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Si può guarire dall’ipocondria?

Quando diventa patologica la paura della malattia diviene invalidante, ma superarla è possibile

Corbis



L'ipocondria tocca una sfera dell'individuo estremamente sensibile, poiché concretizza la paura verso le malattie, timore che in misura diversa riguarda ognuno di noi. Abbiamo chiesto alla dott.ssa Susanna Scartoni, psicologa e psicoterapeuta, come affrontare lo stato di angoscia e ansia soffocante connesse a questo disturbo e, atraverso l'approccio proposto dal Modello di Terapia Breve Strategica, abbiamo scoperto che grazie a nuova consapevolezza a livello corporeo è possibile influire sul benessere della psiche.

Quali segnali parlano di un disagio a livello patologico?

«La paura è quell’emozione arcaica che ci attiva in presenza di una situazione di allarme, in questo caso proveniente dall’interno dell’organismo, il segnale di malessere fisico, e che ci spinge, quindi, a risolverlo. La paura è qualcosa di utile alla sopravvivenza ma che può diventare patologica quando, nel caso dell’ipocondria, una rassicurazione medica non basta e si inizia un pellegrinaggio senza fine attraverso centri d'analisi, istituti o ospedali alla ricerca di qualcosa che non esiste, se non nella mente della persona. Rassicurazioni del caso e analisi negative anziché tranquillizzare la persona, la inducono a pensare che il medico non sia stato abbastanza capace di individuare la sua malattia forse troppo rara per essere riconosciuta. Secondo il modello di terapia breve  strategica sono le tentate soluzioni, in questo caso il fatto di svolgere continue analisi, di andare alla ricerca di informazioni su internet di segnali di malattia, di cercare rassicurazioni dagli altri, di parlarne continuamente, a costituire il problema patologico, ovvero tutto ciò che la persona fa per risolvere la sua paura, è ciò che in realtà, mantiene viva la paura nel tempo, aggravandola».

Come è possibile aiutare un ipocondriaco?

«Si è osservato che cercare di rassicurare il paziente non aiuta la persona. Spesso si è convinti che parlare del problema possa aiutare la sua soluzione. In realtà, parlare della malattia o della paura della malattia può alimentare ancora di più la fobia: da parte dei familiari dare troppe rassicurazioni costituisce la tentata soluzione che porta al peggioramento del problema. Teoricamente, sarebbe meglio interrompere qualsiasi tipo di rassicurazione che funge solo da tampone momentaneo».

Si può guarire dall'ipocondria?

«Il modello di terapia breve strategica si avvale di un protocollo di trattamento specifico per questo disturbo. La principale manovra utilizzata per risolvere il problema è il cosiddetto check-up ipocondriaco,  che permette di affrontare con successo il problema in 8-10 sedute. Grazie al lavoro svolto in oltre venticinque anni di lavoro clinico con pazienti ipocondriaci al Centro di Terapia Strategica da Giorgio Nardone e dai collaboratori affiliati in Italia e nel mondo, la prescrizione elaborata e perfezionata nel tempo è risultata efficace per il 90% dei casi.

Anziché cercare di rassicurare il paziente, si chiede alla persona, in maniera molto suggestiva, di compiere un compito quotidiano in modo ritualizzato: senza dar contro alla percezione del paziente, assumendo il suo stesso punto di vista gli chiediamo  di andare tutti i giorni, almeno tre volte al giorno, davanti allo specchio, in déshabillé, e, dalla punta dei piedi fino alla punta dei capelli, attuare uno screening generale sul corpo, in modo da soffermarsi su ogni percezione dolorosa e scrivere le osservazioni su un taccuino, che in seguito verrà riletto insieme al terapeuta. In questo modo il comportamento sintomatico diviene volontario poiché prescritto, assumendo la forma di una vera e propria ordalia, ovvero un qualcosa di gravoso e noioso da svolgere che andrà progressivamente a distruggere il pensiero ipocondriaco».

Perché il check up ipocondriaco è efficace?

«Nel caso dell'ipocondria tutti i segnali che provengono dal corpo vengono interpretati come sintomo di malattia: facendo questo esercizio davanti allo specchio, volontariamente, si aiuta la persona ad andare lei stessa a caccia dei sintomi, anziché sentirsi attaccata da segnali a cui cercare di dare un'interpretazione. Il paziente prende potere sui pensieri di malattia andando a cercarli volontariamente. La strategia è quella del “far salire il nemico in soffitta per poi togliere la scala”»

Ipocondria e internet: come gestire il rapporto con la tecnologia?

«Una persona ipocondriaca dovrebbe evitare totalmente di andare in rete alla ricerca di informazioni sulla malattia, tant'è che al paziente viene proibito, nel periodo in cui avviene la terapia, di informarsi su internet riguardo i vari sintomi. In generale, è importante evitare la ricerca sfrenata sulle descrizioni dei sintomi di malattia, sia nelle riviste, sia in rete. È vero che al giorno di oggi rimane difficile evitare il sovraccarico di informazioni reperibili da dispositivi tecnologici in tempo reale ma quando si spende troppo tempo nel cercare descrizioni di patologie e disturbi organici riconducibili a certe nostre preoccupazioni di salute dovremmo cominciare a pensare che si stia scivolando nella fissazione ossessiva. La sensazione di ansia o paura che può provocare la lettura di questi argomenti non è indice di patologia, purché questo timore rimanga limitato al momento in cui si legge la notizia. La responsabilità è a livello individuale. È necessario imparare a utilizzare internet con consapevolezza e comprendere che è la persona il filtro dell'informazione».

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