DEPRESSIONE

La depressione è una malattia, uno squilibrio dell’umore caratterizzato da sentimenti di tristezza di diversa gravità, inadeguatezza, mancanza di speranza, sensazisone di malessere profondo, sensi di colpa e dubbi. Temporanei momenti di sconforto, tristezza, melanconia sono comuni a tutti gli individui, ma sono occasionali e di breve durata. Anche le possibili reazioni a un evento […]



La depressione è una malattia, uno squilibrio dell’umore caratterizzato da sentimenti di tristezza di diversa gravità, inadeguatezza, mancanza di speranza, sensazisone di malessere profondo, sensi di colpa e dubbi.

Temporanei momenti di sconforto, tristezza, melanconia sono comuni a tutti gli individui, ma sono occasionali e di breve durata.

Anche le possibili reazioni a un evento stressante o una sofferenza morale, pur presentando caratteristiche simili alla depressione, non costituiscono tuttavia depressione come malattia.

Persone addolorate per una perdita o un lutto possono infatti esperire sintomi depressivi di breve durata ma ritornare alla piena normalità dopo qualche settimana.

Quando tristezza, sfiducia e sconforto perdurano con effetti più durevoli nel tempo o questi sentimenti risultano molto intensi e gravi, con notevoli e significative ripercussioni sulla vita sociale e lavorativa, si può pensare che si sia sviluppata una depressione clinica.

Riconoscendo alla depressione cause diverse, biologiche e psicologiche, è peculiare il fatto che le differenti forme cliniche, pur distinguibili tra loro, siano accomunate da un solo significato: quello depressivo.

L’esperienza depressiva presenta spesso anche una dimensione esistenziale che può influenzare la vita della persona.

Il decorso spontaneo della depressione avviene in un periodo di tempo variabile dai 6 mesi a qualche anno. Il pensare di poter guarire da soli senza utilizzare le moderne terapie farmacologiche e psicologiche espone la persona a prolungare inutilmente il tempo della sofferenza.


I sintomi

La depressione non è un’idea o uno stato esistenziale, ma una malattia che ha alcune caratteristiche come la tendenza a colpire più persone nella stessa famiglia (cosiddetta familiarità), il decorso, l’esito e i sintomi che nel loro insieme alterano le normali funzioni del soggetto.

Le azioni quotidiane divengono progressivamente più difficili e faticose e le fluttuazioni dell’umore determinano un desiderio di chiudersi. La depressione assume carattere di malattia quando cambiano sentimenti e percezioni, si perde interesse verso le attività della vita che non coinvolgono più o non danno più piacere, prevale una sensazione di inutilità, di mancanza di speranza e di tristezza, e lo stesso pianto non è più consolatorio; prevalgono i sentimenti di auto svalutazione, di colpa, indecisione e insicurezza, con pensieri di morte e desiderio di farla finita. Mancano le energie, tutto diventa faticoso, noioso, senza valore e ci si sente privati della propria volontà. Compaiono anche difficoltà a concentrarsi, ad apprendere, a memorizzare e si diventa più distratti.

Le attività che richiedono concentrazione sono molto difficili da realizzarsi e il pensiero, la parola ed i movimenti frequentemente si rallentano, anche se in alcuni casi può prevalere uno stato di agitazione.

Compaiono anche cambiamenti dell’appetito con prevalente perdita ma anche aumento di peso, e con modificazioni del sonno (più classicamente con risveglio nelle prime ore del mattino) o in alcuni casi con ipersonnia durante la giornata. Infine vi è un progressivo scadimento fino all’impossibilità della esecuzione delle prestazioni sociali, relazionali e lavorative.

I sintomi della depressione sono numerosi e, per poter configurare un vero quadro di depressione, devono essere presenti quasi tutto il giorno per un periodo di tempo di almeno due settimane.

Tra i principali:

  • sensazione di tristezza, di “sentirsi giù, di cattivo umore” e provare “senso di vuoto”;
  • perdita di interesse nelle cose quotidiane per le quali si era soliti provare piacere, interesse, compresa l’attività sessuale;
  • rallentamento o irrequietezza e incapacità di stare seduti fermi;
  • sentimenti di svalutazione o di colpevolezza, autocommiserazione;
  • perdita o aumento di appetito accompagnata da variazioni del peso;
  • pensieri di morte come soluzione dei problemi o di suicidio, con tentativi autoaggressivi;
  • disturbi del sonno, con difficoltà a prendere sonno o con risvegli frequenti o molto precoci; alle difficoltà di riposo notturno si può associare un eccessivo sonno durante la giornata;
  • difficoltà a trovare la concentrazione, a pensare, a ricordarsi, a prendere decisioni;
  • senso di mancanza di energie, senso amplificato di fatica e di stanchezza per buona parte della giornata;
  • sentimenti di svalutazione di sé e pessimismo eccessivo.

