Zone inquinate e cibo: strategie di difesa

In italia alcune zone sono compromesse, ma i controlli sanitari sono serrati. Ecco come tutelarsi



di Valeria Ghitti

Sparse in tutta Italia ci sono 39 aree contaminate che misurano circa 100 mila ettari (come un terzo della Valle D’Aosta). Per lo più territori dove porti, discariche, inceneritori, impianti industriali hanno appestato l’aria, l’acqua e il terreno e dove molte bonifiche sono in ritardo o neppure cominciate (vedi: legambiente.it/bonifiche-siti-inquinanti-dossier).



Nelle zone più compromesse possono essere vietate la coltivazione, l’allevamento, la pesca. «La concentrazione di molte sostanze tossiche aumenta a mano a mano che si sale nella catena alimentare: dall’acqua e dai vegetali agli erbivori, poi ai carnivori e infine all’uomo», spiega Edoardo Bai, dell’Associazione Medici per l’Ambiente.


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Il rischio zero non esiste, ma non per questo deve venire meno la fiducia nel sistema dei controlli sanitari. «Le tecniche analitiche sempre più sofisticate sono in grado di rilevare la presenza anche di piccole tracce di inquinanti: e quando ciò avviene non è indice necessariamente di un aumento delle contaminazioni, quanto, semmai, di una maggiore attenzione al problema», sottolinea Giuseppe Ruocco, direttore generale per l’igiene e la sicurezza degli alimenti del Ministero della salute. 


I siti più inquinati sono anche i più monitorati, con risultati confortanti: a Taranto tutti i campioni di mitili analizzati sono risultati sicuri mentre nella Terra dei Fuochi solo l’1,8% dei campioni di latte ha superato il limite di residui previsto dalla legge. 


Vediamo ora, con l’aiuto di Alberto Mantovani, direttore del reparto di tossicologia alimentare e veterinaria dell’Istituto superiore di sanità, di fare il punto su alcune tra le sostanze più diffuse, vedendo dove si trovano e come possono nuocere alla nostra salute.

DIOSSINE



Cosa sono: 210 sostanze che si formano con la combustione, soprattutto di materiale plastico e organico, e durante alcuni processi chimici. Contaminano in particolare il suolo e, non sciogliendosi in acqua, i fondali. Persistono a lungo nell’ambiente.

Tra le aree contaminate: Taranto, Terra dei Fuochi, Porto Marghera, Pianura Padana, Valle del Sacco (Lazio).


Cibi più esposti: latte e derivati, uova, tessuti grassi e fegato di animali allevati all’aperto (le diossine sono liposolubili).


Rischi per la salute: «Alterano il sistema immunitario, sono interferenti endocrini, cioè modificano l’equilibrio ormonale e riproduttivo, e sono potenti promotori tumorali, cioè favoriscono la moltiplicazione delle cellule maligne», spiega Alberto Mantovani

PFAS


Cosa sono: composti perfluoroalchilici, sostanze artificiali usate nell’industria (per tessuti idrorepellenti, vernici, ritardanti di fiamma, rivestimenti di pentole antiaderenti). Uno di essi, il PFOS è oggi vietato,  mentre si usa ancora, ma non più nelle padelle di teflon, il PFOA.


Tra le aree contaminate: Veneto (province di Padova, Vicenza, Rovigo e Verona).


Cibi a rischio: «Pesci predatori, ma anche molluschi e crostacei. Gli PFAS, infatti, contaminano in particolare le acque e gli esservi viventi che le popolano. Ma possono intossicare anche la selvaggina, accumulandosi nelle proteine, quindi nelle carni, nei reni e nel fegato», dice Mantovani. 


Rischi per la salute: sono interferenti endocrini (sballano l’equilibrio dei nostri ormoni), danneggiano soprattutto il fegato, la tiroide, gli organi riproduttivi e sono sospettati di favorire i tumori.

IPA


Cosa sono: idrocarburi policiclici aromatici, si formano durante la combustione incompleta di materiale organico contenente carbonio (carbone, legno, ma anche prodotti petroliferi e rifiuti). Contaminano suolo e acque, soprattutto per la ricaduta delle ceneri (o polveri) dall’alto.


Tra le aree contaminate: Taranto, Terra dei Fuochi, Gela e Siracusano, Orbetello, Pianura Padana.


Cibi più esposti: cereali, ortaggi e frutta, pesci, molluschi e crostacei.


Rischi per la salute: sono cancerogeni, ma anche tossici per il feto.

METALLI PESANTI


Cosa sono: componenti naturali della crosta terrestre, che rilasciati nell’ambiente vi rimangono. Tra i più tossici: piombo, cromo esavalente, cadmio, mercurio e arsenico.


Tra le aree contaminate: Taranto, Terra dei Fuochi, Porto Marghera, Orbetello, Pianura Padana, Gela, Siracusano, Viterbese. 


Cibi più esposti: cereali (arsenico, piombo e cadmio), verdure a foglia larga (piombo), pesci, in particolare grandi predatori come tonno, spada, salmone, luccio, e frutti di mare (mercurio); prodotti di filiere che usano l’acqua potabile (cromo, arsenico, piombo).


Rischi per la salute: «Piombo e mercurio sono tossici per il sistema nervoso, cromo e arsenico sono cancerogeni come il cadmio, che fa male anche ai reni», spiega Mantovani.

Strategie di difesa semplici, ma efficaci


>Scegli prodotti con indicazioni chiare e precise: «Che siano venduti nei mercati rionali o al super, l’importante è che rispettino le norme sull’etichettatura, soprattutto sull’origine», afferma Silvia Biasotto, responsabile del dipartimento Sicurezza alimentare del Movimento difesa del cittadino. «Diffida, invece, dei cibi venduti su banchi improvvisati sul ciglio della strada, su anonimi furgoni o in negozi dove a mala pena trovi scritto il prezzo: potrebbero provenire da aree contaminate o essere il frutto di attività illegali».


>Fidati degli alimenti Dop e Igp:
«Devono seguire regole di produzione stringenti e sono sottoposti a più controlli, oltre a quelli standard previsti dalla Asl», ricorda Silvia Biasotto. 


>Informati: «Chi vende prodotti a km zero non ha l’obbligo di indicare l’origine in etichetta», spiega l’esponente di Mdc. «Se puoi, vai a trovare il contadino o l’allevatore nella sua fattoria, per vedere dove e come lavora», suggerisce la nostra esperta.


>Premia le iniziative virtuose: come quelle di Campania Trasparente. «Un codice a forma di regione Campania (QRCode) contrassegna le aziende, al omento circa 4mila, che hanno deciso di sottoporre i loro  prodotti a ulteriori e approfonditi test superando l’esame», chiarisce Antonio Limone, dell’Istituto Zooprofilattico. Info: qrcodecampania.it e campaniatrasparente.it