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Dislessia: le nuove terapie

Sono disponibili nuove tecniche sperimentali che migliorano la capacità di lettura e la comprensione dei testi. Ecco le novità

credits: iStock



di Ida Macchi


Tanti, troppi casi di dislessia. Dicono gli ultimi dati del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca che le diagnosi sono passate dalle 60 mila del 2010 alle 186 mila di oggi. «Ma le stime parlano di circa 350.000 studenti dislessici, il 4-5% della popolazione scolastica», dice Franco Botticelli, presidente dell’Associazione italiana dislessia (aiditalia.org).


Un problema frutto dei nostri tempi e magari legato a motivi ambientali o allo stile di vita odierno? «No. Il numero dei casi visibili è aumentato perché è cresciuta l’attenzione nei confronti di questo disturbo e perché proprio nel 2010 è entrata in vigore la legge 170, che riconosce e tutela la dislessia», spiega Botticelli.


«Inoltre, dagli anni ‘90 si sono sviluppati anche gli strumenti per la sua diagnosi», sottolinea Deny Menghini, psicologa dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma. «Merito di test specifici (come le batterie MT) che hanno permesso ai bimbi dislessici di non essere più tacciati come studenti meno intelligenti o svogliati. Alla base del disturbo c’è infatti un livello di attivazione meno elevato delle aree cerebrali che coordinano la lettura. Chi ne soffre fa più fatica ad associare le lettere con il suono corrispondente e a fonderle tra  loro in una parola. Leggere e comprendere un testo scritto diventa perciò uno scoglio».


GLI ELETTRODI CHE STIMOLANO IL CERVELLO


È da poco stata messa a punto una terapia che sta dando ottimi risultati. Si chiama stimolazione cerebrale elettrica a bassissima intensità, ed è stata sperimentata dalla Neuropsichiatria infantile dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù, in collaborazione con il Laboratorio di stimolazione cerebrale della Fondazione Santa Lucia, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Restorative Neurology and Neuroscience.


«Si tratta di una tecnica innocua, già impiegata per la terapia di alcuni disturbi come la depressione. Si pratica con due elettrodi che consentono di stimolare le aree implicate nella lettura con una corrente a bassissimo voltaggio pari, per esempio, a quella necessaria ad alimentare il monitor di un pc», spiega la dottoressa Menghini, che ha coordinato lo studio.


«Con 18 sedute della durata di 20 minuti l’una (che saranno ridotte a 5 con un nuovo protocollo che ha appena preso il via), diluite in 6 settimane, 18 bambini sottoposti alla procedura hanno migliorato del 60% la velocità e l’accuratezza in alcune prove di lettura. E senza alcun effetto collaterale: la corrente non viene neppure percepita e non provoca bruciore o mal di testa.


Il miglioramento si è dimostrato invece stabile, anche dopo un mese dall’ultima seduta, ed è parificabile a quello ottenuto spontaneamente in un anno di scuola. Per aiutare i bambini, la logopedia rimane comunque un intervento cardine: velocizza la lettura e svolge attività che migliorano anche la comprensione di quel che legge». 


NON SEMPRE E' NECESSARIO INTERVENIRE


«La dislessia non è una malattia e quindi va affrontata solo quando è disfunzionale», spiega la dottoressa Menghini. «Se, per esempio, il piccolo è lento nella lettura, ma è sereno, se la cava a svolgere i compiti, vive bene la sua vita scolastica e il rapporto con i compagni, riesce perfettamente a compensare i suoi deficit da solo, con strategie personali. Se, invece, soffre la scuola come una prova insostenibile, ha bisogno di aiuto e di interventi mirati. Ne va della sua serenità e del suo benessere psichico. In agguato possono esserci ansia e depressione». 


Il primo step per aiutarlo: «Richiedere una valutazione specialistica all’Asl di appartenenza (Servizio di neuropsichiatria infantile o Unità operativa di neuropsichiatria infantile o di neuropsicologia)», suggerisce Franco Botticelli. «Poi, con la diagnosi certificata, occorre rivolgersi alla scuola: il piccolo studente ha infatti diritto per la legge a un piano didattico personalizzato, che lo aiuti a diventare autonomo, e a tutta serie di strumenti compensativi, utili a superare lo scoglio della lettura».


Tra quelli più innovativi, ci sono appositi programmi per il pc con font, ovvero caratteri, ad alta leggibilità, oppure programmi di sintesi vocale che consentono di trasformare in audio tutto il testo leggibile  sullo schermo. E poi dizionari digitali, o programmi di mappe mentali che aiutano nell’esposizione orale. L’Associazione italiana dislessia, per esempio, offre ai suoi iscritti anche tutti i libri di testo in forma digitale aperta, in modo che gli studenti, oltre a leggere in modo più agevole, possano elaborare mappe mentali in maniera autonoma.


AIUTI SI', SCORCIATOIE NO


Gli studenti con dislessia hanno diritto anche a misure dispensative, come poter programmare un’interrogazione, avere un minor carico di compiti, tempi aggiuntivi per effettuare verifiche o prove. «Questo non vuol dire che la certificazione sia la patente per una  promozione certa, o una sorta di polizza che i genitori possono esibire come alibi se il loro figlio non studia», sottolinea Luciana Ventriglia, insegnante e formatore dell’Associazione italiana dislessia. «La certificazione diagnostica serve per personalizzare l’insegnamento, aggirare gli ostacoli che rendono lenta la lettura e garantire una didattica che tiene conto delle diversità.


Le mete da raggiungere sono però le stesse previste per i compagni che non hanno problemi di lettura, senza “scorciatoie” o favoritismi. Per altro, alcune strategie didattiche indispensabili per gli studenti con dislessia andrebbero estese a tutti. Insegnare a leggere e a scrivere con il metodo fonico sillabico (e quindi partendo, fin dalla scuola dell’infanzia, da giochi sui suoni del linguaggio, come rime, sillabe e fonemi), per esempio. Ma anche utilizzare le mappe mentali e concettuali o educare all’uso degli schemi e delle scalette», conclude l’esperta.


PAGINE AD ALTA LEGGIBILITA'


> LA LETTURA È UN DIRITTO: per questo, la collana il Battello a Vapore (Piemme) ha appena avviato il progettoLibri ad alta leggibilità”, una collana di storie adatte a tutti, ma stampate con caratteristiche grafiche che le rendono più facilmente fruibili per chi ha problemi di lettura. I libri utilizzano una font su misura (leggimi@ Sinnos), hanno interlinee e spaziature più ampie del normale, un testo sempre allineato a sinistra e senza illustrazioni che lo interrompono.


I primi titoli a uscire: Geranio il cane caduto dal cielo, di Fabrizio Altieri, per lettori a partire dai 7 anni, Le valigie di Auschwitz di Daniela Palumbo, ideale dai 9 anni, e L’uomo che lucidava le stelle di Emanuela Nava, indicato per gli over 11.



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Articolo pubblicato sul n.17 di Starbene in edicola dal 12/04/2016

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