.
  • Vitamine e minerali: sono presenti in tutta la frutta, ma è preferibile quella fresca di stagione e ricca di vitamina C (particolarmente indicata per gli spuntini). È bene consumare quotidianamente verdura (preferibilmente cotta), latte parzialmente scremato e formaggi magri (preziosa fonte di calcio).
  • Sale da cucina: va assunto in modica quantità; da limitare il consumo di dadi per il brodo, mentre non c’è bisogno di eliminare il sale dalla dieta.
  • Bevande: consigliata l’acqua oligominerale naturale, da bere in modica quantità durante i pasti (rallenta la digestione) e maggiormente nel fuori-pasto. Bere è una regola importante durante la gravidanza, in quanto i fluidi aiutano a portare le sostanze nutritive nel sangue. È opportuno bere almeno 8- 10 bicchieri di liquidi al giorno
  • Calcio e vitamina D: sono necessari per ossa e denti. In estate, la vitamina D è prodotta dal corpo quando ci si espone al sole. In inverno, invece, poiché l’esposizione solare è ridotta, si ha bisogno di assorbire tale vitamina dal cibo. Il latte è un cibo ricco sia di calcio sia di vitamina D. Formaggio e yogurt sono ottime risorse di proteine e calcio, ma non di vitamina D. Qualora non si riesca a bere il latte per problemi di intolleranza o di difficoltà alla digestione, si può provare a usarlo per la preparazione di zuppe o salse, oppure si possono assumere altri cibi ricchi di calcio quali salmone, sardine e broccoli.
  • Caffeina: può essere dannosa per lo sviluppo del bambino, pertanto se ne consiglia un uso moderato, con 2 o 3 tazzine al giorno.

Cosa evitare Alcolici e superalcolici (dannosi per madre e feto), caffè; molta cautela con e cioccolata. Salumi e insaccati in genere, carne cruda, molluschi e selvaggina (pericolo per trasmissione di malattie al feto). Cibi a temperatura troppo alta o troppo bassa. Dolcificanti di sintesi. Cibi piccanti, cibi in salamoia o affumicati.

Suggerimenti anti-nausea Si consiglia di mangiare al mattino cibi secchi croccanti (per esempio crackers, fette biscottate, pane tostato) e di evitare cibi ricchi di acqua o liquidi. Questo piccolo accorgimento permetterà di superare la crisi mattutina e consentirà di assumere cibi tradizionali nel corso della giornata.

Acido folico Le scarse quantità presenti nei cibi non sono sufficienti a coprire l’aumentato fabbisogno di acido folico in gravidanza. Questa sostanza è molto utile sia per l’organismo materno (emopoiesi, ovvero formazione delle cellule del sangue) sia per l’embrione e il feto (facilita uno sviluppo regolare e previene alcune malformazioni precoci): è opportuna quindi una sua integrazione dietetica sin dai primi momenti della gravidanza, meglio ancora se iniziata nel periodo antecedente il concepimento.


Farmaci e gravidanza

Generalmente è bene evitare, se possibile, l’assunzione di farmaci durante il periodo gestazionale, tuttavia in alcune occasioni è necessario farvi ricorso. Per esempio, è risaputo che in gravidanza aumenta il fabbisogno di ferro e di acido folico: nella maggior parte dei casi, però, il ferro non viene assorbito a sufficienza dagli alimenti e va ottenuto mediante l’assunzione di appositi integratori. Per quanto concerne l’acido folico, invece, è buona norma cominciarne l’assunzione già in epoca preconcezionale, dal momento che il deficit di acido folico comporta un rischio aumentato di malformazioni a carico del cervello e del midollo (per esempio la spina bifida).


Gravidanza e stipsi

Come si è visto in precedenza, durante il periodo della gestazione molte funzioni organiche risultano alterate o modificate, e tali alterazioni si verificano in particolare nell’apparato gastro-intestinale: questo complicato e fondamentale apparato va incontro a numerosi fenomeni di tipo chimico, ormonale e meccanico che ne modificano gli equilibri e le funzioni. Classici esempi sono l’iperemesi gravidica (vomito), la scialorrea (aumento della salivazione) e la stipsi. Per quanto concerne la stipsi cui va incontro la gravida, le sue cause sono molteplici, ma le più importanti riguardano l’aumento del fabbisogno idrico, l’eventuale vomito, la compressione e la dislocazione del colon da parte dell’utero ingrandito. La stipsi, inoltre, è concausa di un’altra patologia che si manifesta a carico del plesso venoso emorroidario (le cosiddette emorroidi). Queste vene, già di per sé sovraccariche in ragione della stasi ematica che si instaura per l’aumentato flusso sanguigno e l’aumentata viscosità ematica (spessore del sangue), possono andare incontro a quelle frequenti e fastidiose condizioni note come prolasso delle emorroidi e ragadi. Tali complicanze hanno spesso come momento scatenante o favorente l’aumento dello sforzo evacuativo richiesto nelle condizioni di stipsi della donna gravida.

Un’ulteriore patologia correlata alla stipsi è l’alterazione della flora batterica intestinale che, per il rallentato transito intestinale e il ristagno delle feci nell’ampolla rettale, spesso è causa di infezioni all’intestino o, più di frequente, alle vie urinarie e genitali. Tali complicazioni spesso costringono l’ostetrico ad attuare terapie antibiotiche che sarebbe opportuno evitare per non incorrere in situazioni rischiose per la gestante e il nascituro. Curare, o meglio prevenire, l’insorgenza della stipsi soprattutto in gravidanza vuol dire migliorare di molto la qualità della vita della gestante, evitando malattie che possono influenzare negativamente non solo la gravidanza ma anche la vita stessa della donna, durante e dopo questa fase.