In alcuni soggetti possono anche comparire altri sintomi accessori, quali:

  • dolori alla testa;
  • malesseri e dolori alla schiena;
  • difficoltà digestive, nausea;
  • calo del desiderio sessuale;
  • sentimenti di disperazione, di solitudine;
  • sensazione di inutilità;
  • stato continuo di ansia o di preoccupazione;
  • scarsa comunicazione ed espressività povera;
  • tendenza a rinviare la consultazione del medico.

Nell’infanzia e nell’adolescenza sono riconoscibili alcuni sintomi specifici, come svogliatezza, irritabilità, ridotto rendimento scolastico, disordini alimentari, disturbi del sonno; in particolare, è caratteristico negli adolescenti l’abuso di sostanze (alcol, droghe).

Nell’anziano vi possono essere specifici sintomi quali perdita di memoria, labilità emotiva, disorientamento, che in alcuni casi possono simulare uno stato di decadimento mentale.


Intensità e ritmi della depressione

A seconda del numero e della gravità dei sintomi presentati la depressione può essere di intensità lieve, moderata o grave. Solitamente vi sono delle variazioni nella giornata e, più frequentemente, la persona sta peggio al mattino che alla sera.

Ciò è dovuto all’alternarsi dei ritmi luce-buio, attività-riposo che possono determinare anche alterazioni delle fasi del sonno.


Cause di depressione

Molteplici possono essere le cause di depressione, sostanzialmente individuabili in fattori ambientali, biologici, di predisposizione genetica, di personalità, stress, malattie organiche, farmaci.

In sostanza, non vi è un unico fattore determinante, ma piuttosto una combinazione di più cause concorrenti. Secondo il cosiddetto modello della vulnerabilità, determinate condizioni di vita come uno stress esasperato, un dolore, l’eccesso di alcolici, l’abuso di droghe, possono “slatentizzare” una tendenza psicologica o biologica verso la depressione.

In altri casi, la depressione è collegata a una forte componente esterna e ambientale, a eventi spiacevoli (perdita, lutto, separazione da una persona amata, disoccupazione, malattie, isolamento sociale e affettivo) e ai modi con cui essi vengono affrontati (meccanismi psicologici). Altre forme depressive, come nel caso del disturbo bipolare, hanno una prevalente componente ereditaria genetica, anche se possono essere slatentizzate da eventi esterni.

Fattori biochimici cerebrali sono stati inoltre dimostrati in soggetti con depressione maggiore e tra questi, in particolare, alterazioni significative dei cosiddetti neurotrasmettitori, con conseguente squilibrio tra queste sostanze, deputate a modulare il tono affettivo, e la risonanza emotiva degli eventi che condiziona il funzionamento di alcuni circuiti e aree cerebrali.

In particolare sono coinvolti i neurotrasmettitori cerebrali serotonina, noradrenalina e dopamina. Tra i fattori personali, strutture psicologiche caratterizzate da scarsa stima di sé, tendenza al pessimismo e alle preoccupazioni possono sviluppare una labilità emotiva che retroattivamente va a influenzare i meccanismi chimici cerebrali. Inoltre, altre ipotesi cognitive-comportamentali e socioculturali segnalano la strutturazione di atteggiamenti, pensieri ed emozioni non funzionali con “pensiero negativo” e difficoltà in ambiente familiare e scolastico-lavorativo, che possono esporre a stress con più frequenza.

Vi sono infine numerose malattie fisiche che possono indurre depressione: malattie cardiache, tumori, morbo di Parkinson, sclerosi multipla, malattie endocrine a carico della tiroide, delle surrenali, malattie infettive infiammatorie come AIDS, artrite reumatoide, malattie gravi come anemie, deficit vitaminici.

Sono stati ritenuti in grado di slatentizzare i sintomi depressivi in soggetti predisposti anche determinati farmaci (per esempio quelli impiegati per la cura dell’ipertensione, delle malattie cardiache, dei tumori, i cortisonici, i contraccettivi ormonali, la cimetidina), gli alcolici, i sedativi, la cocaina, le amfetamine e gli anoressizzanti.