Uno dei rimedi più efficaci contro la stipsi resta l’utilizzo di fibra alimentare associata a un elevato apporto idrico, ma non sempre tale misura può essere attuata. Aumentare l’apporto di fibra grezza con la dieta spesso non è possibile, poiché la quantità di fibra necessaria ad assicurare un buon funzionamento dell’intestino richiederebbe quantità esagerate di vegetali e spesso questi non sono graditi. Inoltre occorre fare delle distinzioni in merito alle fibre da assumere: per esempio le fibre non solubili (crusca e simili) non solo andrebbero assunte in dosi elevate, ma tendono anche a ridurre l’assorbimento di oligoelementi e minerali indispensabili (ferro, rame, zinco e calcio); per di più spesso provocano, a causa della loro disidratazione a livello dell’ultimo tratto del colon, un aggravamento della stessa stipsi o peggio ancora dei fecalomi (accumulo di feci nell’intestino). La preferenza, allora, va data alle fibre solubili e in particolare a quelle ad alto peso molecolare ed elevata viscosità. Il glucomannano, per esempio, aumenta in maniera consistente volume e massa delle feci, le lubrifica con il gel che si forma per legame della fibra con l’acqua, migliora lo stato trofico dell’epitelio colico, riduce il pH intestinale e riattiva, con entrambi i meccanismi, l’attività segmentaria motoria del colon. Altra caratteristica interessante di questa fibra è l’assoluta neutralità: infatti, essendo il tubero da cui si estrae il glucomannano coltivato in assenza di luce, esso è privo di sostanze che possono interferire con l’assorbimento di microminerali e oligoelementi. Anche dal punto di vista del dosaggio il glucomannano è estremamente vantaggioso: nel trattamento medio della stipsi ne sono infatti sufficienti dai 2 ai 5 grammi al giorno, contro i 30-40 della crusca.

I preparati in commercio a base di glucomannano sono molti, ma è necessario scegliere i prodotti a base di fibra pura, ad alto peso molecolare e alta viscosità: quanto più il prodotto scelto soddisfa questi requisiti, tanto più sarà efficace. Sono in commercio anche preparazioni non medicalizzate a base di glucomannano, sotto forma di frollini dolci o crackers che, a parità di efficacia, risultano maggiormente gradite di capsule, bustine ecc.


Complicazioni della gravidanza

Ciascuna donna e ciascun medico si augurano che la gravidanza possa rappresentare uno dei momenti più lieti e appaganti della vita, ma può capitare talvolta che, nel meccanismo perfetto della procreazione, qualche ingranaggio si inceppi. Esistono molte situazioni che possono compromettere o impedire la normale progressione della gravidanza. L’età, il peso e l’altezza, che in apparenza sembrano fattori di scarso rilievo, hanno invece un notevole impatto sulla gravidanza: le donne di età inferiore ai 15 anni, per esempio, corrono maggiori rischi di sviluppare gestosi o ipertensione grave in corso di gestazione, mentre quelle di età superiore ai 35 anni presentano maggiori complicanze durante il travaglio e maggior rischio di trasmissione di malattie genetiche alle progenie.

Tutte le malattie presenti nel periodo precedente il concepimento possono avere una qualche ripercussione sulla gravidanza; è pertanto di fondamentale importanza che il ginecologo e il medico di fiducia ne siano al corrente, poiché, se note, queste possono essere adeguatamente trattate evitando di compromettere la possibilità di portare a termine la gravidanza stessa.

Le malattie del cuore, l’ipertensione arteriosa e l’anemia possono ripercuotersi negativamente sull’esito della gravidanza in quanto agiscono sul sistema cardiovascolare, apparato fondamentale per la circolazione fetale. Le malattie dell’apparato respiratorio (per esempio l’asma) possono invece manifestarsi in modalità differenti da paziente a paziente: in alcuni casi si verifica un miglioramento o una scomparsa completa della sintomatologia, in altri invece si determina un peggioramento del quadro. Quando compaiono sintomi diversi da quelli solitamente osservati o noti, è sempre buona norma rivolgersi al medico: se presi in tempo, molti disturbi riescono a non causare alcun danno al feto né a compromettere il termine della gravidanza. Anche la placenta può essere causa di gravi danni nel periodo della gestazione. In genere, la placenta è localizzata nella parte alta dell’utero ed è ancorata saldamente alla parete uterina fino al parto. Talvolta, però, può accadere che si verifichi una disinserzione prematura della placenta (distacco placentare), con la comparsa di un sanguinamento di varia entità, che determina una riduzione dell’ossigeno e delle sostanze che giungono al feto. Quando si verifica tale complicanza, la donna va ricoverata immediatamente, poiché il rischio di morte del feto e della madre è elevato. L’unica terapia spesso risiede nel taglio cesareo (ovviamente se l’epoca gestazionale del feto garantisce un’elevata probabilità di sopravvivenza extrauterina); se il feto è prematuro, si tenta di arrestare il parto e il sanguinamento con il riposo assoluto e terapie endovenose, in modo da permettere al feto di raggiungere la maturità sufficiente a una vita extrauterina.

Talvolta la placenta si impianta in
sede diversa, in prossimità del collo dell’utero o nella sua metà inferiore (placenta previa). Con la crescita del feto e la discesa della testa, può verificarsi una disinserzione della placenta, che causa nuovamente sanguinamento improvviso nelle fasi terminali della gravidanza. L’emorragia può anche essere profusa e viene normalmente risolta con un taglio cesareo. [S.S.]