Quanti sono i depressi nella popolazione?

La depressione è una malattia molto frequente, con differenze tra i sessi e a seconda delle fasi della vita. Nell’arco della vita si stima che circa il 15-20% della popolazione avrà un episodio depressivo clinicamente significativo. In età adulta, in media su tre persone ammalate due sono donne e ogni anno due donne su cento si ammalano (uno su cento nella popolazione maschile).

Rispetto agli uomini, la depressione è quindi più frequente nelle donne, che inoltre tendono a riferire un maggior numero di disturbi. I motivi possono dipendere da fattori biologici (per esempio ormoni), psicologici, culturali (le donne sono più portate a manifestare le loro emozioni) e sociali. In circa il 60% dei casi i primi sintomi compaiono nel corso dell’adolescenza.


Età d’insorgenza

L’età media di esordio è compresa tra i 35 e i 40 anni ma, pur con diversi livelli di gravità, la depressione può presentarsi in quasi tutte le fasce d’età.

Circa la metà dei casi si concentra tuttavia tra i 20 e i 50 anni e, in particolare, in due momenti individuabili nell’adolescenza e prima età adulta e nella fase della mezza età-passaggio all’età anziana.

Nella fase adolescenziale prevale una tendenza alle brusche variazioni dell’umore, all’aggressività, al ridotto rendimento scolastico e ai disturbi alimentari o legati all’abuso di alcol e droghe; nell’anziano possono prevalere invece forme depressive con paure di tipo ipocondriaco, perdita di memoria, labilità emotiva, rallentamento motorio, disimpegno dalle attività quotidiane o lavorative.


Durata e decorso

Un episodio depressivo non trattato in modo corretto presenta una durata variabile dai tre mesi all’anno, all’incirca, ma può durare anche 2-3 anni oppure può guarire spontaneamente, senza terapie. Durante questo periodo il soggetto tuttavia vive una condizione di grande sofferenza morale e fisica con marcato ritiro e compromissione della vita relazionale, affettiva e sociale.

La disponibilità di terapie adeguate riduce significativamente la durata dei singoli episodi che se ben trattati possono iniziare a migliorare dopo una ventina di giorni e possono regredire in 2-4 mesi con significativa riduzione della sofferenza e delle conseguenze negative sulla qualità della vita. In alcuni casi l’assenza di terapie adeguate facilita invece la tendenza alla cronicizzazione del disturbo. Il rischio di nuovi episodi (cosiddetta ricorrenza) è circa del 50% dopo il primo episodio e l’eventualità che si instauri un andamento con episodi più frequenti aumenta con l’età o con l’abuso di alcol e droghe. Dopo un terzo episodio è quasi certo che l’ammalato ne avrà un quarto. Non vi sono però fattori certi di previsione di intervallo tra un episodio e l’altro: sussiste infatti un’ampia variabilità, che va da pochi mesi a diversi anni.


Rischio di suicidio

Il suicidio e il tentativo di suicidio sono eventi che si manifestano all’incirca nel 15% delle persone affette da depressione maggiore se non sono opportunamente trattate con farmaci.

Il depresso è effettivamente una persona a rischio e qualora esponga idee suicidarie va preso in dovuta attenzione ed eventualmente accompagnato da uno specialista.

Se il rischio è elevato, è indispensabile il ricorso a un ricovero in struttura protetta specialistica.

Accettare, o in alcuni casi facilitare, l’espressione di idee di morte o fantasie di suicidio può aiutare a ridimensionare il peso emotivo che tali idee comportano, stando molto attenti a non esprimere giudizi morali. Un trattamento farmacologico corretto riduce il rischio di suicidio.


La depressione si può curare? E come?

La ricerca scientifica indica che un’alta percentuale di persone che soffrono di depressione (circa il 70%) risponde positivamente ai trattamenti farmacologici quando le cure sono prescritte in dosi corrette e per la durata necessaria.

Qualora non vi fosse una risposta soddisfacente al primo tentativo di cura antidepressiva è corretto provare un diverso antidepressivo.

A tutt’oggi, pur non essendoci un farmaco antidepressivo più efficace dell’altro in maniera assoluta, è di comune osservazione che ciascun individuo abbia una sua modalità di risposta e, quindi, non è possibile a priori stabilire quale antidepressivo per lui sarà quello efficace.

Oltre a quello farmacologico, sono oggi disponibili altri trattamenti come la psicoterapia, la terapia integrata con psicofarmaci e psicoterapica, la terapia elettroconvulsivante, la terapia con luce bianca; ognuno di questi approcci è indicato in soggetti con caratteristiche particolari, che verranno esposte di seguito.

Il trattamento farmacologico e psicoterapico tra loro integrati, per esempio, hanno una probabilità di funzionare in 6-8 casi su 10.

Questa modalità integrata ha una sua particolare indicazione nelle forme di depressione protratte, che mostrano la persistenza di sintomi residui tra un episodio e l’altro, e nelle forme in cui farmaci o psicoterapia da sola non si siano dimostrati efficaci.


Farmaci antidepressivi

La terapia farmacologica rappresenta sempre più la terapia cardine del trattamento della depressione e tale da far considerare gli altri tipi di trattamento, anche se efficaci, più come una integrazione che come sostituto dei farmaci.

In estrema sintesi, questi farmaci sono in grado di facilitare l’incremento dei neurotrasmettitori (serotonina, noradrenalina, dopamina) nel cervello e quindi di svolgere una vera e propria correzione dei meccanismi biochimici alterati.

In ragione del loro particolare meccanismo d’azione, questi farmaci non solo potenziano i neurotrasmettitori implicati nella malattia (effetto desiderato), ma provocano anche alcune azioni negative (effetti secondari indesiderati) che in ogni caso sono temporanei e transitori e dipendenti dalla dose somministrata. Si tratta comunque di farmaci efficaci che vanno scelti in maniera mirata e assunti in modo regolare, secondo regole precise e per una durata sufficiente di tempo.

Sulla base delle diverse modalità con cui agiscono a livello dei sistemi che regolano la trasmissione nervosa, si riconoscono diverse classi di farmaci antidepressivi, elencati di seguito.

Antidepressivi classici Appartengono al gruppo dei cosiddetti triciclici e sono: amitriptilina, imipramina, clorimipramina, desipramina, nortriptilina, dotiepina. Si tratta di farmaci in commercio da molti anni, efficaci ma in grado di indurre anche effetti collaterali di tipo sedativo e a livello cardiovascolare. Per questa ragione sono controindicati in pazienti con aumentata pressione dell’occhio (glaucoma), aumento di volume della prostata (ipertrofia prostatica) e disturbi cardiaci, così come vanno usati con cautela negli anziani in genere.

Antidepressivi di nuova generazione Fluoxetina, fluvoxamina, paroxetina, sertralina, citalopram, escitalopram (gruppo dei cosiddetti SSI); venlafaxina, duloxetina e milnacipran (gruppo dei cosiddetti NSRI) hanno efficacia pari agli antidepressivi classici ma con un profilo di sicurezza e di tollerabilità nettamente superiore. Possono essere utilizzati in pazienti con disturbi cardiovascolari e altre malattie e sono indicati negli anziani.

Come effetti collaterali possono essere presenti nausea e disturbi gastrici transitori.

La reboxetina (gruppo dei NARI) presenta una buona efficacia e ridotti effetti collaterali, prevalentemente disturbi del sonno e della pressione arteriosa.

L’uso di benzodiazepine (sia nel trattamento dell’ansia, sia come induttori del sonno) in associazione alle terapie antidepressive può essere utile in alcuni casi, per esempio nelle prime fasi della terapia antidepressiva in attesa che questa dia i primi miglioramenti: è il caso dei pazienti con alti livelli d’ansia, tensione e irrequietezza oltre che in caso di insonnia.

Il loro uso deve comunque essere transitorio e controllato dal medico, perché questi farmaci sono in grado di indurre una abitudine nel consumo e possono talvolta portare a situazioni di abuso.


Altre terapie

Trattamento elettroconvulsivante, terapia magnetica transcranica, stimolazione del nervo vago.

Si tratta di tecniche utilizzate attualmente per le depressioni gravi che non abbiano risposto alle terapie farmacologiche e per quelle persone, sempre con depressione grave, per le quali è sconsigliato un trattamento farmacologico.


Suggerimenti e tecnichedi autoaiuto

  • Diradare gli impegni per non sovraccaricare troppo la giornata.
  • Individuare dei progetti e partecipare ad attività costruttive.
  • Interrompere, se possibile,di tanto in tanto la routine abituale alternandola con attività piacevoli.
  • Apprendere tecniche di rilassamento che possano consentire di rilassare sia il corpo sia la mente (train-ing autogeno, yoga, meditazione, rilassamento progressivo, tecniche di respirazione). [C.M., J. S., F. D.]